Home Interviste Daniele Iacono (EZRA WINSTON, ANAGRAMMA)

Daniele Iacono (EZRA WINSTON, ANAGRAMMA)

Agli appassionati degli Ezra Winston, il nome di Daniele Iacono non dovrebbe suonare completamente sconosciuto. Daniele è l’originario batterista della band romana (una band, è il caso di ricordarlo, che diede vita nel 1988 al movimento new progressive italiano), da egli definitivamente abbandonata nel 1997. L’intervista che segue, non ha rappresentato soltanto l’occasione per chiarire i motivi della dipartita da questo mitico gruppo, ma si è concretizzata anche in una genuina e sincera promozione di Anagramma, l’esordio discografico della band omonima. Attiva, in realtà, da poco meno di vent’anni, quest’ultima comprende anche i due chitarristi Stefano Pontani, tuttora in organico negli Ezra Winston, e Fabiano Lelli, un session man in possesso di un corposo curriculum vitae. L’ensemble si avvale della collaborazione di ben 11 elementi, attinti tanto dal mondo del progressive, quanto da quello jazz.

- A&B -
Come e quando nasce il progetto Anagramma?
- Daniele Iacono -
Il progetto nasce nell’estate 1989, con la prima registrazione di un mio brano, “Uragano”, composto in realtà nel 1988 a New York, nel periodo in cui mi stavo diplomando al Drummers Collective (prestigiosa scuola di batteria americana. N.d.I). La registrazione mi soddisfò e mi incoraggiò a comporre un secondo brano, “Savana”, che registrai nel 1990 unitamente a Stefano Pontani (all’epoca tecnico del suono degli Ezra Winston e, di lì a poco, futuro membro degli stessi, in qualità di chitarrista. N.d.I), con il quale avevo già avuto occasione di suonare per una sua composizione nel 1986. Nasceva, così, il primissimo nucleo degli Anagramma.

- A&B -
Come siete arrivati ad interessare anche Fabiano Lelli?
- Daniele Iacono -
Dopo queste esperienze compositive, decidemmo di dare vita ad una vera e propria band, costituita da basso, batteria e due chitarre. Di comune accordo con Stefano, infatti, decidemmo di chiamare Fabiano Lelli come secondo chitarrista, da me conosciuto perché con lui condividevo già all’epoca esperienze nell’ambito della musica pop. Oggi, Fabiano è un chitarrista eclettico che vanta collaborazioni di spicco nell’ambito del progressive Italiano (Franz di Cioccio), e che spazia con disinvoltura dalla fusion, al pop (Grazia di Michele), passando per il rock folkloristico (a tutt’oggi milita nella Tammurriata Rock di Enrico Capuano). Il suo ingresso nella band, ci permise di aumentare il nostro repertorio con sue composizioni originali quali “Peggio di un blues”, “Sabbia” e “Alghe”. Stefano, nel frattempo, aveva composto altri pezzi, tra cui “Broadway uptown”, brano ispirato alla famosa via newyorkese ove vivevo nel periodo del mio soggiorno americano. Quando venne a trovarmi per un breve periodo nel 1988, rimase talmente colpito da quella via, che decise di comporre qualcosa che vi si ispirasse, dando così sfogo alla sua creatività artistica. Il risultato è uno dei pezzi più belli dell’album, ricco di variazioni ritmiche e aperte soluzioni armoniche. Successivamente, egli contribuirà alla composizione di altri brani, tra cui “Algarve” e “Chiuso per ferie”. Insomma, per farla breve, nel giro di pochissimo tempo, i brani erano pronti per essere registrati in studio, ma soprattutto per essere suonati dal vivo.

