Nati in West Virginia nei primi anni '90, i Karma To Burn sono stati il primo gruppo, salvo l'omonimo debut album che vedeva in line-up il cantante Jason Jarosz, a suonare uno Stoner completamente strumentale, pregno di quella psichedelia desertica figlia dei Kyuss, re indiscussi del movimento e tra le band più saccheggiate degli ultimi 2 decenni.
Dopo uno split avvenuto nel 2002 ed una reunion nel 2009 festeggiata col bellissimo DVD - Live 2009 Reunion Tour, Appalachian Incantation è uno dei come back Rock più attesi del 2010, il primo del trio da 9 anni a questa parte. Chi ha amato il sound roccioso e diretto della band, fatto di riffs monolitici e cupi e sezione ritmica dinamica non resterà deluso da queste otto nuove tracce, che non fanno altro che proseguire il percorso tracciato da Wild Wonderful Purgatory (il primo lavoro interamente strumentale dei Karma To Burn, uscito nel 1999). Un lieve passo indietro è però dettato dal brano "Waiting on the Western World", che vede la presenza al microfono del leader dei Year Long Disaster - Daniel Davies, per una canzone di quasi 6 minuti dall'incedere mastodontico e possente, che invece farà felici i fan della prima ora. Il disco è distribuito anche in Deluxe Edition con un secondo CD, che include la ri-registrazione due tracce incise lo scorso anno ed un altro pezzo cantato, la bella "Two Times" con la leggenda vivente dello stoner John Garcia al microfono. In questo caso ad esplodere è una carica psichedelica lisergica, quasi un tributo ai Black Sabbath col suo progredire epico e malato, dove le poche strofe sciorinate da Garcia lo rendono uno degli episodi migliori e più atmosferici dell'ìntero lotto. Asciutta e azzeccara la produzione di Scott Reeder, un altro personaggio chiave della nuova ondata Rock californiana e molto accattivante anche la copertina ed il book interno, con raffigurazioni al limite dell'esoterico. Obbiettivamente, Appalachian Incantation è però un discreto album è niente più, la formula strumentale è ormai collaudata alla perfezione ed i brani seppur molto omogenei sono tutti suonati con grande perizia tecnica, ma ormai, dopo 3 dischi del genere non pare esserci soluzione stilistica da esplorare e considerando che a parere di chi scrive, le migliori canzoni sono quelle con un testo, forse sarebbe il caso di fare un passo indietro e tentare di dare una voce ai propri brani. 65/100
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Rich Mullins Basso Anno: 2010 |