Dopo aver pubblicato tre demo, i napoletani Symbolyc giungono al primo album completo.
La copertina di Engraved Flesh è certamente un ottimo punto di partenza, poichè mostra un uomo dai capelli lunghi che urla la propria rabbia, visto che si ritrova con le braccia incatenate ed il busto cosparso di ferite ben visibili, testimonianze della sua pena; ad una copertina così violentemente efficace si aggiunge un libretto curato che racchiude testi ben leggibili – fattore non certo scontato in ambito death metal - e foto dei musicisti. Il CD è formato da brani brevi, infatti dura poco più di mezz'ora e si apre con Dead Inside, all'insegna di profonde riflessioni su un'anima piena d'odio: ad un attacco molto violento segue un'alternanza di mid-tempo ed accelerazioni. Si prosegue con Within the Realms of Human Awareness, pezzo cadenzato che sfrutta le doppie voci e che poggia sull'antagonismo al mondo che ci circonda; si passa poi al veloce Wingless, dai tratti dark, nel quale le ali relative al titolo vanno intese con il significato di “consapevolezza”. Suffering presenta alcuni pensieri sulla debolezza umana ed impiega ancora la doppia voce, ma si fa ricordare per un cambio di tempo di stampo epico; il brutale Denied, che riguarda nuovamente l'estraneità all'attuale modello globale della vita, contiene anche un'inaspettata parte lenta. Alla mazzata di Livin' in a Cold Lie segue Oncoming Apocalypse, che riguarda l'apocalisse di un futuro talmente nebuloso da non permetterne neppure la visione: un brano più lento, adatto all'headbanging ed arricchito da qualche elemento dark. Troviamo alquanto caratteristico che sia uno strumentale a fornire il titolo all'album: Engraved Flesh (Instrumental) è una breve, ma intelligente sorpresa per far prendere fiato all'ascoltatore, visto che verte interamente sul suono di un malinconico pianoforte. Si conclude con The Parasite's Curse, amara constatazione di come i vermi corrodano l'essere umano fino a giungere addirittura alla sua anima: la ritmata canzone si trova racchiusa tra un lungo avvio ed un finale lento, entrambi dominati dalla chitarra. Il suono è oscuro e compatto, a volte addirittura assassino: il cantante è dotato di un timbro feroce e gli strumentisti forniscono una prova eccellente, testimoniata da fluidi assoli e da frequenti cambi di tempo. Non si ascolta niente di nuovo, ma è altrettanto vero che non si notano cadute di tono, bensì si fa apprezzare la scelta di qualche apertura melodica di tanto in tanto per spezzare il ritmo prima di ricominciare con la devastazione. Consigliamo questo riuscito esordio agli appassionati di death metal, ma raccomandiamo un ascolto anche ai seguaci degli altri settori estremi, come il black puro o il thrash metal più violento di matrice slayeriana. 7/100
|
Diego Laino: Voce Anno: 2009 |