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Le Orme
Roma, 29 Ottobre/5 Novembre 2010

Le Orme, Roma, Jailbreak, 29 Ottobre 2010
Once Were “Le Orme”, Roma, Prog Exhibition, Tendastrisce, 5 Novembre 2010

PREMESSA

Mi appresto a recensire due concerti di altrettante formazioni, capitanate da elementi che, incredbilmente, mai avrei pensato di vedere in lotta tra loro, divisi tanto nella vita, quanto sul palco nonché, nel caso di specie, anche in un’aula di Tribunale. La prima formazione capitanata da Michi Dei Rossi, l’altra da Aldo Tagliapietra, con i membri storici Tolo Marton e Tony Pagliuca.
Ma prima, vediamo brevemente di capire cosa è successo, proponendo un breve excursus storico del gruppo “Le Orme”, da cui queste due formazioni traggono origine.



UN PO' DI STORIA

Il nome originario del gruppo fu inizialmente Le Ombre, nate nel 1966 a Marghera, periferia industriale di Venezia, su iniziativa del chitarrista veneziano Nino Smeraldi e del cantante Aldo Tagliapietra, fresco di vittoria di un concorso per giovani cantautori. Ai due si affiancano il bassista Claudio Galieti e il batterista Marino Rebeschini. Mutato il nome in “Le Orme” (“Le Ombre”, seppur scelto come omaggio agli inglesi Shadows, si prestava a fraintendimenti legati al fatto che “ombra” in lingua veneta, significa anche “bicchiere di vino”), il gruppo pubblica il singolo “Fiori e colori” nel 1967 e accusa la defezione di Rebeschini, in procinto di adempiere agli obblighi di leva, immediatamente sostituito da Michi Dei Rossi. Dopo aver pubblicato il singolo “Senti l'estate che torna” (in inglese, “Summer Comin' ”), “Le Orme” assoldano il tastierista Tony Pagliuca e partecipano al concorso canoro “Un disco per l'estate”. Anche questa formazione avrà vita breve: inciso l’album “Ad gloriam”, il bassista Galieti abbandona per assolvere anch’egli gli obblighi di leva, sostituito dallo stesso Tagliapietra. Anche Dei Rossi viene chiamato alle armi, ma rimarrà in formazione, sostituito per un breve periodo dall’inglese Dave Baker con il quale vengono incisi 3 singoli (tra cui “Blue Rondò à la Turk”, standard di Dave Brubeck). Tornato Dei Rossi, il gruppo pubblica altri 45 giri, poi raccolti nell’album “L'aurora del”Le Orme”, dopo l’uscita del quale anche Smeraldi lascia il gruppo.
Termina così il periodo beat (e conseguentemente nasce la formazione classica) de “Le Orme” che continua in trio fino agli anni ’90, seppur con gli innesti di un quarto membro dal 1975 al 1980 (Tolo Marton solo per un album e Germano Serafin per i restanti). Nel corso degli anni ’70, “Le Orme” pubblicheranno classici del Prog Italiano (“Collage” nel 1971, “Uomo di pezza” nel 1972, “Felona e Sorona” nel 1973, “Live” e “Contrappunti” del 1974), album più rock (“Smogmagica” nel 1975), più leggeri (“Verità nascoste” del 1976) e addirittura vicini alla musica classica (“Florian” nel 1979 e “Piccola rapsodia dell'ape” nel 1980). Dopo una partecipazione a Sanremo velata di polemica e scontri interni (Pagliuca abbandonerà il Festival sia per le censure operate sul brano “Marghera”, al quale infatti fu cambiato il titolo in “Marinai”, sia per aver appreso, prima della fine della Kermesse, che Riccardo Fogli avrebbe vinto il festival), nel 1982 venne inciso “Venerdì”, disco con ben pochi retaggi prog, forte di uno spiccato utilizzo dell'elettronica. Due anni dopo, Tagliapietra inciderà il primo disco solista, “Nella notte”, al quale partecipano Dei Rossi, Tolo Marton e Michele Bon, futuro componente de “Le Orme”. Seguono una partecipazione, nel 1987, al Festival di Sanremo con “Dimmi che cos'è” e, nello stesso anno, i festeggiamenti del ventennale (con il ritorno, per una sera, di Galieti, Marton e Serafin). Successivamente il gruppo si esibisce da vivo con vari turnisti, tra cui Giorgio Mantovan alle chitarre, Enrico Ulrich, Michele Bon e Francesco Sartori alle tastiere. Nel 1990, viene pubblicato “Orme” con la supervisione artistica di Mogol e le partecipazioni di Angelo Branduardi e Mario Lavezzi. Questa, peraltro è la prima incisione di Michele Bon nel gruppo che di lì a poco entrerà stabilmente nel gruppo. Infatti, dopo appena un anno, Pagliuca abbandonerà, insofferente del nuovo corso della band, sostituito dai già citati Bon e Sartori, rispettivamente alle tastiere e al pianoforte.
“Il fiume” nel 1996, rilancia il gruppo in termini prog, seppur in un circuito underground (la label, non più una major, è la Tring). La ritrovata vena progressiva, viene sublimata dalla partecipazione al celebre ProgFest (unico gruppo italiano) nel 1997, nonché ad altre rassegne prog, quali Prog East, Mex Prog, Baja Prog Fest, Rarf Prog Fest. Nel 1998, Francesco Sartori, autore di “Con te partirò” resa famosa da Andrea Bocelli, lascia il gruppo per seguire quest’ultimo, sostituito dal pianista e violinista Andrea Bassato, proveniente dai Mysia. Con questa formazione il gruppo licenzierà “Elementi” del 2001 e “L'infinito” del 2004 (i quali, insieme a “Il fiume”, formano una trilogia sul rapporto tra l'uomo e la natura). Nel 2005 “Le Orme” partecipano al Near Fest di Bethlehem, dalla cui registrazione è tratto il primo DVD del gruppo, “Live in Pennsylvania”. Nel 2008, Bassato lascia il gruppo, costringendo Le Orme ad esibirsi come trio fino a quando viene deciso di aggiungere un quarto elemento, individuato prima, in termini di provvisorietà, in Tolo Marton, successivamente, in termini stabili e concerti, nel bassista/chitarrista Fabio Trentini.