- A&B -
Come mai la scelta di un organico ridotto a tre elementi, un chitarrista e un batterista?
- Daniele Iacono -
La scelta non era intenzionale, infatti inizialmente cercammo un bassista che, oltre che compositore, fosse soprattutto stabile. Purtroppo, non siamo mai riusciti ad avere un bassista fisso, se non recentemente. Il primo bassista degli Anagramma fu Daniele Tomassetti, con cui suonammo in diversi club romani e della provincia. Ma l’attività concertistica venne purtroppo interrotta per un paio d’anni, a causa di miei impegni con Jovanotti, con il quale suonavo sia in tour, sia in studio (vds gli album “Una tribù che balla” e “Lorenzo ‘92”). L’attività live degli Anagramma riprese quindi nel ‘93, con una serie di serate, sempre a Roma e dintorni. Nel frattempo, però, poiché Daniele Tomassetti era partito per studiare contrabbasso al conservatorio di Vienna, chiamammo l’attuale bassista, Matteo Esposito, che militò nella band solamente per un mese, in quanto all’epoca era impegnato in tour con Paola Turci. Dopodichè cominciammo a provare con Gianni Colaiacomo, bassista che all’epoca vantava collaborazioni con il Banco del Mutuo Soccorso e artisti quali Angelo Branduardi e Patti Pravo (di lì a poco, egli sarebbe entrato anche negli Ezra Winston, per alcune esibizioni live e per la registrazione di un pezzo inedito, poi apparso nella ristampa in Cd del secondo album. N.d.I). La collaborazione fu ottima, al punto che facemmo una serie di concerti live fino alla realizzazione in studio di alcune nostre composizioni nel ‘94. Ciononostante, l’album non fu completato in quell’anno, bensì 10 anni dopo. Fummo un po’ tutti impegnati su diversi fronti musicali, quindi la band abbandonò per lungo tempo il progetto, sebbene ogni singolo componente, sporadicamente, continuasse ad arrangiare i brani registrati in studio avvalendosi della collaborazione di famosi musicisti della scena jazz-fusion romana, quali Pino Iodice, Luca Pirozzi e Paolo Innarella.



- A&B -
Nonostante queste premesse, la pubblicazione del cd era ancora lontana.
- Daniele Iacono -
Si. Tutto cadde un po’ nel dimenticatoio fino a quando, ripensando al passato, io e Stefano valutammo che fosse una vera follia lasciare che andasse perduto tutto quel lavoro in studio. Decidemmo, pertanto, di rispolverare i nastri analogici in cui erano registrati i pezzi e cominciammo a mixarli. Dopodichè, mi rivolsi all’etichetta “Terre Sommerse” di Fabio Furnari (noto editore di jazz, classica, nonché cantautore con diversi album all’attivo), il quale accolse a braccia aperte il nostro lavoro, decidendo di pubblicarlo quest’anno, coronando così gli sforzi di tanti anni di dedizione.

- A&B -
Perché la scelta di rivolgersi a diversi elementi esterni?
- Daniele Iacono -
Innanzittutto va chiarito che Matteo Esposito ora fa parte della band. Nel Cd suona solo in un brano perché nel tempo, molti bassisti si sono avvicendati, ma ora ci accompagnerà in tutti i nostri concerti, nonché nell’attività in studio. Oltre ad essere un ottimo bassista, Matteo è anche autore di brani, alcuni dei quali già pronti per esser inseriti nel prossimo cd (pensiamo di realizzarlo in autunno). Così, da ora in poi, gli Anagramma saranno in 4. La scelta di rivolgersi ad altri musicisti fu dettata dall’esigenza di creare sonorità diverse, proprio perché il nostro repertorio era (ed è) costituito da brani variegati, che spaziano dall’afro-jazz, al funk, il tutto condito con un pizzico di progressive, che è poi il genere da cui proveniamo Stefano ed io. Ci accorgemmo di avere necessità sonore maggiori rispetto all’attività live. Ma in fondo, ci piaceva anche l’energia che gli altri musicisti apportavano di volta in volta ai nostri pezzi.

