Home Recensioni Live Orchestra del Teatro Comunale - Bologna, Auditorium Manzoni, 30 Marzo 2023

Orchestra del Teatro Comunale
Bologna, Auditorium Manzoni, 30 Marzo 2023

Dopo la recente apprezzata direzione della Madama Butterfly di Puccini e del gala Verdiano, sul podio dell'Orchestra del Comunale torna il direttore israeliano Daniel Oren per un programma radicato nella tradizione musicale ebraica e in parte legato al tema della danza.

Melodia tra le più conosciute nella cultura ebraica, la preghiera del Kol Nidrei, nella declinazione di Max Bruch, apre tradizionalmente alla espiazione durante lo Yom Kippur attraverso una analisi personale del comportamento osservato durante l’ultimo anno e invita i fedeli ad elaborare migliori propositi per quello venturo domandando perdono a tutti coloro che potrebbero aver patito una offesa. Origina con una melodia liturgica implorante che rispecchia le tre fasi del pentimento (rimorso, determinazione e trionfo); Bruch spezza la linea melodica originale in gruppi di tre note, ciascuna separata da un soffio musicale o sospiro. La musica è grave, fervente, meditativa, dolente. Cantata dalla ricca voce baritonale del violoncello solista, riecheggia attraverso le volte più oscure dell'orchestra. Procedendo dapprima da una ricca semplicità a variazioni più apertamente agili, ritorna infine a quella linearità iniziale, che risuona di una solennità senza tempo in grado di trascendere la mera religione. Per certi versi, come per l’ouverture di Prokofiev, non tenta di preservare a lungo un'atmosfera "ebraica", dirigendosi rapidamente nel mondo sonoro di Schumann e della Germania della metà del XX secolo, soprattutto quando vira verso la tonalità maggiore. Solista e direttore dipingono la musica con i colori più pieni di sentimento e sensibilità. Francesco Maria Parazzoli riesce a infondere carica, mutamento espressivo e un senso struggente di commozione nella linea melodica discendente eseguita dal violoncello e nell'ascesa fino all'ultima nota di Mi nell'estensione del violino; l'ascoltatore è catturato mentre il violoncello canta con vibrato sicuro e dolce. Assottiglia magnificamente la prima nota del pezzo e sfuma quella che precede ogni pausa o conclude una frase, senza che il vibrato risulti algido o perda calore disperdendo il senso della linea. Sicura e di ampio respiro risulta anche la larga frase cantabile della seconda sezione, supportata dall’arpa e dai pizzicati degli archi, variata da raffinati passaggi in sedicesimi. Bello il tono ricco e corposo, il colore brunito e il suono intimo dei pianissimo; il timbro delle corde inferiori risulta puro e mai aspro. L’esecuzione è caratterizzata da un approccio romantico sempre misurato e fornisce continua direzione alla musica attraverso una ricercata variazione della ampiezza del vibrato e un impiego molto curato, quasi mistico, dei portamenti.