Orbene, tutte le vicende sopra narrate, c’entrano ben poco con la situazione così come si è venuta a creare in tempi più recenti. Infatti, i prodromi della spaccatura che porterà ad avere due formazioni parallele, si avranno nel novembre del 2009, allorquando, Tagliapietra e Michi Dei Rossi entrano in contrasto, per motivi ancora non del tutto chiari. Il primo chiede al secondo di chiarire alcune questioni prima di continuare l’attività insieme, sia dal vivo, sia in studio. Per tutta risposta, Dei Rossi rilancia una nuova band chiamando a sé Jimmy Spitaleri, storico vocalist dei Metamorfosi. Cosicché - composta da Dei Rossi, Trentini, Bon e Spitaleri - questa formazione si presenta al pubblico con il nome “Le Orme” ed incide una nuova versione di “Gioco di Bimba”, presentata nel marzo del 2010 nel corso della trasmissione televisiva “Ciak si canta” su Rai Uno. Tramite il proprio legale, Tagliapietra diffida il gruppo ad utilizzare il nome “Le Orme”. Non sortendo alcun effetto, decide di intentare causa contro l’ex collega, adendo il tribunale di Venezia (città dove il nome “Le Orme” risulta tuttora depositato a nome del duo Tagliapietra/Dei Rossi). A questo punto si verifica una cosa incredibile. Nelle more della definizione della causa, tuttora in corso, il giudice decide che il gruppo di Dei Rossi può utilizzare il moniker “Le Orme”. Il batterista, pertanto, estende la formazione a sei elementi, avvia un’intensa attività live e pubblica un disco live (“Progfiles - Live in Rome”) che gli vede affiancati Fabio Trentini al basso, Michele Bon alle tastiere, con l’ausilio di Jimmy Spitaleri alla voce, William Dotto alla chitarra e il giovanissimo Federico Gava al pianoforte.
Nel frattempo Aldo Tagliapietra, Tony Pagliuca e Tolo Marton rientrano in contatto e, invitati da Franz Di Cioccio ad aderire alla prestigiosa rassegna “Prog Exhibition”, vi partecipano con l’ausilio del batterista Carlo Bonazza.



