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Van Der Graaf Generator
Bologna, 5 Maggio 2022

Bologna, 05 Maggio 2022 - Teatro Celebrazioni

PH: Marianna Munno/Carl Wilson

 

Occorre una grande dose di coraggio e determinazione per fare musica profondamente coerente e fuori dagli schemi per circa mezzo secolo, ma i Van der Graaf Generator non sono mai stati una band incline a seguire le mode. Quando nel 2005 hanno inciso il loro nuovo lavoro, Present, dopo oltre un quarto di secolo di quiescenza, era apparso subito evidente come non ci fosse più possibilità né volontà di tornare indietro, ma anche che ci fosse spazio per rinverdire i fasti del passato con intelligenza coniugandoli con l'aderenza alla modernità.

Ed infatti quel doppio album aveva fornito spunti estremamente interessanti, testimoniando come la band fosse ancora in grado di librarsi in volo con solennità e di generare nell'ascoltatore angoscianti mulinelli vorticosi negli anfratti dell'animo. Prova documentale ne sia il sontuoso live album Real Time, uscito due anni dopo il tour che fece seguito alla pubblicazione del nuovo disco, quasi una rabbiosa e pugnace rivendicazione di una vena creativa ancora fertile. Del tutto inattendibile, allora, soffermarsi sulle apparenze, sulle sfumature sale e pepe dei capelli incanutiti dal trascorrere degli anni, non siamo alla presenza di testardi dinosauri incapaci di rassegnarsi alla ineluttabile estinzione. Basti pensare a come l'addio del sassofonista e flautista David Jackson al termine della trionfale tournée, non abbia scalfito le velleità di quello che ormai si era ridotto di fatto ad un trio e per il quale molti (incautamente) avevano preconizzato un rapido declino: Peter Hammill voce, piano e chitarra, Hugh Banton all'organo e Guy Evans alla batteria. Ed eccoli di nuovo davanti a noi dopo gli estenuanti rinvii determinati dall'emergenza pandemica.

Banton si accolla ancora l'onere di dispiegare la maggior parte della ampiezza sonora del gruppo muovendo tra i toni delle tastiere, più spesso linee di organo, sapientemente arricchite nelle strutture dall'uso dei bassi attraverso la pedaliera. Alle percussioni Evans è poliedrico, rigenerato, ostenta una gamma invidiabile, persino maggiore del solito, oscillando tra pennellate leggere e tom selvaggi. Hammill prosegue l'opera di scandagliamento delle pulsioni umane, temi quali il passaggio ineluttabile del tempo e l'avvicinamento al declino dell'esistenza terrena sono affrontati ma con una pervasività inferiore rispetto a Trisector, le traiettorie vocali sono sfrenate, la voce, nonostante il trascorrere degli anni, è ancora sorprendentemente potente, i testi diretti ed obliqui come sempre. Davvero bravo, non è semplice trovare un pianista in grado di addentrarsi, congiuntamente a Banton, in arrangiamenti tanto complessi, ed apparentemente senza sforzo, seguendo le linee di raccordo contrappuntistico che si intersecano internamente ed esternamente

L’avvio, tuttavia, complici gli incastri micidiali di “Interference Patterns”, e l’esordio al fulmicotone, risulta un po’ in salita per i tre che in qualche frangente arrancano e si perdono.

Ma la barra viene raddrizzata subito con la nevrotica “Nutter Alert”, che fa apparire agli ascoltatori un 23/8 la cosa più naturale del mondo; Hammill riesce a slittare da un sussurro a un ruggito in un lasso di tempo brevissimo.

Si attinge da Trisector con "Over The Hill", brano apicale dell'album, nel quale i tre tirano fuori il vasto campionario di risorse a disposizione. Esordio poetico e tormentoso in un'unica soluzione, poi una porzione centrale in successione spasmodicamente accelerata e in seguito deprivata della struttura e dissonante, al punto da legare con il silenzio, al termine spazio ad una coda pienamente orchestrata, inebriante. Tutto il concerto è un profluvio di intervalli dissonanti tra parti e bassi. I Van Der Graaf Generator nel nuovo millennio, continuano a produrre musica interessante e vitale liberandosi dalle briglie di buona parte del prog classico.