Tre salmi che hanno forti risonanze nel culto e nella cultura cristiana sono invece alla base dei Chichester Psalms di Bernstein; riconducendoci alle loro origini ebraiche ci ricordano altresì l'eredità condivisa attraverso quelle che erroneamente riteniamo essere barriere religiose e culturali e ci invitano con grande attualità alla pacificazione. La direzione di Oren nei Salmi è stata esplosivamente dinamica, quando necessario, e dolcemente eloquente negli inni corali rendendo bene nel primo movimento, grazie ai tempi vivaci, il senso di urgenza, asimmetria ed instabilità alimentato dal non convenzionale 7/4 (e in seguito dal 10/4) non semplicissimi per cantanti e coro ben preparati da Gea Garatti Ansini. Nel secondo movimento, lo Scherzo inebriante e mordace preannuncia chiaramente gli echi melodici che saranno in proiezione di West Side Story. La sezione finale versa di riconciliazione e pace, ma l'amara oscurità degli archi suggerisce trattarsi di una armonia tormentata, colma del timore che ogni equilibrio si sgretoli. Il corale finale "Quanto è buono e com’è piacevole perché i fratelli dimorino insieme" è stato cantato in modo molto semplice, con uno straziante assolo di tromba che ondeggiava sopra il testo. Il Salmo 23, "Il Signore è il mio pastore", cantato da voci acute e solisti, è risultato calorosamente consolante, fino a quando tenori e i bassi non hanno lasciato irrompere lo spettro della guerra con implacabile ferocia. La breve sezione del quartetto soprano, contralto, tenore, basso nel finale è stata di assoluta chiarezza, così come il bel finale a cappella. L'orchestra, guidata da Oren, ha suonato con verve e attacco; ritmi sincopati e passaggi canonici sono risultati saldamente allineati e gli ottoni al loro meglio specialmente nella sezione finale dell’Allegro ma non troppo. La tripla F di Bernstein viene temperata e le percussioni smussano la barbara spavalderia della iconica registrazione del compositore. Nel bellissimo secondo movimento, il tono centrato e la chiara dizione della voce bianca Michelangelo Guidotti hanno regalato una lettura eterea del Salmo 23. Gli archi appassionati iniziano il terzo movimento libero e intenso, ma lasciano in seguito spazio a una gentile preghiera per la pace, che conduce a un finale sommesso.

Un Americano a Parigi è un vortice apparentemente straniante di invenzioni colorate e rapsodiche che descrive le esperienze di un visitatore nella capitale francese romantica un tempo mecca per i giovani compositori d’oltreoceano. “Apparentemente”, dicevamo, perché c'è un grande ordine nel caos dell'immaginazione iperattiva di Gershwin. Il pericolo quando si maneggia questo materiale è di fornire una esecuzione che può risultare troppo “parigina” e poco “americana”, e viceversa, o smarrirne lo swing. Nel condurre l’orchestra, Oren rifugge i rischi della sguaiatezza dirigendo con impeto e tempi mossi, ma offrendo una performance brillante, disinvolta, a tratti anche divertente e riuscendo a catturare i vari stati d'animo di un visitatore affascinato dai vivaci panorami e dalla vita di strada, dalla città e dalle luci, ma anche piegato dalla nostalgia di casa. Mette in luce la brillantezza multiforme dell'orchestrazione a più livelli di Gershwin con una valida interpretazione dei suoni del traffico in una città frenetica tra clacson di taxi che spiccano per tonalità leggermente diversa dagli ottoni. L'orchestra bolognese sviluppa bene il crescendo e scende in malinconia nel passaggio dal charleston all’intimo tema blues; il tramonto del sole, segnalato dalla cadenza dolente ed appassionata del violino di Emanuele Benfenati, conduce al celebre passaggio "blues" - bene anche il vibrato della tromba solista - evocando allo stesso tempo il romanticismo della notte parigina e il coinvolgimento dello straniero. Ritmi decisi puntati di note brevi e lunghe alternate e brevi soli per l'insolito accostamento di violino e tuba impostano la vivace conclusione che recupera efficacemente la melodia di apertura.

Il Boléro, si sa, è un lungo crescendo orchestrale basato esclusivamente su una cellula di due battute; non si sviluppa attraverso la melodia o la tonalità e può garantire interesse solo grazie ad una attenta gestione di timbri, trame e dinamiche e alla personalità interpretativa dei solisti. Oren ne dirige una buona versione in chiusura del concerto, costruendo gradualmente la struttura dal pianissimo, nel quale il rullante è quasi una leggera pulsazione cardiaca e il flauto sottile come nebbia, fino al climax, dove la modulazione spariglia le carte e le misure sono fortemente scandite da ottoni ringhianti e dall’improvviso accordo dissonante di chiusura, anche se, a tratti, la resa complessiva appare un po’ troppo fluida e legata. Tanti applausi comunque per un ottimo concerto e bis per il finale di Ravel.

 

Foto: Andrea Ranzi

 


Daniel Oren

direttore

Francesco Maria Parazzoli

violoncello

Gea Garatti Ansini

maestro del coro

Michelangelo Guidotti

voce bianca

Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna


musiche di:

Max Bruch

Leonard Bernstein

George Gershwin

Maurice Ravel

 

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