Oggettivamente riconosciuti come una delle più genuine realtà del thrash europeo, gli Artillery esordirono nel 1985 con l’album “Fear Of Tomorrow” sebbene solo con “By Inheritance” del 1990 fu riconosciuta la loro bravura ed influenza, talché l’album venne unanimemente considerato uno dei capolavori del genere, quantomeno nei (già inflazionati) contesti europei.
Dopo una reunion nel 1999, che generò il dignitoso “B.A.C.K”, il gruppo si è nuovamente riunito lo scorso anno, dando alle stampe un DVD molto apprezzato intitolato “One Foot In The Grave, The Other One In The Trash”. Oggi, la medesima formazione partorisce questa nuova raccolta di inediti dal titolo “When Death Comes”. Ingabbiare questo lavoro nei (pur estesi) confini del genere thrash ci sembra assolutamente ingeneroso. Il gruppo si è evoluto: guarda al futuro con occhio attento alle proprie radici ed influenze musicali, proponendo una formula musicale che risulta alquanto avvincente. Il substrato dell’opera è certamente riconducibile al periodo della maturità thrash (collocabile verso la fine degli anni ’80), ben richiamato da riff fulminei e da ritmiche assai veloci. Tuttavia, il nuovo cantante, Søren Adamsen, possiede una voce potente ed autorevole, tipica del più degno e rappresentativo epic metal, stile musicale che, peraltro, la band tutta cita in continuazione in maniera assolutamente pregevole, ben incastonandolo nei rapidi contesti che il genere ultra-veloce impone. Spesso, il gruppo è votato al cambio di tempo, una scelta che si identifica più come genuina espressione di maturità, piuttosto che come gratuito sfoggio di eclettismo musicale o, peggio, di spocchiosa spavalderia. Inoltre, alcuni assoli di chitarra, nonché alcuni riff, citano in maniera intelligente certo NWOBM di maniera. Infine, la produzione risulta estremamente pulita e ordinata: verrebbe da dire “assai laccata”, ma la cosa suona in termini dispregiativi e noi, invece, vogliano fare un complimento. Insomma, per dirla in breve, il suono non è mai caotico, le ritmiche non sono mai confuse, le melodie, gli interventi solistici, le armonie vocali, non appaiono mai approssimative ed imprecise. L’opera si identifica come un costrutto sensato, assai misurato, estremamente ponderato anche quando, inaspettatamente, la band si dedica alla realizzazione di contesti meno forsennati, come in "Delusions Of Grandeure", una ballata semi-acustica che ha il pregio di riunire la rarefatta delicatezza della migliore cultura celtica, alla potenza dell’epic metal più sontuoso e magniloquente. 84/100
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Søren Adamsen: Voce Anno: 2009 Sul web: |