Gianluigi Trovesi è senza dubbio uno dei musicisti che potrebbero definirsi a ragione tra i più inclassificabili.
Clarinettista e sassofonista, membro della Italian Instabile Orchestra, compagno di strada e di scena di Pino Minafra, Enrico Rava o Paolo Damiani, si è accostato negli ultimi anni con successo ai movimenti Jazz Italiani più liberi e scevri da riferimenti definitivi. Ed in effetti Trovesi è artista libero come pochi. Libero di rivolgere affettuosamente la propria attenzione sulla musica dei suoi maturi idoli quali Josquin Desprez, o del genere barocco come Monteverdi, o di riproporre una melodia di Jacques Brel come Amsterdam, oppure di improvvisare con saggezza in trio in Serenata, Vaghissimo Ritratto. Con questa sua nuova opera, Gianluigi Trovesi ci introduce in un sogno lontano dal tempo e dagli stili. Vaghissimo Ritratto è infatti una espressione polisemica che calza perfettamente questo insieme di figure melodiche che si addensano per suggerire una architettura particolarmente preziosa. Un estremo raffinatamente concepito dai membri di un trio che non assomiglia a nessun altro ma che mantiene l'ascoltatore un pò a distanza. In effetti ciascuno dei tre artisti sembra a tratti fare prova di risparmio e la musica si dipana senza totalmente appassionare nonostante le enormi qualità dei membri del trio. Pianista e poeta, Umberto Petrin per l'occasione investe quest'universo sonoro e sviluppa l'arte del dialogo con un Gianluigi Trovesi che si limita al solo clarinetto alto. Ma è soprattutto Fulvio Maras che apporta tocchi di colore all'opera grazie all'impiego accorto e sottile delle sue percussioni ma anche di elementi elettronici. Vaghissimo Ritratto viene presentato come una sorta di musica da camera improvvisata. Una impressione ulteriormente rafforzata dall'affidamento alle cure della label ECM di Manfred Eicher che cura particolarmente la registrazione del suono valorizzando il riverbero, giostrando con le risonanze. Lo sforzo è apprezzabile anche se disvela talora una certa impressione di freddezza nonostante la qualità degli strumentisti e, in particolar modo di Gianluigi Trovesi che appare capace di condurci molto lontano in alcuni temi raffinati quale la lirica Far, Far Away. A margine di alcuni pezzi originali, i tre artisti recuperano frammenti di musica Italiana del Rinascimento, del diciannovesimo secolo, soprattutto Alfredo Piatti o dei nostri giorni, Luigi Tenco ed il già menzionato Jacques Brel e li manipolano, trasformandoli con particolare ingegnosità, attraverso il ricorso ad invenzioni ritmiche o armoniche, ed interpretazioni personali. Musica composta, rigorosa dallo charme quasi aristocratico anche se taluni potranno preferire Trovesi nella veste più rodata utilizzata alla guida del suo ottetto. |
Gianluigi Trovesi: Alto Clarinet Anno: 2007 |