Ci sono voluti la bellezza di quattro anni alla band varesina per dare un seguito a Let Battle Commende, disco che fece sobbalzare dalla sedia molta critica specializzata, donando alla band anche un discreto seguito di pubblico.
L’attesa per questo quarto album in studio era tanta, soprattutto dopo che i fan, in virtù di un’attività live pressoché nulla negli ultimi anni, cominciavano a pensare ad uno split. Ascoltando bene le nove tracce di questo My Name Will Live On possiamo tranquillamente dire che tanta ansia è stata ripagata nel modo migliore, grazie a una prestazione dei musicisti di altissimo livello e ad una serie di canzoni che mettono in risalto le tematiche battagliere della band, per un epic metal di livello altissimo, forse il massimo nel nostro Paese. L’indiscusso protagonista di questa uscita, cosi come nel passato più recente, è sicuramente il singer Deathmaster, che grazie alla sua voce potente, maestosa ed estremamente evocativa dona un tocco epico a tutti i pezzi, come ben dimostra la cadenzata ed iniziale “Death OF Feria”(che va segnalata anche per un lavoro delle due chitarre eccezionale), con un chorus che rimanda ai primi Manowar, quelli che con Into Glory Ride tracciarono poco più di venti anni fa le coordinate del genere e che i Doomsword hanno seguito fedeli ed in certi punti anche personalizzato in maniera avvincente. “Gergovia” si apre acustica, con le chitarre di Sacreadheart e The Forget che accompagna la linea vocale con un arpeggio, per poi esplodere subito in un riff carico di pathos. Nei sei minuti della traccia si nota l’ottimo lavoro negli arrangiamenti e la grande coesione della sezione ritmica, che ricama suoni potentissimi e sempre vari. “Days Of High Adventure” al contrario delle prime due è più in linea con un metal classico e canonico nella struttura, mentre “Steel Of My Axe” riallaccia il discorso iniziale, dove la band riecheggia alla prima stagione dell’epic, con Deathmaster che si lancia in acuti degni del miglior Eric Adams e di un intermezzo in cui si respira l’aria del combattimento finale. Dopo una serie di sterminati e dovuti complimenti c’è da segnalare almeno per chi scrive il fattore produzione: a tratti si ha la sensazione di come il tutto sia estremamente ruvido, di come le chitarre nei loro scambi\intrecci sovrastino il basso e di come la voce non sempre sia messa nel giusto risalto. Una pecca da poco dinnanzi ad un prodotto del genere, sia chiaro, però doveroso farlo presente al lettore che si appresta ad entrare nel fantastico mondo dei Doomsword. Arrivati alla seconda parte del lotto, impossibile non segnalare l’accoppiata “Luni”\“Once Glorius”, oscure e cupe all’inverosimile, con un lavoro di ricamo strumentale al limite della perfezione, soprattutto la prima, che si apre con un coro oltretombale, col ritornello che se possibile amplia all’inverosimile il discorso di eticità sprigionata nella loro musica. A chiudere arrivano i quasi otto minuti di “The Great Horn” che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già detto in precedenza se non che sia l’ennesimo centro di una band, obbiettivamente in stato di grazia. Signori e signore, Deathmasters e co. ci hanno fatto aspettare a lungo, ma hanno voluto fare le cose in grande con un album che probabilmente ritroverete in molte top ten di fine anno di riviste e webzine specializzate. 85/100
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Deathmaster: Voce Anno: 2007 |