La resistenza delle donne
Milano, Teatro Carcano, 25 aprile 2025

Benedetta Tobagi ci consegna un saggio di consistente rilevanza storica e civile, che dà voce a una sfera defilata della Resistenza italiana, ancora oggi insufficientemente valorizzata: quella delle  donne.
Attraverso una esposizione coinvolgente e rigorosa, l'autrice incasella le vicende delle numerose e impavide che, durante la Seconda Guerra Mondiale, scelsero di opporsi al fascismo, contribuendo in modo latente ma determinante alla lotta per la libertà.
Il reading a troi, accompagnato da una sofisticatissima fisarmonica (Giulia Bertasi) si distingue per l'ampio utilizzo di fonti archivistiche, tra cui fotografie e testimonianze raccolte in oltre quarant'anni di ricerche, che permettono di restituire un'immagine vivida e autentica delle protagoniste. 
Benedetta Tobagi, Arianna Scommegna e Giulia Bertasi riescono a intrecciare le storie individuali in un racconto corale che mette in luce l'inimmaginabile gamma di esperienze  muliebri di compatto e sfaccettato ostracismo al regime: dalle staffette alle combattenti armate, dalle lavoratrici alle intellettuali, tutte accomunate da un profondo senso di giustizia e autodeterminazione. 
La forza del racconto risiede anche nella capacità di coniugare il rigore della ricostruzione storica con una profonda empatia verso le protagoniste, offrendo al lettore e agli astanti in sala, una fruizione coinvolgente, a tratti scanzonata e spesso toccante.
Il riconoscimento del Premio Campiello 2023 conferma il valore di quest'opera, che rappresenta un necessario contributo, fondamentale alla memoria collettiva e alla comprensione del ruolo delle donne nella storia italiana. 
Durante l’ultima fase della secondo conflitto bellico mondiale, tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, l’Italia visse una drammatica cesura storica: la guerra civile e l'ostruzionismo sistemico al nazifascismo. 
In questo contesto tumultuoso e cruciale, le donne italiane, troppo spesso dimenticate dalla narrazione ufficiale, agirono sotto traccia come protagoniste coraggiose e imprescindibili del movimento resistenziale declinando un maternage che, in questo contesto, travalicò la dimensione  privata e domestica per assumere una valenza politica e collettiva di cura come azione sovversiva, che sfida l’ordine imposto non solo accogliendo e sostenendo, ma anche occultando, salvando le vite mentre si combatte per cambiarle.
Molte fra loro offrirono rifugio a partigiani, ebrei, ricercati politici, cucinarono, curarono feriti, ospitarono riunioni clandestine. Alcune crebbero figli propri e di altri in clandestinità, assumendo una maternità allargata, solidale. 
In questo senso, il maternage resistenziale fu un gesto di insubordinazione civile, radicato nella tradizione ma proiettato verso un’idea nuova di società.
Le attiviste non si limitarono a svolgere ruoli di supporto: molte abbracciarono consapevolmente la lotta antifascista, motivata da una profonda coscienza politica, un’etica della giustizia e un forte desiderio di emancipazione. Attraverso la loro azione, contribuirono in maniera determinante non solo alla liberazione nazionale, ma anche alla ridefinizione del ruolo femminile nella società italiana. 
Le forme dell’impegno furono molteplici: le staffette partigiane, spesso giovanissime, attraversavano montagne e città con messaggi, armi e viveri, rischiando la vita in ogni istante. Altre parteciparono attivamente alle azioni di sabotaggio, all'organizzazione di scioperi, all'assistenza sanitaria clandestina e alla protezione di ebrei e perseguitati politici. Alcune scelsero le armi, diventando combattenti a pieno titolo nei ranghi delle brigate partigiane.
Fu anche grazie all’opera delle attiviste che nacquero i primi nuclei di democrazia dal basso, in cui la solidarietà, la condivisione e la determinazione collettiva si opponevano alla brutalità del regime. 
Il loro contributo, tuttavia, fu spesso ridotto nel dopoguerra a una funzione ancillare o perduto nell'oblio collettivo, nonostante l’impegno di molte storiche e intellettuali nel restituirne il giusto rilievo.
La Resistenza fu per queste donne un'esperienza totalizzante: un momento di consapevolezza politica e civile, ma anche di emancipazione personale, in cui parecchie scoprirono la propria voce, la propria forza e il diritto a essere protagoniste della storia. Un’eredità preziosa che ancora oggi interroga la memoria storica del nostro paese.
Citeremo alcuni dei nomi emblematici che hanno incarnato lo spirito della lotta all'oppressione italiana, con brevi cenni delle loro storie.
Teresa Mattei, eletta all'Assemblea Costituente nel 1946, fu una delle più giovani e attive partigiane. Raccontò, come aneddoto simbolico, di aver indossato il rossetto una sola volta nella sua vita, per mettere una bomba, metafora del suo impegno nella lotta antifascista. Virginia Tonelli, conosciuta come "Luisa", fu arrestata e torturata nella Risiera di San Sabba, campo di concentramento italiano. Dopo dieci giorni di torture, fu arsa viva per essersi rifiutata di parlare.  
Tina Anselmi, con il nome di battaglia "Gabriella", partecipò attivamente come staffetta partigiana. Dopo la guerra, intraprese la carriera politica, diventando la prima donna a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro e della Sanità in Italia.
Ada Gobetti, intellettuale e antifascista, diede il suo contributo attraverso l'azione politica e l'impegno culturale. Dopo la guerra, fu tra le prime donne a essere elette nel Consiglio comunale di Torino
Irma Bandiera, giovane bolognese, spiccò per il suo coraggio e il suo sacrificio. Catturata e torturata dai fascisti, non rivelò informazioni sui suoi compagni e fu uccisa. 
Ida D’Este, fu una staffetta partigiana veneziana, attiva nella Resistenza durante la Repubblica Sociale Italiana. Il suo compito principale era quello di trasportare messaggi, armi e informazioni tra i gruppi partigiani, spesso in bicicletta, sfidando il rischio costante di perquisizioni, arresti e torture. Celebre per il suo spirito ironico e la lucidità, Ida stilò due elenchi semiseri nei quali elencava le qualità indispensabili per una staffetta: tra queste, "saper andare in bicicletta", "saper tacere" e "ispirare fiducia anche senza parola d’ordine".  Dopo la guerra, il suo impegno continuò nel campo dell'attivismo e della memoria, affinché il contributo delle donne nella Resistenza non venisse dimenticato.  Nel gennaio del 1945, Ida fu arrestata dalla famigerata Banda Carità a Padova e sottoposta a violenza a Palazzo Giusti. Successivamente, venne deportata nel campo di concentramento di Bolzano, dove rimase fino alla Liberazione. Le sue esperienze sono narrate nel libro Croce sulla schiena, pubblicato nel 1953, in cui descrive con lucidità e ironia le difficoltà affrontate come staffetta e le atrocità subite durante la prigionia.
Fragoroso l'applauso finale annesso di commosso coro popolare intonato all'unisono dalle protagoniste e dal pubblico.