LA QUESTIONE DA UN PUNTO DI VISTA GIURIDICO

Una Laurea in Giurisprudenza, diversi scritti sul diritto d’autore (alcuni dei quali presenti presso i seguenti link: http://www.artistsandbands.org/ita/modules/smartfaq/category.php?categoryid=5 e http://www.artistsandbands.org/ita/modules/smartfaq/category.php?categoryid=5&start=5) e la frequentazione di un dottorato di ricerca in “Scienze dell’informazione”, con un esame di ammissione incentrato sui contenuti della L. 633/1941 (c.d. legge sul “diritto d’autore”) e del D.Lgs 30/2005 (Codice della proprietà industriale), mi consentono di trattare agevolmente della questione anche dal punto di vista squisitamente giuridico.
La decisione del giudice lascia perplessi. Se è vero che il nome “Le Orme” risulta tuttora registrato a nome Tagliapietra/Dei Rossi, non si capisce come sia possibile concederne l’uso ad uno solo dei due, peraltro dopo che lo stesso era stato utilizzato senza alcuna autorizzazione dell’altro avente diritto. Invero, va detto che la decisione del giudice non è affatto definitiva. Causa durante, su esplicita richiesta di una delle due parti, egli ha semplicemente concesso l’uso del nome ad una delle due parti, nelle more della definizione della causa medesima. È una decisione che ha una sua logicità: nel range di tempo che lo separa dalla sentenza definitiva, il giudice si è limitato a mantenere lo stato delle cose (ignorando, non sappiamo se per minor attenzione o volutamente, che il nome era utilizzato da uno dei due depositari se non illegittimamente,
quantomeno senza il consenso dell'altro). Deve essere chiaro, quindi, che da qui al giorno della sentenza, tutto potrebbe accadere.. Egli potrebbe confermare quanto sovvertire i suoi originari intendimenti.
Inoltre, dal punto di vista squisitamente giuridico, il dispositivo si presta ad una duplice interpretazione: se da un lato il giudice ha disposto che il nome può essere utilizzato da uno dei due, non ha certo impedito all’altro di fare altrettanto. Ed infatti, si è appreso che, circa l’uso dal nome “Le Orme” da parte di Tagliapietra, l’Autorità Giudiziaria avrebbe volutamente evitato di pronunciarsi, poiché nessuna richiesta gli era stata fatta in tal senso dal cantante. Ne consegue che, mancando un espresso divieto al suo utilizzo, Tagliapietra potrebbe esibirsi con una formazione denominata “Le Orme”. È un dato di fatto, infine, che egli si sia rifiutato di farlo. Ciò non può e non deve essere interpretato come una manifestazione di debolezza. Denota, invece, a parere di chi scrive, substrato morale e profondo rispetto per l’Autorità Giudiziaria, che deve ancora pronunciarsi definitivamente su una causa che si prospetta interessante e complessa quanto e più di quella che vide coinvolti gli altrettanto famosi New Trolls. Se anche Tagliapietra utilizzasse il nome “Le Orme”, non farebbe altro che intricare, stratificandola, una vicenda che già si presenta complessa e macchinosa sul nascere, rendendo ancor più oneroso il delicato compito del giudice, il quale, ne siamo convinti, ha indubbiamente sofferto nel prendere la decisione che ha adottato.
Ma le novità non sono finite. Una cosa è usare il nome della band, un’altra utilizzare il nome in via indiretta, in termini squisitamente descrittivi, allo scopo di fornire ai fans una idea, seppur sommaria, circa i trascorsi di uno o più artisti. In tal senso, il moniker “Once Were “Le Orme” (c’erano una volta Le Orme) ci è sembrato intellettualmente onesto, giuridicamente legittimo, cristallino, chiaro nel fornire ai fans un elemento informativo che dovrebbe suonare più o meno così: “Noi abbiamo fatto parte de Le Orme”. Coglie di sorpresa, quindi, forse ancor più della decisione del giudice, apprendere che Michi Dei Rossi avrebbe intimato all’ex collega di non utilizzare l’espressione “Once Were “Le Orme” (presente nella prima stesura delle locandine del Prog Exhibition); si rimane sconcertati allorquando anche l’espressione “da Le Orme: Aldo Tagliapietra con Tony Pagliuca, Tolo Marton, David Cross (King Crimson)” avrebbe leso l’asseritamente esclusivo diritto all’utilizzo del nome “Le Orme” da parte di Dei Rossi, al punto che la stesura definitiva delle prefate locandine vede i membri di cui sopra presentarsi semplicemente con i propri nomi e cognomi. Ci sembra aberrante tutto ciò, se si pensa che il diritto di fregiarsi del nome “Le Orme” - secondo l’interpretazione giuridica espressa in apertura - non è affatto esclusivo, non essendosi il giudice pronunciato in tal senso. Ne consegue, e lo si ribadisce, che essendo legittimato ad utilizzare il nome “Le Orme” (non avendo il giudice disposto alcun impedimento in tal senso), Tagliapietra potrebbe anche utilizzarlo semplicemente inserendolo in un moniker più esteso, quale appunto “Once were Le Orme”.
Orbene, così trattata la questione giuridica, mi appresto a recensire i concerti che le due formazioni hanno tenuto a Roma a distanza di una sola settimana.

