I romani Lunarsea giungono al loro secondo album nel 2008. Route Code Selector si presenta bene fin dalla copertina, che possiede un eccellente contrasto di colori volto ad evidenziare una netta distinzione tra la natura selvaggia e l'arida città; il libretto è molto curato e contiene testi e foto.
Il CD dura oltre quarantacinque minuti e comincia con l'orecchiabile e furiosa “Magnitude 9.6”, descrizione death metal della forza che occorre per spazzar via la decadente società che ci circonda. Si prosegue con “Metamorphine”, termine puramente inventato per indicare un'astratta realtà che, posta a metà strada tra la metafora e l'effetto della morfina, rende le persone cieche e devote: il brano è veloce, ma viene interrotto da un coro cantato in voce pulita e da una fase melodica che si libera nell'assolo. “In a Firmness Loop Day” si apre con un fraseggio di chitarra, quindi il pezzo si fa cadenzato, fino alla lieve accelerazione che porta al finale sinfonico; con “The Apostate” si torna al ritmo, visto che c'è bisogno di potenza per descrivere l'apostasia, qui intesa contro qualunque ipocrisia, da quella religiosa a quella tipica del potere. “Ashen” è una canzone notevole, dato che tratta la vicenda di Maria Maddalena rivisitata da un'ottica non convenzionale: il brano è ritmato e poggia su svariate parti melodico-sinfoniche, arricchite da un altro coro in clean vocals. Alla potente “Five-Sided Platform Shape” segue “Found Me Cryogenized”, che descrive le tremende sensazioni che può provare chi è sottoposto alla criogenia: la canzone è un mid-tempo dai tratti oscuri e presenta un assolo degno dei migliori gruppi progressive metal. Con “Infinite Process One”, oscillante tra parti ritmate ed altre più rarefatte, si torna alla denuncia sociale, relativa ad un processo che gira all'infinito per uccidere, essendo fondato su guerre e nuove scoperte, tra cui gli eccessi di cui si rende protagonista negativo il tubo catodico. La violenza su cui è basata “Sulphur's Song, the Swan Died” è seguita da una parte lenta sussurrata, quindi la tastiera compie un lavoro di alleggerimento portandoci ad un finale malinconico; la conclusiva e velocissima “Subspace Transition”, aperta e chiusa da un pianoforte addizionale, racconta l'oscuro passaggio tra la vita e la morte. Siamo di fronte ad un lavoro fondato su suoni molto nitidi provenienti da un'ottima produzione in studio, ma anche tecnicamente ben suonato, poichè spazia tra ritmiche ossessive e rallentamenti melodici, variazioni tipicamente prog e stacchi di matrice black metal: elementi tutti differenti tra loro ma egregiamente cuciti tramite pregevoli ed intricati assoli, mentre l'aggressività vocale a volte lascia spazio ai cori in voce pulita. Anche se l'influenza principale che si riscontra durante l'ascolto è il death metal melodico di ispirazione Dark Tranquillity, non si assiste di certo ad una fedele e banale ricopiatura del compito, infatti consigliamo il disco non solo agli amanti dei settori estremi, ma anche agli estimatori della tecnica e del virtuosismo. 78/100
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Filippo Palma: Voce Anno: 2008 |