Band nata nell’autunno del 2008 in provincia di Brescia, i componenti provengono da un precedente progetto musicale, gli Spiral, dal quale però Jerome, Luca e Marco sentono di dover evolvere in direzione di sonorità più aggressive.
Il terzetto propone cinque brani strumentali, all'interno dei quali tenta di sperimentare diverse soluzioni stilistiche pur mantenendo uno stile dai contorni rock. Durante l'ascolto possiamo largamente riconoscere le svariate influenze dei tre musicisti, si passa da riff acidi e ritmati che ricordano sonorità anni '70 a ballate dal sapore post - rock, passando anche per sezioni più pesanti e sincopate Tool - oriented e condendo il tutto con continue fusioni elettroniche. La musica dei Kailas riesce sicuramente a portare l'ascoltatore all'interno del mondo dei tre ragazzi bresciani, che sembrano voler dire la loro a tutti i costi a volte scapito di una certa fluidità musicale e di una maggiore ricerca stilistica. I momenti migliori del disco infatti sono quelli in cui il gruppo abbandona le sonorità più dure , che peccano spesso in originalità, e si lasciano andare a momenti più introspettivi, prediligendo synth, chitarre pulite e linee di basso più delicate, basso che risulta il vero fiore all'occhiello del gruppo in un paio di occasioni. Le canzoni, anche a causa della loro durata, risultano poco omogenee ed alternano parti sicuramente molto notevoli ad altre mediocri. La struttura dei pezzi risulta infatti a volte poco spontanea e la risoluzione dei momenti musicalmente più concitati spesso non è eccessivamente brillante, specialmente negli occasionali interventi solistici di chitarra e nelle fusioni tra i diversi generi di riferimento, troppo marcate. In “Anopticon”, ad esempio, abbiamo uno dei picchi musicali del lavoro, con un crescendo musicale prettamente elettronico molto avvolgente, che però sfocia in un finale dai toni hard rock che risulta eccessivamente innaturale. Ciò accade altre volte all'interno dell'album, soprattutto quando le esplorazioni stilistiche intraprese convergono perentoriamente verso quel sound graffiante, ma elementare, che fa da perno al disco. I nostri comunque non mancano di sfornare pezzi di alto spessore come l'introduttiva e sognante “Leviathan”, e la conclusiva “Anthea” mistica e piacevolmente malinconica; forse i migliori brani fra i cinque che compongono l'opera. In definitiva i Kailas propongono un disco caratterizzato da continui alti e bassi, con una formula musicale sicuramente non troppo moderna ma che non manca di episodi significativi e tocchi di classe, piacerà sicuramente agli amanti di un certo tipo di rock dal sapore retrò e autoreferenziale, ma scontenterà chi fa dell'innovazione il proprio principale criterio di ricerca. 64/100
|
Jerome: Batteria Anno: 2010 Sul web: |