Emanuele De Marzi: Voce e chitarra
Stefano Onorati: Tastiere
Piero Portelli: Basso
Mirko G. Mazza: Chitarra
Leonardo Bevilacqua: Batteria
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Recensione di Senza Nome
- A&B -
Leggo fra le note di presentazione del vostro cd che vi siete formati 5 anni fa. Come vi siete conosciuti e che background musicale avete?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Io ed Emanuele De Marzi ci conosciamo da quando avevamo tre anni… ancora non sapevamo suonare però. Alla fine delle scuole medie iniziammo a suonare insieme. Io avevo una piccola tastierina della Casio e lui, dopo aver imparato qualche accordo sulla chitarra classica, si era fatto regalare dal papà la sua prima chitarra elettrica. Fu in quell’occasione se non sbaglio che mi propose di mettere su una band. Iniziammo a suonare per gioco, provando a rifare gli accordi scritti sul mitico Millenote. Come la maggior parte dei ragazzi di quell’età, non avevamo le idee molto chiare, ma ci vedevamo quasi ogni settimana per farci una suonata insieme. In quegli anni ascoltavamo Guccini, De André, Battisti… ma anche un po’ di hard rock o di metal. Più tardi scoprimmo i Pink Floyd. Ci siamo avvicinati al progressive rovistando fra i vecchi dischi di famiglia. Siamo tutti e due di Marino e nella nostra città non c’è famiglia che si rispetti che non abbia almeno un disco del Banco. Avevo 15 anni quando ascoltai per la prima volta Darwin!, fu allora che decidemmo di iniziare ad approfondire la conoscenza di questo genere musicale. Non avevamo ancora una band stabile, suonavamo un po’ con chi capitava al liceo, ma alla fine ci ritrovavamo sempre io e lui. Poi nel 2003 c’è stata la svolta: poco dopo aver fatto il nostro primo concerto davanti ai compagni di scuola, venimmo a sapere che per la campagna elettorale del centrosinistra cercavano qualcuno che si esibisse in piazza. Emanuele mi convinse a prenderci l’impegno di suonare e in meno di una settimana formammo la nostra band. Poi abbiamo avuto diversi cambi di formazione. Pierfrancesco Portelli iniziò a suonare il basso con noi nel 2004, portandosi dietro da altri progetti prima Mirko Mazza alla chitarra e poi Leonardo Bevilacqua alla batteria.
- A&B -
Siete un gruppo giovane (non solo come sodalizio artistico), ma dalle idee ben chiare. La giusta pazienza prima di pubblicare un album e la scelta di una intensa attività live…
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Secondo me la musica va suonata dal vivo, guardando in faccia il pubblico. In questi cinque anni abbiamo aggiustato il tiro tante volte, modificando continuamente i nostri arrangiamenti, scrivendo nuovi brani, scartandone altri… non sarebbe mai nato questo disco senza l’esperienza che abbiamo fatto insieme in questi anni. Ovviamente anche la possibilità di registrare in multitraccia ha i suoi pregi. Per l’arrangiamento di alcuni brani ad esempio ho sovrainciso diverse parti di tastiere che non posso materialmente eseguire dal vivo. O meglio si potrebbe pure, ma avrei bisogno di 4 tastieristi.
Stefano Onorati ed Emanuele De Marzi
- A&B -
Sempre nelle note di presentazione parli della Compagnia Teatrale Morgana e della sperimentazione di una sorta di "arte multiforme" con la fusione di teatro e musica. Vuoi approfondire questo aspetto ?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
In realtà la collaborazione con la compagnia Morgana non si è mai trasformata in un progetto stabile. Tre anni fa abbiamo preparato insieme uno spettacolo comico/musicale, nella tradizione più classica del cabaret, che abbiamo poi rappresentato nei comuni dei Castelli Romani, ma era nato come un divertimento artistico fine a se stesso. Si è rivelata invece un’esperienza molto utile per l’idea che ci ha poi suggerito. Dopo l’avventura teatrale abbiamo pensato che potesse essere interessante in alcuni momenti rompere il binomio testo/melodia, a cui la canzone italiana ci ha abituato, per riscoprire la forza intrinseca delle parole, spogliate della linea melodica. Però sarebbe stato fuori luogo farlo con i nostri testi. Abbiamo preferito cercare nei classici della letteratura dei riferimenti ai temi affrontati nei brani che continuassero il nostro discorso. L’intento è anche quello di offrire agli ascoltatori degli ulteriori spunti di approfondimento.
