I Great Master sono una formazione veneziana di notevole esperienza; nonostante ciò, il recente Underworld è il loro primo album completo che giunge dopo due demo pubblicati dal gruppo negli anni ’90
Il disco, in confezione digipack, presenta una copertina di stampo fantasy, che raffigura una ragazza nuda che si serve di una torcia per illuminare il proprio cammino all’interno di un bosco in una notte di luna piena, visto che si accinge ad entrare in un antro che in realtà, osservando meglio, altro non è che la bocca di un mostro dagli artigli minacciosi. Il libretto, elegantissimo e curato nei minimi dettagli, contiene le foto dei musicisti ed i testi, tutti di stampo epico-fantastico o strutturati su riflessioni personali. Il CD, formato da brani medio-brevi, dura quarantacinque minuti ed inizia con gli effetti tastieristici e la malinconia di “Eagles of 20th”, ma anche il successivo “Land of No Return”, che sfrutta brevi passaggi recitati, risulta piuttosto malinconico; dopo il duro “Ghost Ship” si passa all’orecchiabile e compatto “The Battle of Lost Heroes”, aperto in modo significativo dal campionamento di nitriti di cavalli ed echi di battaglia. Dopo lo strumentale “Millenium”, dotato di qualche venatura epic che si sviluppa verso un solismo di chitarra altamente melodico, è il turno del pesante “King of the Night”, sul quale spicca un coro in un frangente epico e marziale. Il veloce “Circle of Fairies” e “The Guardian of Signs”, ritmato e melodico, lasciano presto il posto al martellante “The Lost Secret … Underworld”, che possiede dei cori veramente accattivanti, ma soprattutto al meraviglioso “Epilogue (Canon)” del compositore tedesco di epoca barocca Johann Pachelbel: il pezzo, lento e melodico, si avvia al piano ed agli archi e possiede notevole spessore storico, musicale, ma soprattutto artistico nel senso più elevato del termine. Siamo di fronte ad un classico power metal che, pur non aggiungendo niente di nuovo ad un settore parecchio inflazionato, non è affatto una banale copia di note già sentite, dato che la tecnica è molto pregevole, come si confà ad un settore tra i più virtuosi in ambito metal; in questo caso specifico, però, non parliamo di puri tecnicismi visto che gli assoli sono molto interessanti ed il suono è volutamente “raffinato”, nel senso che il power metal dei Great Master non è particolarmente violento e sfrutta qualche effetto digitale che non risulta per niente invadente o fuori contesto, mentre la voce, che a volte si alterna con i cori, è veramente cristallina anche se non molto aggressiva: a chi potrebbe storcere il naso in proposito ricordiamo che in fondo i tanto osannati Hammerfall non brillano certo per ferocia vocale. Alla luce di quanto appena scritto riteniamo opportuno consigliare questo lavoro pienamente riuscito agli appassionati di power e classic metal, nonché a tutti gli amanti della tecnica musicale e dei suoni ricercati. 70/100
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Max Bastasi: Voce e cori Anno: 2009 |