La stagione sinfonica 2022-2023 del Teatro La Fenice ha vissuto nella sera di sabato 7 gennaio (e in replica domenica 8) un momento concertistico sicuramente diverso, accolto con grande favore da parte del pubblico veneziano (tutto esaurito il teatro). È tornato infatti alla direzione dell’Orchestra della Fenice il Maestro olandese Ton Koopman, uno degli interpreti riconosciuti della prassi esecutiva barocca, sia come organista e clavicembalista che come direttore d’orchestra, e sia con strumenti d’epoca che moderni, ma anche un attento ed esigente frequentatore del repertorio musicale successivo, compreso quello romantico. Lo testimonia il programma del concerto, che ha coperto oltre cento anni, dal 1725 circa della Suite per orchestra n.4 in re maggiore di Bach alla sinfonia “Riforma” di Mendelsshon del 1830, passando per la “La Poule” di Haydn (1785).
Prima parte Johann Sebastian Bach - Suite per orchestra n. 4 in re maggiore BWV 1069 Franz Joseph Haydn - Sinfonia in sol minore Hob.I:83 “La Poule” Il filo conduttore della prima parte del concerto è la moda francese del ’700: musica “da ballo” gioiosa e brillante che si arricchisce nella suite n.4 di Bach di una declinazione particolare e sofisticata, e in Haydn di aggraziati elementi giocosi e ironici. Bach è in un certo senso l’elemento naturale di Koopman, la cui direzione espressiva e mobilissima (come testimonia la vivace mimica facciale) porta sensibilità esecutiva barocca all’Orchestra della Fenice, accompagnata per l’occasione al cembalo dalla clavicembalista Tini Mathot. La suite si apre con un’ampia ouverture caratterizzata dal magnifico movimento lento iniziale cui segue una pagina ritmata e gioiosa. Al centro le due bourrée, la breve gavotta e i due minuetti sono ricche di varietà, tra slancio e dinamismo ma anche momenti di lirismo composto, mentre la réjouissance finale chiude in modo frizzante e festoso l’intera suite. Se l’ouverture di Bach fu ispirata alla moda francese, la sinfonia n.83 di Haydn fu altresì interamente sviluppata secondo il gusto francese: scritta nel 1785 su commissione del Conte d’Ogny per conto della compagnia musicale “Le Concert de la Loge Olympique”, “La Poule” (la Gallina) fu la prima ad essere composta tra le sei sinfonie parigine di Haydn (anche se è numerata come seconda, subito dopo “L’Ourse”, l’Orso). La capitale francese tributò un grande successo alle sei sinfonie di Haydn, e vasto fu anche il loro successo all’estero, tanto che furono presto pubblicate ed eseguite da Vienna a Londra. Quanto alla n.83, il nome presto attribuitole si deve al fatto che l’elemento descrittivo animale consiste nella riproduzione, in certo senso onomatopeica, del verso della gallina, durante il secondo tema del movimento iniziale (Allegro). Il secondo movimento è costituito da un Andante intenso, forse la pagina più complessa dell’intera sinfonia, cui segue un Minuetto aggraziato; la sinfonia termina con il brillantissimo Vivace, salutato con ovazioni da parte del pubblico della Fenice: si può qui notare che il pubblico veneziano, pur molto applaudendo Bach, sia stato forse ancora più conquistato dall’esecuzione della sinfonia di Haydn. Seconda parte Felix Mendelssohn Bartholdy - Sinfonia n. 5 in re minore op. 107 “Riforma” Dopo la pausa il concerto è ripreso con la seconda sinfonia composta da Mendelssohn, la cui vicenda è degna di nota: è il 1829 e il giovane musicista, appena ventenne, desidera celebrare il Tricentenario della Confessione protestante di Augusta, che sarebbe caduta nel giugno del 1830; Mendelssohn completa la sua opera in tempo, ma il risultato lo lascia decisamente insoddisfatto, tanto da parlare di fallimento, vuoi perché ritiene il suo lavoro disomogeneo, con il grandioso corale finale che sembrerebbe non integrarsi alla perfezione nella sinfonia, vuoi perché non lo ritiene all’altezza del modello ideale dell’epoca costituito dalle sinfonie di Beethoven. L’opera di Mendelssohn dedicata alla Riforma protestante rimase così nel cassetto per ben 38 anni e fu pubblicata solo postuma, nel 1868, dopo le quattro sinfonie eseguite in vita dell’autore. Ancorché Mendelssohn l’abbia rinnegata, la sua “Riforma” ha altresì elementi di novità e sperimentazione importanti, e non solo per l’evoluzione del suo compositore. Il tema solenne della fede e della riforma spirituale è sviluppato in particolare nel primo tempo (un Andante che si trasforma in Allegro con Fuoco) e nel potente Corale finale basato sull’inno luterano “Ein feste Burg ist unser Gott” (Una Possente Rocca è il Nostro Signore) che subentra senza soluzione di continuità al quasi malinconico Andante del terzo tempo. L’interpretazione di Koopman della partitura “rinnegata” di Mendelssohn (che, sia detto per inciso, fu tra i primi a riscoprire l’allora dimenticato e sottovalutatissimo Bach) è risultata particolarmente felice, e tanto l’Orchestra quanto il pubblico hanno risposto con entusiasmo alla sfida, anche in un certo senso sperimentale, di rileggere pagine di repertorio moderno e romantico secondo la modalità esecutiva precedente.
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Ton Koopman
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