Le Orme
Roma, Jailbreak, 29/10/2010

Va innanzitutto precisato che le due performance sono difficilmente raffrontabili per una serie di concause. Innanzitutto i due gruppi si sono esibiti in contesti completamente diversi: in un piccolo club, Le Orme; in un teatro 10 volte più grande, Once Were Le Orme, peraltro in una compagine di festival (prog). Un raffronto è reso altresì difficoltoso attesa la durata di ogni singolo set: due ore i primi, 45 minuti i secondi. Infine, la performances dei secondi è impreziosita dalla presenza di David Cross (un suo omologo, in termini di importanza, è purtroppo assente nell’altra formazione) ed è stata penalizzata da alcuni problemi tecnici.Va da sé che paragonare le due performances sarebbe disonesto intellettualmente e oltremodo ingeneroso, nei confronti di entrambe le band.Mi limiterò, pertanto, a commentare le performances di ogni formazione, descrivendone pregi e difetti, ma anche a riferire le parole che i rispettivi leader hanno pronunciato nel corso delle serate, lasciando agli altri il compito di raffrontare le due esibizioni e trarre le doverose conclusioni.Quella che si è esibita al Jailbreak, la sera del 29 ottobre, incarna in toto il concetto di formazione prog per eccellenza: voce, basso, chitarra, batteria, tastiera, piano. La qualità dei musicisti ci è apparsa incredibilmente elevata. In particolare, è il duo Bon/Gava che valorizza il gruppo in termini di suono, delimitando una cornice progressive inconfondibile e ineguagliabile entro i cui bordi, gli altri quattro si muovono sicuri, incredibilmente integrati nel nuovo (inedito) contesto numerico. Michele Bon lo conoscete bene, avendolo visto nella band da 20 anni a questa parte. Ci sembra superfluo, quindi, sprecare parole per descrivere le sue indubbie qualità tecniche. Un prodigio è il pianista, Federico Gava, un ragazzino di (se non erro), neanche 19 anni, che ci è sembrato talmente competente, perfettamente equilibrato, tanto negli accompagnamenti, quanto nei momenti di assolo, da risultare ormai un elemento irrinunciabile e imprescindibile nel suono di insieme di questa estesa incarnazione.
Egli merita un plauso anche per motivi estetici: i suoi lunghi capelli biondi e l'abito completamente bianco, gli donano una veste angelica e fatata, perfettamente idonea in un contesto prog. La sua vicinanza sul palco accanto a Dei Rossi (che esteticamente, con quella splendida criniera semi-argentata, presenta tratti quasi mefistofelici), crea uno strano ma efficace contrasto: entrambi maginifici musicisti, si potrebbe affermare che il primo suona come suona per grazia divina, il secondo previo patto con il diavolo.
Inversamente proporzionale alla sua bravura è, purtroppo, il suo stare sul palco: in primis dovrebbe evitare di tamburellare nervosamente le gambe nei momenti di pausa (sintomo di nervosismo e, conseguentemente, di palese insicurezza); inoltre, caro Federico, mai scuotere la testa per un’esecuzione non perfettamente riuscita (cosa che francamente, non ci sembra si sia verificata), altrimenti si costringe un membro della band (per esempio, un Michi Dei Rossi poco distante) a doverti rivolgere reiterati sguardi tranquillizzanti (col rischio di farti individuare come "reo" dal pubblico, anche nel caso in cui quest’ultimo non si fosse accorto di nulla).
Parlando di aspetti negativi, se non capivamo come mai Michele Bon prendeva in mano il “guitar simulator”, uno strumento che con il prog c’entra come i cavoli a merenda, allorquando la formazione aveva solo due tastieristi e un bassista, figuriamoci se lo capiamo oggi che nella band c’è anche un chitarrista bravissimo (ed ancora non perfettamente sfruttato), quale William Dotto. Parlando di nuovi elementi, Trentini è un altro mostro di bravura, peraltro perfettamente in grado di dedicarsi al suo strumento in solitaria, non dovendosi occupare, come il suo predecessore, anche della voce solista, ma solo dei cori o dei controcanti, tutti impeccabili (è curioso notare che, fatta eccezione per Michele Bon, Trentini risulta il nuovo innesto “più anziano” della band, essendovi entrato poco prima che Tagliapietra venisse estromesso).
