Immaginate una tavola imbandita, poco elegante ma ricca di ogni ben di Dio, pietanze succulente dai sapori più particolari, profumi e colori che richiamano le diverse etnie del pianeta. Accomodatevi, Joe's Garage (Acts I, II, III) è servito. Partorito nel 1979 dalla mente geniale di Frank Zappa, è un'opera articolata ed originale, divisa in tre atti, un concept-album alquanto ironico per la storia contenuta al suo interno che lascia poco spazio all'immaginazione. Nel primo brano, una sorta di moralizzatore definisce la musica il male, intimando l'ascoltatore ad evitarla per non fare la fine di Joe, il protagonista del disco, un ragazzo che ama follemente suonare con la sua band in un garage. Da qui in poi le portate sono numerose e saporite, il racconto prog-psichedelico di Zappa si dirama in molteplici sfaccettature. Sono piccanti le principali tematiche di cui l'album è imperniato, condite da sesso in salsa humor. A tal proposito, è giusto citare brani come “Crew Slut”, autentico blues dal testo esplicito, “Stick It Out” dal ritmo allegro colorato da voci robotiche e “Keep It Greasey”, pezzo funky incalzato da un ammiccante basso elettrico. L'album, inoltre, è arricchito di numerose variazioni musicali, plasmate in suoni reggae e rock. Zappa è irriverente nei confronti dell'America perbenista, si prende gioco persino di Scientology (chiamata Applicantology nel brano “A Token Of My Extreme”), la setta che invita Joe ad accoppiarsi con delle macchine per sfogare i suoi istinti sessuali. Nell'ultima parte del disco la musica diventa illegale, il protagonista è smarrito e, in preda alla pazzia, si rifugia in un mondo intimo deliziandoci con dolcissimi pezzi strumentali, come in “He Used To Cut The Grass”, invitando poi la critica, nel brano successivo, ad evitare di scrivere inutili recensioni e dedicarsi a ben altro: la sodomia. La ciliegina sulla torta è “Watermelon In Easter Hay”, un sublime assolo di chitarra intrappolato nel denso miele di una poesia, la rappresentazione dei sogni di Joe, che stenta a credere di dover vivere in un mondo senza musica. Purtroppo la triste realtà incombe, il ragazzo si congeda dall'astratto dei suoi pensieri arrendendosi al presente, scegliendo quindi di lavorare in un laboratorio di ricerca sui Muffin. Lascia infine la scena al moralizzatore che esorta nuovamente il pubblico a non ascoltare musica, ovvero il male; il sermone sfocia in un'allegra ballata corale. L'album, dalla durata di 155 minuti, potrebbe risultare pesante se consumato tutto d'un fiato, ma con le dovute pause digestive, dona buon gusto al palato ed appagante sazietà. Concludo con una citazione contenuta nella canzone “Packard Goose”: E aggiungo: va mangiata con le mani: assaggiatela, vi stupirà. Voto 78/100 |
Frank Zappa – arrangiamenti, direzione, tastiere, canto Voce recitante(nel ruolo di Central Scrutinizer), chitarra
Anno: 1979
Act I Act II Act III
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