The Green Field è un album che si sviluppa attorno alla scelta di Steve Khan di proporre una selezione reinterpretata di proposte musicali dei maestri del jazz contemporaneo accanto ad alcuni brani scritti interamente di suo pugno.
Khan ha dovuto attendere ben otto anni per poter dare corpo al suo progetto, non a causa di un inaridimento della sua vena creativa, quanto per cause legate alla difficoltà di rinvenire una label disposta a credere nella sua proposta. L'album è il risultato di una session della durata di due giorni, per l'occasione accanto a Khan figurano alla batteria Jack DeJohnette, al contrabbasso John Patitucci, mentre la sezione percussiva si rivela raffinatissima con Roberto Quintero, il grande Manolo Badrena e Ralph Irizarry. L'apertura dell'album è affidata a El Vinõn, pezzo dalla linea melodica obliqua, elaborato sapientemente dal drumming di DeJohnette e dalla chitarra solista di Khan il quale avvalendosi del prezioso contributo fornito dal walking bass di Patitucci, tratteggia il coinvolgente blues minore della quota improvvisata, reso più florido dai molteplici suoni della pioggia, delle onde marine, e dalle soluzioni percussive di Badrena. Ancora Patitucci si segnala per l'ottima interpretazione solista, attraverso la quale esalta le emozioni fornite dalla tonalità minore, salvo poi fare ritorno al tema nel quale la parte finale è affidata alla esaltazione di batteria e percussioni. Le sonorità di Patitucci sono rotonde, volutamente sminuzzata la grammatica scandita da DeJohnette, nitido il frasario musicale della chitarra di Khan, all'interno di una oscillante versione di Congeniality di Ornette Coleman: molto rispettosa la versione, soprattutto nei confronti della matrice bop e della modernità da sempre contenuta nella produzione Colemaniana, fucina dello slancio in direzione di scelte realmente avanguardistiche del jazz. Anche questa versione proposta da Khan risulta interessante perchè, pur prediligendo una opzione per molti versi più tenue, salvaguarda la disarticolazione dell'originale, muovendo attraverso fasi piene di lirismo ma anche all'interno di sfuggenti passaggi nella cornice articolata delle percussioni. Le parti ritmiche sono adesso assai curate, ridondanti le percussioni per Riot di Herbie Hancock, fanno da corollario al lineare cammino nell'inserimento del contrabbasso, anticipato dall'ondivago fraseggio scelto da Khan per l'occasione. Molto valido l'intermezzo lasciato a DeJohnette nel quale rifulge l'esaltazione delle pelli "acuminate", una sorta di recitato avvolgente che accompagnerà l'ascoltatore sino alla ripresa del tema iniziale e alla conclusione. Fist In Glove è invece un ficcante blues strutturato attorno alle ventiquattro battute con scansioni che muovono in più direzioni, la soluzione valorizza molto lo zoccolo duro costituito dal trio di base, ciascuno dei musicisti apporta un valore aggiunto collettivo e valido individualmente; Patitucci muove con sinuose improvvisazioni, DeJohnette valorizza l'irregolarità del suo stile mentre la chitarra di Khan preserva la scansione delle strofe cadenzate. Supera abbondantemente i sette minuti Cosecha Lo Que Has Sembrado, pezzo dalle colorate frazioni percussive, ora sono in levare gli accordi scelti dalla sei corde di Khan, oscillante il contrabbasso, avvinghiate le cadenze, insistente è il martellare di timbales e congas: il pezzo, scritto anch'esso da Khan è un chiaro invito alla liberazione dell'estro dei suoi amici musicisti. Verso la conclusione si assiste ad una modificazione metronomica del contrabbasso di Patitucci che trascina gli altri jazzisti nella evaporazione del brano. Sanctuary conduce in un clima straniante, le note di Patitucci vengono raddoppiate vocalmente da Badrena, ora sono in battere gli accordi scelti dalla chitarra di Steve Khan, sui quali si spandono le sonorità aperte dei cymbals di DeJohnette. Muta lo scenario per l'apertura di Nefertiti di Miles Davis, leader la chitarra per una integrazione lampante delle progressioni di cui il trombettista fu protagonista assieme a Wayne Shorter, cornice affidata alle salsa per percussioni e tamburi della sezione ritmica. Swing abbondante per Eronel, questa volta le tracce di Khan sono lineari, più melodico con mutazioni nel tema il solo del contrabbasso, per giungere all'altro pezzo latin con You Stepped Out of a Dream, più massiccio e flessibile nel contrappunto mentre la title track The Green Field - El Prado Verde è quasi una sintesi della costruzione dell'intero lavoro, c'è ancora posto per batteria e percussioni, da principio lievi poi ascendenti e ricche di accentazione su cassa e rullante, circa venti minuti manifesto dell'impegno di jazzisti intenti a costruire il proprio spazio musicale all'interno di una struttura/contenitore più composita. |
Steve Khan: Guitar Anno: 2005 |