Home Recensioni Live Paul Di Anno - Alfiano Natta (AL), 10 Novembre 2007

Paul Di Anno
Alfiano Natta (AL), 10 Novembre 2007

Alfiano Natta (AL), 10 Novembre 2007 - Chi cerca trova Club

In tempi come quelli odierni, caratterizzati dallo sterile dualismo tra power/epic e death/black, che, oltre ad essere improduttivo, divide e danneggia il movimento heavy metal, che sarebbe opportuno mantenere unito, il nome di Paul Di'Anno suona storico ad una parte dei metallari, mentre appare superato a molti altri, perchè "fuori moda" o "non estremo". Tali blasfemie non toccano minimamente chi scrive, che, per motivi personali, non può certo permettersi di trovarsi a mezz'ora di macchina da una delle leggende della sua giovinezza e lasciarsela scappare: è così che, con energia e fervore, partiamo per il locale in prima serata, consapevoli del fatto che il "Chi cerca trova" non è in paese, bensì in campagna, luogo ideale per suonare senza avere il problema del disturbo della quiete pubblica.
Ci aspettavamo di dover girare per stradine tortuose, solitarie, desolate e non asfaltate, interrotte solo da qualche cascina in mezzo ai boschi, ma pensavamo fosse naturale la presenza di almeno un paio di cartelli per giungere a destinazione. Invece, dopo aver girovagato per circa un quarto d'ora nella stessa zona, per caso, ma soprattutto per fortuna, scorgiamo una luce in lontananza e decidiamo di tentare ancora, se non altro per disperazione, dato che il gestore del pub ha avuto la felice idea di darci il suo numero di cellulare in caso di problemi di orientamento, per poi tenere spento il telefono: incredibile, ma vero! Ci accorgiamo subito che il locale non ha neppure un'insegna all'esterno del cancello, quindi capiamo il motivo della totale mancanza di indicazioni; non vogliamo entrare nelle logiche del proprietario, ma di sicuro non riusciamo ad approvarle, se non altro perchè non tutti abitano in zona o conoscono il luogo.
Due ragazzi in tenuta inequivocabile (giubbotti, borchie e magliette) ci rassicurano che siamo finalmente giunti alla meta, anche se i battenti apriranno verso le 22.30. Abbastanza intirizziti, i ragazzi sono là stoicamente dalle 17, perchè, provenendo da Genova, hanno preferito essere molto in anticipo per raggiungere la prima fila. Un po' eccessivo, visto che non parliamo del Gods of Metal, ma l'amore per Paul Di'Anno supera ogni problema termico, evidentemente: questo è ciò che si dice "comportamento da veri metallari", non certo, come spesso vediamo oggi, ingloriose rese incondizionate o ricerca della comodità a tutti i costi. Naturalmente si fa amicizia presto e si iniziano discussioni interessanti sulla scena locale, nazionale ed internazionale, fuori e soprattutto dentro il "Chi cerca trova", davanti ad una batteria decorata con l'immagine di Eddie tratta dalla copertina del singolo "Purgatory". Rimaniamo favorevolmente colpiti dal fatto che due adolescenti non seguano solo la scena estrema, come oggi fa la maggioranza, spesso soltanto per tendenza e non per convinzione reale, ma apprezzino un cantante che, in fondo, oggi non è certo all'avanguardia. Non ci impressiona in modo positivo, invece, la presenza di pochi metallari e di molte persone etichettabili come alternativi o addirittura discotecari; qualche metallaro moderno di nostra conoscenza, nel caso stia leggendo, ci avrà già etichettato come trogloditi del metallo, dato che abbiamo una concezione ortodossa del vestiario dei metallari, ma, come vedremo, il nostro pregiudizio, legato alla pessima impressione estetica, troverà fondamento alla fine del concerto.

