L'esperienza maturata da Doug Johns in circa 25 anni di numerose partecipazioni e collaborazioni sfocia in questo debut-album solista che può essere considerato, senza dubbio, il punto di congiunzione di molteplici ambienti musicali tra i più variegati.
Doug respira infatti nel suo lungo percorso aria soul, jazz, blues ma anche quella più frizzante rock e funky. Soprattutto di quest'ultima si appropria, e come ognuno potrà notare, scorrendo tutti e 17 i brani, è da essa che trae potenza e vigore compositivo. Il basso di Johns possiede notevoli sfumature cromatiche che gli permettono di spaziare dai ritmi più propriamente funk, per approdare con notevole disinvoltura ai canoni jazz, fino a sperimentare suoni più per così dire acidi, e che a volte possono avvicinarsi ai tocchi di Les Claypool. Pimpasaurus Rex apre l'album con un piglio decisamente forte ed estremamente dinamico, elemento che non manca praticamente mai in nessun brano. In questo pezzo inoltre, Doug ricorre alla preziosa partecipazione di Joe Miller, Kenny Anderson e di Victor Wooten in " The Claw ". Il basso come ci si può aspettare fa da linea guida per tutti gli altri strumenti ed è letteralmente in grado di trasformarsi come un camaleonte in molteplici forme. Johns passa infatti dalle linee più marcatamente sincopate come in Frog on My Face,HPP, Hippobottomus a quelle più morbide jazzate come in Sunrise,Sunset fino ad arrivare alle trame rock molto dure come in Big Two Headed Monster dove opta per una soluzione sonora piuttosto sperimentale, per arrivare da ultimo alle movenze soul come in Are You Free? Doug si cimenta anche in una piccolo riarrangiamento molto originale di Stairway to Heaven, recuperandone il motivo principale e creandone un piccolo momento di improvvisazione e scherzo. Degno di nota è Chez Funk, ove Johns si ritaglia uno spazio compositivo sperimentale sfruttando solamente il montaggio di loops e di refrain e dando vita ad un solo molto intenso e allo stesso tempo ricco di tocchi corposi che mostra in toto le qualità tecniche di questo artista e che in qualche modo, con le dovute precauzioni, ci potrebbe rimandare col pensiero alla soluzione adottata in Tutu di Miles Davis. Un'ultima nota riguarda Indian Summer, brano che rispecchia ampiamente le qualità e l'approccio compositivo sentito di Doug Johns, tale da produrre una trama sonora davvero "poetica" quasi come un dipinto i cui colpi di "pennello-basso" ci restituiscono la vista di un paesaggio rilassante per occhi ed animo, già soltanto per questo, il lavoro di Johns merità di essere gustato fino in fondo. |
Doug Johns: Basso Anno: 2006 |