Era il 2004 quando a Foligno, precisamente in Via Siena, nasceva L'uomo di Vetro, frutto della mente di Giacomo M. e Fabio P..
I due fondatori costituiranno nel 2005 la line-up definitiva, formata in tutto da sei componenti, di questa band post rock caratterizzata da un sound molto innovativo e soprattutto suggestivo. Sono evidenti le influenze musicali degli irlandesi Mogway, dei Giardini di Mirò, ma anche dei The Cure e in particolare dei Godspeed You! Black Emperor; non per questo però si trovano a scimmiottare questi gruppi, bensì ricercano sempre nuove sonorità che fanno di loro una band esclusiva. Dopo l’esordio del primo lavoro Merry Christmas, esce l’album 38° parallelo (dal nome del parallelo che divide la Corea del Nord dalla Corea del Sud), in cui viene perfezionato il loro metodo di composizione polifonica, non escludendo il fattore naturalezza con cui questi artisti riversano se stessi nel realizzare i loro brani. 38° parallelo inizia proprio con un breve intro eponimo, che subito, ascoltando la pioggia che cade, ci fa entrare in un altro mondo. Le chitarre fanno da padrone in “American Nightmare”, dove le melodie si incrociano e creano un’atmosfera sognante come avviene nel brano successivo “Techno bells & funeral party”. Qui il sound è reso ancor più malinconico dal suono dei campanellini e dalle armonie giustapposte ogni volta in modo diverso. In “Deserto” vi sono pochi accordi, talvolta distorti ma efficaci e il ritmo ben scandito ricorda vagamente quello dei passi fatti in una stanza vuota. Mentre in “Smog” sono presenti tratti elettronici, soprattutto nell’ultima parte, e le linee ritmiche si fanno più pesanti e nervose, nel brano “1984 The end is just the beginning” prevale un’atmosfera noir, la stessa atmosfera che caratterizza un po’ tutto l’album. Non si può parlare de L’uomo di Vetro senza sottolineare il fattore cinematografico che influenza la loro musica (basti pensare al nome stesso della band). E’ proprio la traccia successiva che riprende il titolo di un film del grande neorealista Rossellini, “Germania anno zero” : voci di bambini, accompagnate dalle dolci note di un pianoforte, aprono la canzone. E’ come se il tempo fosse tornato indietro e gli echi del passato sfumano nelle malinconiche melodie del pianoforte, che fa da protagonista. In “Make up the rules as we go along” si può trovare un vero e proprio dialogo tra le varie parti strumentali che giocano su differenti variazioni compositive. Questo ensemble dà quel tocco di originalità che contraddistigue L’uomo di Vetro. Last but not least “Peckinpah’s twilight” : gli effetti musicali trasportano l’ascoltatore in una dimensione lontana, dapprima indefinita, ma che in seguito si arricchisce sempre più grazie al sapiente uso delle percussioni e al crescendo finale. Suggerimento: questo è un album da ascoltare ad occhi chiusi per viaggiare meglio con la mente ed entrare in un mondo onirico fatto di musica e poesia. 80/100
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Giacomo M.: Basso Anno: 2010 |