- A&B -
Ho ascoltato il vostro disco e l’ho trovato molto interessante. Mi piacciono molto alcune soluzioni ardite in cui siete riusciti ad inserire sonorità progressive su un tessuto sostanzialmente fusion (penso proprio al brano “Broadway uptown”, che è un’efficace citazione dei più ingegnosi King Crimson a sei elementi). Ciononostante, il suono potrebbe apparire un po’ datato, visti continui richiami a gruppi fusion anni ’80 (Chick Corea, John Scofield, Allan Holdsworth, Billy Cobham, ecc.). A questo aggiungi che i brani sono stati registrati proprio negli anni ’90. Non pensi che sarebbe stato necessario arrangiarli nuovamente, se non altro per evitare una certa vetustà del suono?
- Daniele Iacono -
Noi siamo convinti che se avessimo registrato oggi quelle composizioni, gli arrangiamenti sarebbero stati tali e quali, in quanto sono proprio in stile con il genere. Sicuramente dal vivo, abbiamo ora un approccio più maturo nelle esecuzioni, ma questo è naturale visto che siamo tutti musicalmente più maturi. Non esiste per me la musica nuova o la musica vecchia, ma semplicemente esiste la musica. C’è da chiedersi invece se il livello qualitativo delle composizioni della musica in genere di oggi, sia oggettivamente alla stregua di quella degli anni settanta e ottanta, nonostante tutti i supporti tecnologici di cui ci avvaliamo. Ma ora stiamo entrando nel merito dei gusti musicali e si sa che i gusti…..
Per quanto riguarda i suoni del nostro disco invece, credo fermamente che siano molto più caldi e moderni di qualsiasi cd attuale. Questo grazie al fatto che abbiamo usato un registratore a nastro analogico. Sono uno di quelli che ha sofferto, lavorando spesso negli studi anche per conto terzi , il passaggio dal vecchio analogico al digitale. Anche se del digitale ne riconosco i vantaggi pratici: pensa che, grazie ad esso, sono riuscito a mettere in piedi uno studio recording a spese contenute, persino nel mio minuto appartamento di circa 35 metri quadrati (cosa che non sarebbe mai stata realizzabile con i macchinari analogici). Però se parliamo del suono, credo di poter asserire che la maggior parte dei musicisti prediligano il suono caldo dell’analogico a quello del digitale. Sentite il nostro cd e ditemi se ho torto!

- A&B -
In molti brani, mi è molto piaciuto il contributo fornito dai fiatasti (Paolo Lucini e Paolo Innarella), ma ancor più del loro, quello dei due pianisti (Andrea Rongioletti e Pino Iodice). Tenendo presente che tu stesso suoni le tastiere in “Uragano” e “Savana”, non pensi che dal vivo gli Anagramma potrebbero beneficiare di un tastierista in pianta stabile? Non so perché ma mi viene in mente un piano Rhodes.
- Daniele Iacono -
Non abbiamo mai escluso l’idea di coinvolgere in futuro un vero tastierista, ma per ora non ne sentiamo l’esigenza, anche perché abbiamo fatto gli arrangiamenti per i nostri live con Fabiano Lelli e Stefano Pontani, che con il loro stile peculiare riescono a sopperire alla mancanza della tastiera, coadiuvati dai mille effetti che portano con loro ad ogni concerto. Chissà forse già nel prossimo cd potremmo prendere in considerazione l’ipotesi di un quinto elemento. Dipenderà tutto comunque dalla scelta dei nuovi brani da inserire nel prossimo cd.



- A&B -
Dal vivo il vostro repertorio è assai corposo. Nella vostro concerto di esordio tenuto al Dune Club, a Roma, il 27 Aprile (anche se in realtà è scorretto parlare di esordio, vista l’attività concertistica degli anni ’90), avete sfiorato le due ore di concerto. Tutto questo materiale in eccesso confluirà nel prossimo Cd?
- Daniele Iacono -
Certamente! Infatti stiamo già facendo una cernita dei pezzi vecchi mischiati a quelli di più recente composizione, tra i quali ci saranno anche quelli del nostro - finalmente definitivo – bassista/compositore Matteo Esposito.