E Spitaleri? Spitaleri è un grande. La sua voce presenta caratteristiche simili a quelle dello storico membro: fragile, delicata, apparentemente sofferente, come quella di Tagliapietra sembra sempre sul punto di spezzarsi. Ma non si spezza. In più, egli è in grado di interpretare i brani invigorendoli, talvolta, con innesti più energici e arrabbiati che li rendono più accattivanti e gli donano un quid di sacrosanta attendibilità.
Cosicché, se sentire “Vedi Amsterdam” ci sembra un’opportunità impedibile, sentirla interpretata e suonata da queste nuova e straordinaria formazione, ci appare come una concessione ultraterrena. E che dire di “Sguardo verso il cielo”, proposta in due versioni, una storica, l’altra intimistica, apparsa improvvisamente, completamente riarrangiata, riconoscibile a tratti, quasi fosse un inedito, eseguita in termini soffusi e delicati da un chitarrista e un pianista fortemente ispirati?
E Michi Dei Rossi? Michi è in gran forma, non c’è dubbio. Tra “Sospesi nell’incredibile” e “Felona” ha regalato un lungo assolo di batteria che lo vede protagonista assoluto del drumming italiano, perfettamente inserito nel range incluso tra potenza e precisione. Dal punto di vista della direzione del gruppo dobbiamo a lui l’inserimento della band in compagini solo ed esclusivamente prog, sia per l’impostazione data alla band, sia per i brani selezionati (nessuna canzone, per intenderci), cose per le quali gli saremo eternamente grati. Come persona lo stiamo scoprendo in altre vesti: adesso, in questo nuovo ruolo di leader, si sposta spesso dalla sua postazione e si avvicina a Spitaleri, affiancandolo nei colloqui con il pubblico. Invita talvolta gente sul palco, scherza con il pubblico, lo intrattiene, lo fa ridere, gli mostra la gratitudine per la fedeltà palesata. Insomma, è un tipo che piace. Tranne quando cede alla tentazione di citare vecchi amici (o nemici). Qualche esempio? Qualcuno dal pubblico chiede “Ad Gloriam” e lui ribatte: “quello lasciamolo fare a Tagliapietra”. E nessuno, dalla platea, ride o applaude. Oppure invita sul palco Enrico Vesco, manager della band da due anni a questa parte, e lo ringrazia per aver permesso che la band non sparisse dalla scena “a nome di tutto il mondo, dei ragazzi (indicando la band), di Dio, e anche di Tagliapietra”. Indubbiamente, non una cosa carina.
Prima di concludere è doveroso citare la bellissima versione di “Gioco di bimba”, che Jimmy presenta al pubblico così: “Giochiamo con la bimba adesso” (forse dimenticando il fatto che, a dispetto della melodia incantata, affronta il tema dell'abuso sessuale perpetrato nei confronti di una bimba). Il brano si presenta come un capitolo irrinunciabile nei prossimi appuntamenti live, così splendidamente impreziosita dall’apporto di 5 musicisti (a fronte dei 2 della formazione classica), capaci di cosi significativi miglioramenti, da far pensare che la eseguano da decenni, piuttosto che da mesi.
Un’ultima considerazione: nella sua fase iniziale, “Gioco di Bimba” non prevede parti ritmiche: ciò induce Michi ad assentarsi, ancorché per breve periodo. In questo particolare momento esecutivo, il fatto che il brano venga eseguito da 5 musicisti validissimi ed attendibilissimi, nessuno dei quali presente nella formazione che la eseguì (e la compose) nel 1972, ci sembra una considerazione assolutamente irrilevante. O forse no…