- A&B -
Sono curioso… Roma Electric Orchestra con 2 di voi (cantante e tastierista) presenti nell'ensemble. Che finalità si pone questa ulteriore esperienza? Non solo per voi…
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
La Roma Electric Orchestra è il progetto che negli ultimi tre anni ha impegnato Vittorio Nocenzi distogliendolo dai suoi impegni con il Banco. La sua idea è stata quella di costituire un’orchestra giovanile, formata da ragazzi della provincia di Roma, che avesse la stessa struttura e lo stesso rigore delle orchestre classiche ma che suonasse con degli strumenti del 2008. Immaginate un’orchestra sinfonica di oltre 50 elementi, che al posto degli archi suona con 8 chitarre elettriche (e intendo 8 chitarre elettriche contemporaneamente), 5 tastiere, 2 bassi, 2 batterie digitali, oltre alla sezione dei fiati e al coro polifonico. Abbiamo fatto impazzire una squadra di fonici per tre anni. È stato scelto un repertorio a metà strada fra la musica classica e la musica rock, in particolare il Requiem in re minore di Mozart e Tubular Bells di Mike Oldfield perché entrambe le opere, per motivi diversi, sono state lasciate, in un certo senso, incompiute dagli autori. Il Requiem perché Mozart è morto durante la sua lavorazione ed è stato completato dai suoi allievi sulla base dei suoi appunti, Tubular Bells perché Mike Oldfield non aveva i mezzi per realizzare ciò che aveva in mente, tanto che lo stesso autore nel tempo ha più volte rimesso mano alla sua opera. Entrambe dunque si prestavano ad una rispettosa rivisitazione. Per me si è trattato di un’esperienza irripetibile, anche perché è difficile aspirare a far parte di un’orchestra sinfonica, soprattutto se si suona il sintetizzatore. La più grande difficoltà all’inizio è stato l’approccio: suonare all’interno di un’orchestra è qualcosa di completamente diverso rispetto alle abitudini di chi come me proviene dai gruppi rock. In orchestra i musicisti sono letteralmente degli strumenti in mano al direttore. L’obiettivo è dare esattamente l’interpretazione della partitura che vuole dare il direttore d’orchestra: dalle legature, agli accenti, ai frequenti cambi di volume (difficilissimi da gestire negli strumenti elettrici). Detta così può sembrare una cosa banale, ma trovarcisi è un’altra cosa: provavamo i crescendo migliaia di volte con il maestro Claudio Micheli… e poi con Vittorio che è un perfezionista al limite della sopportabilità: una volta riuscì a tenerci in teatro quattordici ore consecutive per fare un sound check! L’unico lato negativo di questa esperienza è che purtroppo attualmente è ferma già da alcuni mesi nella speranza che si trovi qualche ente pubblico disposto a rifinanziare il progetto…
- A&B -
Mi pare innegabile nella vostra musica un richiamo, a volte più esplicito a volte più latente, alla musica del Banco...
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Non sei la prima persona che ce lo dice. Sicuramente la vicinanza geografica e i contatti artistici che abbiamo avuto con il Banco oltre alla nostra esperienza nella Roma Electric Orchestra, non possono non aver influenzato la nostra musica, anche se non è l’unica influenza che personalmente sento di avere. In particolare sento di condividere lo spirito compositivo dei loro dischi migliori, la cura negli arrangiamenti dei fratelli Nocenzi, ma soprattutto il privilegio che il Banco ha sempre dato ai concetti affrontati rispetto alla musica pura. Quando si fa progressive il rischio che i brani risultino essere un’accozzaglia di spunti messi insieme è sempre dietro l’angolo. Prima ho citato Mike Oldfield: secondo me Tubular Bells, anche se viene considerato un capolavoro assoluto, è un’insieme frasi musicali che si susseguono senza un principio preciso. Il Banco è sempre stato più corretto in questo senso anche nei brani strumentali. Di Terra ad esempio, pur essendo un’opera strumentale, è evidentemente composta a partire da un’idea, nulla è lasciato al caso. Io spero che la nostra musica venga considerata coerente da un punto di vista concettuale, in questo senso vorrei che si avvicinasse di più alla scelta artistica che fece il Banco negli anni Settanta. Però intendo farlo con la testa e con i piedi nel 2008, non vorrei che il progetto Senza Nome fosse inteso come qualcosa di manierista.
- A&B -
Il progressive in Italia (ma anche all'estero) ha avuto i suoi anni d'oro nella prima metà degli anni 70. Eppure numerosi gruppi si formano e tengono accesa questa meravigliosa fiamma. Penso, per rimanere nella vostra zona di Roma, ai Taproban o alla Periferia del mondo che come voi ha avuto contatti artistici con il Banco. Una scena viva dunque....
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Ce ne sono anche tanti altri meno conosciuti qui a Roma, e che varrebbe la pena conoscere. Ma non mi stupisce molto: in Italia il rock progressive era la corrente sicuramente preponderante, tanto che negli anni Settanta veniva definito genericamente “musica pop”. Da noi non si è mai sviluppato più di tanto l’hard rock o la psichedelia. Sono convinto che, aldilà delle mode, da qualche parte nel sangue degli Italiani un po’ di progressive debba essere rimasto.
