La "Sinfonia Classica" di Prokof'ev, omaggio affettuoso ma spensierato ad Haydn, ha una costruzione tradizionale nei suoi quattro movimenti e da Haydn medesimo mutua l'orchestrazione per fiati accoppiati senza tromboni.
Anche i tratti caratteristici dello stile sinfonico pre Beethoven sono frequenti: molte scale e arpeggi, salti di ottava, trilli e abbellimenti, improvvisi cambi di dinamica dal piano al fortissimo, ripetizioni. Tuttavia Prokof'ev calca deliberatamente (e delicatamente) la mano innestando soluzioni armoniche inaspettate ed estremamente moderne, soprattutto nel terzo movimento. Dinamico e frenetico il movimento di apertura, ben reso il bellissimo secondo movimento caratterizzato dal lirismo degli archi pizzicati e dai chiaroscuri di fiati ed ottoni. L’esecuzione denota carattere ed è molto fedele nelle dinamiche e, soprattutto il Larghetto, ondeggia nel pianissimo mentre i ritmi di danza sono ben eseguiti soprattutto nella tipica esitazione viennese dei tempi in levare della Gavotta tratteggiata dal goffo incedere del fagotto e dalla giustapposizione delle triadi maggiori in forte contrasto. Gran finale con esplosione di suoni ed energia controllati dalla direzione. Le quattro canzoni del potente ciclo "Canti e danze della morte" di Mussorgsky, prive di orchestrazione per scelta del compositore, rappresentano un capolavoro della tradizione musicale affrontando il tema della morte con tratti iconici e sorprendente profondità letteraria. Sia Glazunov che Rimsky-Korsakov hanno tentato la strada dell’orchestrazione, anche se soltanto nel 1962 con Šostakóvič si è giunti ad esiti di estremo interesse con l’inserimento nella partitura di scelte di assoluto livello quali l’impiego degli archi nella “Ninna Nanna”, di flauto ed arpa nel “Trepak” e delle percussioni nel “Condottiero”. Ma un aspetto estremamente interessante è la rinascita nel 1969 di Canti e danze della morte nella Quattordicesima Sinfonia di Šostakóvič strutturata su undici movimenti il cui tema principale è proprio la conclusione prematura dell'esistenza. Le quattro canzoni trattano tutte il tema della morte e di come essa reclama le sue vittime secondo consuetudini sin troppo familiari nella Russia del XIX secolo: quella di un bambino, la vita di una giovane donna bruscamente spezzata, una fatale disavventura annebbiata dall’ubriachezza e le conseguenze di un terribile battaglia. Nella esposizione delle quattro canzoni, la direzione di Korchak riesce ad evidenziare attraverso l’orchestra il movimento inesorabile verso il trionfo della morte enfatizzando il carattere psicologico oscuro del ciclo. Vasilisa Berzhanskaya possiede calore di tono e agilità di voce promettendo nella maturità di raggiungere i ruoli di mezzosoprano eroico. La sua voce presenta registro ampio e nel medio è ben controllata, le note alte sono sicure ed appare dotata di un bel timbro scuro e ricco, accenti forti, tecnica eccellente e trilli naturali. Il mezzosoprano ha delineato i personaggi, il freddo ed il terrore dell’opus con precisione e intensità muovendo dalla voce di petto ai climax squillanti soprattutto nel conclusivo “Condottiero”. Korchak, tenore apprezzato, ha dimostrato come direttore di avere idee chiare e gesto sicuro. Ne è sortita un’interpretazione con tempi ben scanditi e mai inutilmente precipitosi e fraseggio ben cesellato. Puntuale ed equilibrata la definizione del suono da parte dell’orchestra. Conclusione con la discussa e poco eseguita "Sinfonia n.12 in Re minore" che Šostakóvič fu incaricato di scrivere per commemorare Lenin e la Rivoluzione del 1917; per molti aedo della nomenclatura, riluttante a soddisfare le aspettative dello stato sovietico, in realtà adottò esattamente l'approccio opposto e scrisse la sua sinfonia più programmatica con la sua tecnica raffinata per evocare brillantemente le atmosfere e gli eventi della rivoluzione, evitando così di dover fare commenti personali su di essa o sui suoi leader. I primi due movimenti, in particolare, sono strutturati in modo efficace e, cinematicamente, emozionanti e piuttosto suggestivi. Il finale, in particolare la sua coda, è un esempio così smaccatamente eloquente del trionfo del realismo socialista che può essere accettato solo come una parodia. Korchak guida con energia il primo movimento nel quale gli ottoni sono molto esposti durante l’apertura, dall’attacco dei contrabbassi alla coinvolgente prima affermazione del tema corale e durante il terzo movimento di transizione, "Aurora". Efficace anche la profondità nel "Razliv" del secondo movimento, una rappresentazione dell'esiliato Lenin che contempla la sua prossima mossa, nella processione di assoli strumentali con cui il movimento sfuma nell'emozionante "Aurora". Direzione ed orchestra disegnano efficacemente anche le esagerazioni dell’”Alba dell’umanità” nella sua fiammeggiante coda finale. L'esperienza operistica di Korchak ha sicuramente contribuito a comunicare l’intensità meditativa della composizione. Pungenti i movimenti esterni, con timpani e rullante che hanno garantito una spinta marziale e più meditativi gli interni nei pizzicati di violoncelli e contrabbassi e nelle linee serene suonate dai solisti di corno francese e tromba. Molto sottovalutata, la dodicesima meriterebbe un maggiore ripensamento. |
Dmitry Korchak
direttore
Vasilisa Berzhanskaya
mezzosoprano
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
musiche di:
Sergej Sergeevič Prokof'ev
Modest Petrovič Mussorgskij
Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič
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