Once Were Le Orme
Roma, Prog Exhibition, Teatro Tendastrisce, 05/11/2010

Nell’ambito del Prog Exhibition, prestigiosa rassegna che ha visto suonare gruppi odierni (Abash, Maschera di Cera, Periferia del Mondo, Sinestesia) e storici (PFM, Banco, Trip, Raccomandata con ricevuta di ritorno, Osanna) si esibiscono anche Once Were Le Orme, una delle formazioni certamente più attese (insieme alla Nuova Raccomandata). Quattro musicisti salgono sul palco: appaiono sereni, tranquilli, determinati: Aldo Tagliapietra saluta il pubblico affettuosamente e poi precisa: “Non potevano mancare questa sera…” attimo di pausa, silenzio assoluto tra il pubblico: tutti si aspettano che dica “Le Orme”, oppure qualcosa tipo “il nucleo storico de Le Orme”, invece, si limita a citare i soli cognomi: “Tagliapietra, Pagliuca e Marton”. Gli spettatori omaggiano la band con un’ovazione. Quei tre nomi sono pesanti come macigni, per la prima volta insieme dopo più di trentacinque anni. Tutti i presenti lo sanno. Tutti lo volevano. “Volevo dire” continua il cantante “che noi siamo qui stasera per proporre la nostra musica, al di là di ogni etichetta, al di là di ogni marchio”. Il pubblico è in visibilio. La seconda ovazione è sincera e lunghissima.
Parte “Los Angeles” e fin da subito la chitarra tagliente di Marton fende il ritmo cadenzato con un assolo lungo, sentito, quasi uno sfogo atteso da decenni. “Ho sentito un vuoto dentro di me, ed un senso di paura”, canta Tagliapietra: è la sua voce, è la voce delle Orme. La versione è eccellente e Tolo sembra perfettamente integrato in questo nuovo contesto, che gli è appartenuto per poco meno di un anno, nel 1975. L’esecuzione è perfetta e i 4 appaiono amalgamati ma già nei due brani successivi, “La porta chiusa” e “Vento d’autunno”, non tutto funziona perfettamente: l’impressione è che la band non sia perfettamente osmotica. Inoltre, qualcosa non va nella tastiera di Pagliuca: il suono, talvolta, non è quello giusto. Forse non c’è stato molto tempo per il soundcheck? La soffusa liquidità della chitarra di Marton, che emerge nel brano “Alpine Valley” – tratto dal suo album solo “Still close to you” (1998) – offre al gruppo l’occasione per commemorare la scomparsa di Germano Serafin (che nel 1976, appena diciannovenne, entrò nelle Orme succedendo proprio a Tolo Marton), a cui il pezzo è dedicato, tra gli applausi commossi del pubblico. Tra una pausa e l’altra, qualcuno grida “siete voi le vere Orme”. Ma Aldo non commenta, fedele all’assunto da lui esternato in apertura che lo vede esecutore delle musiche sue e di Pagliuca, prescindendo da loghi o sigle. È il momento di un estratto da “Felona e Sorona” (il brano è “Sospesi nell’incredibile”) e poi è la volta di annunciare il blasonato ospite, David Cross, già membro dei King Crimson: il suo violino va ad impreziosire “All'infuori Del Tempo”, sempre estratto dal medesimo album; il gruppo lo ricambia con una versione di “Exile” molto più sperimentale rispetto alla versione originale (e a quella proposta dallo stesso Cross nella sua discografia solista).
Chiude il concerto “Sguardo verso il cielo” ove il gruppo offre il meglio di sé: travolgente, granitica, salda, la versione paga purtroppo lo scotto degli immancabili problemi tecnici alle tastiere, il cui suono presenta elementi disarmonici, certamente non voluti. La chitarra di Tolo è perfetta e la voce di Aldo è immancabilmente cristallina, eterea, trasparente. Il pubblico è in piedi e batte le mani a tempo. Finisce il brano: “Ciaooooo”, urla Aldo Tagliapietra, quasi con rabbia. I duemila presenti gli tributano l’ennesima ovazione della serata.
Mentre i quattro lasciano il palco, viene da pensare: il fatto che un terzo dei pezzi eseguiti sia stato penalizzato da fastidiosi e reiterati problemi tecnici, così come sopra descritti, ci sembra una considerazione assolutamente irrilevante.

 


Le Orme (Roma, Jailbreak, 29/10/2010)

Michi Dei Rossi: Batteria
Michele Bon: Tastiere, voce
Fabio Trentini: Basso, voce
con
Jimmy Spitaleri: Voce
William Dotto: Chitarra
Federico Gava: Pianoforte

Once Were Le Orme (Roma, Prog Exhibition, 05/11/2010)

Aldo Tagliapietra: Voce, basso, chitarra acustica
Tony Pagliuca: Tastiere
Tolo Marton: Chitarra, armonica
con
David Cross: Violino
Carlo Bonazza: Batteria

Data: 29/10/2010 e 05/11/2010
Luogo: Roma
Genere: Progressive Rock

 

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