- A&B -
Devo chiederti di un gruppo di cui, verosimilmente, non ami affatto parlare. Perché hai abbandonato il progetto Ezra Winston?
- Daniele Iacono -
Per spiegare il perché, bisognerebbe intanto ricostruire un po’ la storia della band: cominciai a suonare con loro quando avevo appena compiuto la maggiore età. Anche se già suonavo di tanto in tanto con il chitarrista Fabio Palmieri alle medie, che frequentavo come compagno di classe. Tramite lui conobbi Mauro Di Donato e insieme decidemmo di provare in cantina qualche loro composizione. Dopo alcune prove, in cui ero molto attivo anche negli arrangiamenti, sentimmo l’esigenza di arricchire di colori diversi le sonorità dei brani con i fiati. Decisi allora di proporre Paolo Lucini al flauto (approfitto per segnalare che Paolo ha suonato anche su “Savana”, una mia composizione apparsa su Anagramma), il quale, venuto ad ascoltarci ad una prova, rimase letteralmente entusiasta, aderendo prontamente al progetto della band, che era appunto quello di registrare il primo album e suonare qualche concerto dal vivo. Così fu! Eravamo finalmente al completo e rapidamente la band conobbe un successo di critica internazionale molto positivo, nell’ambito del progressive. Avevo una visione molto romantica del nostro nucleo, ma sentii subito che qualcosa mancava. Quel qualcosa erano i concerti. Infatti nella mia longeva permanenza con gli Ezra Winston, posso annoverare un massimo di 4 concerti. Il punto è che per me, la vita sul palco era (ed è tuttora) di vitale importanza e non potei quindi aspettare le lungaggini decisionali della band. Quando alla fine degli anni ’80 finimmo le registrazioni del secondo album, Ancient afternoons, partii per gli States e quando tornai, dopo un anno, il disco era praticamente terminato. Il lavoro mi parve ottimo fin da subito (vi collaborava anche Aldo Tagliapietra delle Orme). Una volta pubblicato il secondo album, che ebbe una risposta di pubblico superiore alle aspettative, cominciammo subito a registrare un brano nuovo per una compilation della Musea francese, intitolato “Saturday” (in realtà il brano si chiamava “Dark Angel Suite”, ed apparve in un concept della Musea in cui sette band differenti proponevano un brano a testa, ciascuno ispirato ad un giorno della settimana, da cui il nome “Saturday”. N.d.I). Viste le premesse, pensai che l’attività live del gruppo si incrementasse, anche perché essendo appena tornato dagli USA, avevo una grande carica interiore, un gran bisogno di ricominciare a suonare in maniera giusta. Purtroppo però le mie attese vennero deluse: infatti, di lì a poco si definì presto il ruolo di ognuno di noi all’interno e fuori dalla band. Voglio dire che continuammo a vederci di tanto in tanto per progetti paralleli, ma intanto le mie esigenze economiche e musicali mi portavano a volgere lo sguardo fuori dalla band: vivendo di musica, non potevo permettermi più il lusso di investire troppo tempo con musicisti che, al contrario, non mostravano la benché minima intenzione di guadagnarsi da vivere allo stesso modo. Per loro, la musica veniva considerata soltanto un passatempo. Avendo obbiettivi divergenti e mentalità così antitetiche, a poco a poco le distanze tra noi divennero sempre più incolmabili, fino al punto che ci allontanammo.

- A&B -
Effettivamente gli Ezra Winston non passeranno alla storia per essere particolarmente prolifici: sono praticamente 20 anni che attendiamo il terzo album (asseritamente pronto da 15 anni) e io stesso, pur essendo un loro appassionato, ho potuto vederli dal vivo solo tre volte.
- Daniele Iacono -
Ti racconto un episodio che la dice lunga sulla (in)attività della band: nel ‘97 registrammo una suite di 15 minuti che avremmo dovuto far ascoltare alla blasonata etichetta americana Magna Carta (il pezzo era “Mars attack”, tuttora inedito. N.d.I). “Registrammo” per modo di dire perché non furono registrati tutti gli strumenti, ma solo la batteria. Per quanto riguarda chitarra, basso, batteria e tastiere, infatti, passarono 5 anni prima che potei ascoltare la base completa. Dico la base, per il semplice motivo che per ciò che riguardava la voce ne passarono altri 5. E questo dice tutto sullo spirito che c’era all’interno della band. A mio parere gli Ezra Winston si sono lasciati sfumare la possibilità di fare quel salto di qualità con una major di rilievo e di porre fine ad un periodo di incertezze economiche nonché di produzione indistinta. Fu proprio nel ‘97 che mi tolsi ogni dubbio, semmai ce ne fossero mai stati, della giustezza della scelta di aver abbandonato la band. Sebbene nutra molto affetto per quelle esperienze giovanili, non mi esimo dal criticare le scelte sbagliate e le tante occasioni buttate al vento in modo così rinunciatario.