La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 25 aprile 2025



La resistenza delle donne

con Benedetta Tobagi
Arianna Scommegna e Giulia Bertasi
ispirato all’omonimo libro di Benedetta Tobagi
musica Giulia Bertasi
regia Lorenzo Pavolini
drammaturgia Lorenzo Pavolini e Benedetta Tobagi
coproduzione Intesa Sanpaolo e The Italian Literary Agency
line producer Elisa Brivio
fonico Gianluca Patrito
BPER sostiene il teatro al femminile

Tratto dal libro La Resistenza delle donne di Benedetta Tobagi, pubblicato da Giulio Einaudi Editore, lo spettacolo dà voce e volto alle donne che furono protagoniste della Resistenza: prestando cure, combattendo in prima persona, rischiando la vita.
A partire da una selezione di immagini fotografiche (individuate in collaborazione con l’Istituto per la Storia della Resistenza di Torino) e attingendo alla memorialistica e alle testimonianze, Benedetta Tobagi fa rivivere le storie di quelle donne troppo spesso dimenticate, in un reading teatrale che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile.
La storia delle donne italiane ha nella Resistenza e nell’esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il più importante. In dialogo con l’attrice Arianna Scommegna, che ridà voce alle protagoniste a partire da testimonianze originali, Benedetta Tobagi la ricostruisce e la mette in scena facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile e di scrittrice. La drammaturgia è realizzata in collaborazione di Lorenzo Pavolini, già autore dello spettacolo M. Il figlio del secolo, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati.
Lo spettacolo ripercorre in modo storicamente documentato e insieme poetico un mosaico di esperienze tra loro diversissime, dal settembre 1943 alla fine della Seconda guerra mondiale. Storie di vita in larga parte consegnate al silenzio nei decenni successivi – perché troppo anticonvenzionali o dolorose – in cui sempre l’impegno politico si mescola a una dimensione intima: nel prendere posizione contro il nazifascismo le donne si trovano a sfidare pregiudizi e vincoli ben più antichi, spesso dolorosamente radicati dentro di loro, a ripensare cosa significhi essere donna, o madre, al significato delle relazioni d’amore e di cura.
Il racconto vivido delle vite delle Resistenti fa affiorare interrogativi e questioni relative al ruolo della donna, ancora oggi importanti: il maternage di massa, la questione della scelta, la tradizionale invisibilità femminile che diventa punto di forza, le tradizionali funzioni di cura che sublimano in forme di lotta, l’esperienza concreta delle “staffette”, l’esperienza carnevalesca delle ribelli che ribaltano e sfidano le convenzioni sociali, i feroci pregiudizi e le malelingue contro quelle che vivono la promiscuità in “banda”, la smania o il rifiuto di prendere le armi, l’esperienza del corpo e dell’eros – sempre sottaciuta dietro il racconto ufficiale in cui alcuni si sposavano, e per tutte le altre “si era come fratelli, per carità” – le esperienze indicibili della tortura e dello stupro, la tristezza, accanto all’entusiasmo, che accompagna la Liberazione, i silenzi e le troppe deformazioni, retoriche o ipocrite, dell’esperienza delle partigiane...
Lo spettacolo intreccia voci diverse e privilegia figure meno note rispetto alle future “madri costituenti” e alle protagoniste più famose, per restituire il senso di quella che fu un’esperienza autenticamente popolare e trasversale rispetto alle classi sociali e alle culture politiche.
Dalla «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un’identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca il riscatto da un’esistenza di miseria e violenza. Da chi nell’aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi è in cerca di vendetta. Fino alle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un’inedita libertà nel vivere il proprio corpo) e alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe.
Sul palco Benedetta Tobagi è in scena con Arianna Scommegna, che emerge dal buio per dare voce ai brani di memorie, diari, lettere e testimonianze che intercalano il racconto. Le accompagna Giulia Bertasi alla fisarmonica. Alle loro spalle, su un grande schermo, vengono proiettate le fotografie che stimolano e dialogano col racconto (fonte: comunicato stampa).



Teatro Carcano
Corso di Porta Romana, 63,
20122 Milano
tel: 02 55181362
E-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.


Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin”. Se vuoi saperne di più sull’utilizzo dei cookie nel sito e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostra informativa estesa sull’uso dei cookie .

Accetto i cookie da questo sito.