Ancora "Lemmings" per itinerari sonori complessi e di assoluto valore, in un viaggio tra armonie e disarmonie, schiaffi aggressivi e carezze melodiche.

La forma e l’ordine sembrano ricomporsi per "Masks" nella sua intro da ballad, ma è solo una illusione sonora che ci scaglia ben presto nelle nevrosi dell’uomo e delle sue doppiezze tra i riff taglienti della chitarra di Hammill.

Le tracce della storia del gruppo emergono in fugaci flashback cinematografici. “Alfa Berlina” ricorda i loro primi successi in Italia (dove il loro album del 1971 Pawn Hearts raggiunse il numero uno nelle classifiche) quando il loro promoter li scarrozzava di concerto in concerto nell'omonima vettura. La soluzione live è più efficace, potente ed il cantato di Hammill appare tormentato, spigoloso, poco indulgente rispetto ad alcune morbidezze della traccia originale.

"Hai avuto la tua avventura, hai deposto i tuoi fantasmi, è ora di lasciarti andare" canta Hammill in “Go” mentre fluttua lontano dalle grinfie dell’attrazione gravitazionale del sistema solare e si allontana nello spazio profondo affievolendo lentamente il proprio segnale. Poi, seduto al piano, con un soffio di voce, scandisce i primi versi di “Childlike faith in childhood’s end”: “Existence is a stage on which we pass, a sleepwalk trick for mind and heart”. L’esistenza è un palcoscenico sul quale passiamo, un trucco sonnambulo per la mente e il cuore; l’organo di Banton marca i passaggi trascendenti scanditi anche dalle asimmetrie del 13/8. Il finale “In the death of mere Humans Life shall start!”, “Nella morte dei semplici Umani la Vita comincerà!”, disegnato dal tema in Mi maggiore, preconizza un divenire in grado di superare il limite dell’esistenza terrena.

"Room 1210" è incorniciata dall’ostinato delle tastiere e da squarci di sereno che si alternano a connotazioni cupe. Evoca mestamente i rigori del tour, quando una camera d'albergo rappresenta l'unico luogo in cui è possibile ritagliare un frangente di solitudine e riflessione.

Poi ancora un balzo indietro con l’inconfondibile e acclamata intro di piano per “Man-Erg” e il suo grandioso incedere, nevrotico, disarmonico, tormentoso nel riff in 11/4 che si dispiega dopo le prime due strofe.

L’encore è "House With No Door", ballata gotico-romantica, dolce, un altro classico senza tempo dei VDGG, un pezzo che si avvale di una melodia struggente e poetica che sfiora il sublime.

Anno cruciale questo 2022 nel quale grandi gruppi quali King Crimson e Genesis si sono congedati definitivamente dal loro pubblico generando un vuoto che non può lasciare insensibili.

Diceva Hammill: “Non volevamo far parte di niente quando abbiamo iniziato, ed è ancora così. Se qualcosa ci ha uniti, è stato il non voler essere intrappolati in una scatola. E non lo siamo stati".

Sotto una pioggia incessante di applausi per i Van Der Graaf è sembrato di assistere alla naturale prosecuzione di un discorso musicale interrotto trent'anni prima e, se questa ne risulterà la pagina conclusiva, sarà stato comunque un grande e commovente viaggio.

 

 

 


Peter Hammill: Voce, Chitarra, Piano

Hugh Banton: Organo, Tastiere, Bass Pedals

Guy Evans: Batteria, Percussioni

Data: 05/05/2022
Luogo: Bologna - Teatro Celebrazioni
Genere: Progressive Rock

Setlist:

Interference Patterns

Nutter Alert

Over The Hill

Lemmings

Masks

Alfa Berlina

Go

Childlike Faith In Childhood's End

Room 1210

Man-Erg

 

Encore:

House With No Door

 

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