- A&B -
Parliamo un po’ di te e non solo dei gruppi nei quali hai militato o militi tuttora. Quali sono le tue influenze musicali?
- Daniele Iacono -
Le mie influenze musicali sono variegate: una delle ragioni per cui sono nati gli Anagramma, è la passione per il jazz-fusion (che poi è un interesse che accomuna tutti i musicisti interessati al progetto). Quando ero ragazzo, i batteristi che ascoltavo in assoluto erano Phil Collins, Tony Williams e Steve Gadd. Il primo perché, oltre ad essere il batterista dei Genesis - che peraltro è la mia band progressive preferita in assoluto - era anche il fondatore di un altro gruppo dell’ambito jazz-rock che io adoravo, ossia i Brand X. Il secondo era il più innovativo batterista jazz che avessi mai ascoltato all’epoca. Di lui mi piaceva il tocco che aveva sui piatti nello swing e la sua potenza dinamica, che lo contraddistingueva da quelli da me conosciuti in quel periodo. Il terzo fu per me l’equivalente di Jaco Pastorius per un bassista (chi è del settore può capirmi). Per me lui era il batterista perfetto, colui che aveva inventato la batteria moderna. Con il suo drumming, spaziava dal pop, al funk, dal jazz, al latin, il tutto con una naturalezza ineffabile. Era diventato il mio maestro. Lo ascoltai in tutte le salse, fino al punto di comprarmi tutti i dischi in cui compariva il suo nome.



- A&B -
E quando arrivasti a collaborare con lui?
- Daniele Iacono -
Beh, in realtà non fu una collaborazione: io fui semplicemente un suo allievo. Nell’Aprile del 1988 seppi che, a Ravenna, Steve teneva un seminario. Mi iscrissi subito senza esitare e partii così per la cittadina romagnola. Per me, vederlo suonare dal vivo a due metri di distanza, era un sogno. Ma, soprattutto, vederlo in azione mentre spiegava didatticamente tutto quello che eseguiva era davvero emozionante. I giorni della clinic passarono velocemente, sino a quando arrivò finalmente il tanto atteso momento in cui chiese chi volesse suonare con lui. Ovviamente non mi parve vero che mi si stesse paventando la possibilità di suonare insieme ad un batterista come lui. Per me era un sogno che diveniva realtà e mi proposi immediatamente per suonare in duo. L’emozione era tanta, ragazzi! Ma a vent’anni l’incoscienza è tale da portarti ad esibirti in qualsiasi situazione anche se hai la tremarella. Per me l’occasione era irrinunciabile e infatti mi buttai. L’esito lo potete ascoltare sul mio sito www.danieleiacono.com (visitatelo, perché ci sono un sacco di chicche, e non solo per batteristi. N.d.I), da cui potete scaricare gratuitamente l’mp3 della registrazione del duetto (proprio al di sotto della foto scattata insieme a Steve). Finito il seminario e dopo un fortissimo abbraccio, fu lui comunque ad incoraggiarmi tantissimo ad andare in America per perfezionarmi, cosa che feci lo stesso anno, al Drummers Collective di New York. Ecco, quindi, che grazie ad una passione smisurata per qualcosa, mi si stava prospettando uno scenario di vita vibrante. Quando parlo di Steve, non parlo solamente di una grande maestro ma, avendolo conosciuto personalmente, posso dire di lui che la sua grande forza è senz’altro il grande lato umano, il raro spessore caratteriale che possiede. È a lui che mi ispiro quando suono il funk e la fusion.

- A&B -
Cosa vuoi dire, come ultima cosa a chi ci sta leggendo ?
- Daniele Iacono -
Vorrei semplicemente tranquillizzare ed incoraggiare i musicisti e tutti gli amanti della musica, che non credono sia possibile vivere facendo dell’arte una professione. Non dovete credere a chi vi dice che sta finendo il periodo d’oro degli settanta-ottanta-novanta. La verità è che sentivo già questi discorsi venti anni fa, ma ho sempre lavorato con la musica e per la musica ed è proprio questa che mi ha ripagato di soddisfazioni. Io vivo di musica e credo che a chiunque sia dotato di talento debba essere riconosciuto il sacrosanto diritto di provarci, affinché riceva i medesimi riconoscimenti che io ho ottenuto, e che spero di avere ancora. Le note sono sempre li, nell’aria, bisogna solo prenderle e saperle mettere insieme, per creare qualcosa che non sia dimenticata troppo presto. Questo è possibile oggi come lo era ieri. Perciò non credete mai a quei vecchi tromboni - che possono avere anche vent’ anni – che asseriscono che non è più possibile vivere di musica: se avete idee e talento metteteli in mostra: sarà la vostra passione a far cambiare le cose!

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