Piero Portelli e Mirko Mazza
- A&B -
Tornando al vostro album d'esordio. Come altri gruppi italiani, penso ora ai BarockProject (recentemente ospiti d A&B... ah che bello se si ricreasse l'inventato antagonismo Pfm, Banco, Orme con i gruppi di oggi…), anche voi fate la scelta (naturale intendiamoci!) del cantato in italiano. Mi diceva Luca (tastierista dei BarockProject) che la scelta è stata comunque molto apprezzata all'estero...
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Dei BarockProject posso solo dirti che apprezzo moltissimo il loro progetto. Per quanto riguarda il rapporto con l'estero, spero di poterti dire lo stesso anch’io tra qualche tempo... Innanzitutto la scelta di cantare in italiano è dovuta al fatto che non riusciremmo a comunicare con la stessa sensibilità al nostro pubblico in una lingua che non è la loro, oltre che la nostra. Ormai parliamo tutti un po’ di inglese, ma un conto è l’inglese standard per la comunicazione primaria, un altro conto è quando la lingua viene usata per qualcosa che si avvicina più alla poesia, in cui le sfumature di significato sono molto rilevanti. Ci aggiungo anche una mia convinzione personale. Se è plausibile azzardare che gli Italiani abbiano ancora un po’ di progressive nel sangue, penso sia innegabile che il gusto della melodia e l’attenzione verso i testi ce le abbiano marchiate a fuoco nel dna. In Italia non si può fare musica prescindendo dalla tradizione della canzone d’autore. E non penso solo a Tenco, a De André o a Guccini, ma anche a Giuseppe Verdi o a Dante Alighieri che sono i papà di tutti i cantautori popolari.
- A&B -
E' forse sin troppo semplice considerare "Ulisse" e "Illusioni di un'anima lontana" i due vertici compositivi del cd. Come sono nate le composizioni ?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Ulisse è nata da alcuni accordi arpeggiati che Emanuele ha trovato su un mio testo. Ho preso in prestito l’eroe omerico per parlare della necessità che l’uomo ha di conoscere, anche quando questo significa soffrire. Il riferimento a Dante poi era troppo forte per non renderlo palese, il suo discorso di Ulisse è la pagina della letteratura italiana in cui la retorica trova probabilmente il suo punto più alto.
Illusioni di un’anima lontana invece è una sorta di Fenomenologia dello Spirito inversa, in cui si prende coscienza dell’illusorietà del libero arbitrio. Abbiamo rispettato lo schema della dialettica hegeliana (tesi - antitesi - sintesi) estendendola dal testo alla musica, con una prima parte melodica e ordinata, una seconda parte volutamente caotica e piena di cambi di tempo ed una terza parte molto ritmata ma di nuovo regolare.
- A&B -
Come mai il video per "Si la do"? O meglio... come mai proprio x questo brano? Non temete che chi si avvicina alla vostra proposta partendo da questo brano possa"allarmarsi" un poco?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Penso di no. Si la do è un esercizio di composizione notevole, prima che essere un brano demenziale, mi auguro che chi lo ascolti se ne renda conto, soprattutto gli amanti del progressive. E poi se avessimo fatto un disco serio al 100% non saremmo stati coerenti con noi stessi. Tra di noi parliamo di filosofia, di letteratura, di politica… ma amiamo anche scherzare, chiunque abbia assistito a un nostro concerto può testimoniarlo. Abbiamo scelto di fare questo video proprio per sottolineare questo.
Leonardo Bevilacqua
- A&B -
Esordio discografico si diceva... Se i riscontri di critica e pubblico si avranno fra qualche tempo, immediato può essere il tuo parere sul cd? Siete soddisfatti?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Sinceramente sì. Siamo riusciti a fare tutto quello che avevamo in mente all'inizio con un budget limitatissimo, e questa forse è la mia soddisfazione più grande. Ho potuto controllare direttamente ogni passaggio della produzione artistica, dalla composizione al mastering. Abbiamo anche fatto scelte che possono sembrare folli, come il booklet di 24 pagine o l'incisione del coro polifonico su Ulisse. Abbiamo impiegato diversi mesi per realizzarlo ma se non fossimo stati soddisfatti del nostro lavoro non l’avremmo pubblicato.
- A&B -
Chiudiamo questa chiacchierata con una domanda moolto originale... progetti per il futuro?
- Stefano Onorati [Senza Nome] -
Bella domanda... potrei farti una chilometrica lista di idee, che sicuramente non mancano. Aspettiamo prima di vedere come va il presente!