Dopo una lunga attesa, poco prima dell'una di notte salgono sul palco i Children of the Damned, gruppo che supporta Paul Di'Anno nelle sue date italiane: si apre con "Aces High", seguita da "The Trooper" e subito si scatenano entusiasmo, cori ed applausi. Improvvisamente si fa silenzio ed echeggiano le ben note parole "Woe to You...": il pubblico, stimabile intorno alle 150 persone, continua a recitare, come ipnotizzato; è l'apoteosi quando, durante la stessa, grandiosa "The Number of the Beast", Paul fa capolino dalla porta del camerino, vicinissima al palco e saluta la band alzando il dito medio. A parte il folklore, la canzone più apprezzata ci è sembrata, almeno a giudicare dalla partecipazione vocale, "Fear of the Dark", mentre ad "Halloweed Be Thy Name" è affidata la conclusione, che arriva veramente troppo presto. Mezz'ora di buon metallo, tecnico, ma anche aggressivo quanto basta e, soprattutto, intenso e trascinante; va bene che sono pezzi altrui e non ci vuole molto ad esaltare la gente con brani che hanno fatto la storia, ma occorre anche saperli gestire senza oltraggiarli. A nostro parere, i Children of the Damned hanno senz'altro superato la prova, con una prestazione professionale, ma anche emozionale: buona padronanza degli strumenti, quello vocale compreso, insieme alle sensazioni positive che fuoriuscivano dagli stessi.

Poco dopo l'una e mezza, riappare il gruppo, stavolta senza cantante: alle prime note dell'intro "The Ides of March", Paul Di'Anno sale lentamente sul palco, con l'aiuto degli uomini della sicurezza, ai quali si appoggia in modo vistoso (capiremo in seguito il motivo). Certo, il ricordo delle foto dei primi anni '80 stride notevolmente con il quasi cinquantenne che si presenta a noi davanti al microfono, appesantito, senza capelli e con vari piercing, con una catenina con lucchetto al collo ed un'altra agganciata ai pantaloni, ma l'energia e l'attitudine sono le stesse di trent'anni fa. "Wrathchild" e "Prowler" scorrono più veloci del previsto, un po' per l'emozione nel veder cantare dal vivo chi ha scritto pagine indelebili, non solo di heavy metal, ma di rock nel senso più vasto del termine, ma anche perchè sono leggermente accelerate rispetto alle versioni in studio. Dopo alcuni sorrisi e battute scherzose del cantante con gli altri musicisti e con l'auditorio, parte "Marshall Lokjaw", speed di stampo priestiano, del suo periodo con i Killers, che presto diventa un power degno di quello in voga oggi; Paul ci sembra più convinto di prima nell'interpretazione, più aggressivo ed addirittura feroce, forse perchè il brano è più recente e gli rievoca sensazioni personali più fresche rispetto al periodo maideniano, da cui, nostro malgrado, è trascorso davvero molto tempo.
Si torna, comunque, ai primi anni '80, con "Murders in the Rue Morgue", durante l'esecuzione della quale prima si disseta con una birra offerta dal pubblico, poi dissacra il pezzo con un cantato death: naturalmente, a lui concediamo senza scandalizzarci questa "licenza poetica", anzi i fan apprezzano e partecipano. Di'Anno se ne accorge subito e, prima di proseguire, ci urla "Codevilla schifo!": non possiamo che interpretare che il pubblico pavese, probabilmente appagato dai tanti concerti che capitano da quelle parti, non ha accolto con il dovuto entusiasmo uno dei nostri padri musicali, a differenza dei pochi presenti in questa sperduta campagna piemontese, che, pur in numero esiguo, mostrano calore ai musicisti, che vivono non solo di denaro, ma anche di riscontri. E' senz'altro una soddisfazione, non solo per la band che riceve applausi, ma anche per noi spettatori, perchè ci riempie di orgoglio e ci convince sempre di più che la nostra attitudine di partecipazione è quella giusta; ad essere sbagliata è piuttosto l'indifferenza, che purtroppo dilaga, grazie all'adeguamento alla società che ci circonda, quando invece sarebbe meglio differenziarsene, a nostro parere.
Si torna ai Killers, precisamente con il mid-tempo "The Beast Arises", seguita da una buona interpretazione di "Children of Madness", altro brano cadenzato con accelerazione finale, composto nel 1987 con i Battlezone: canzoni praticamente sconosciute alla maggior parte dei presenti, che comunque non disprezzano il Paul Di'Anno successivo al 1982, ma lo ascoltano con curiosità ed interesse, pur partecipando meno, come è naturale che sia. Di'Anno accende una sigaretta, in barba alla legge Sirchia contro il fumo nei locali chiusi ed inizia una sontuosa ed atmosferica "Remember Tomorrow", dedicata all'amico Clive Burr ed al "Clive Aid": a parte il sentito ricordo, che strappa applausi a chi ha capito ciò di cui si sta parlando - specie pensando al fatto che gli Iron Maiden sono un po' distanti da tanta umanità, presi come sono dalla attuale freddezza tendente al prog, oltre che dagli incassi - il brano è intenso e da brividi risultano i duetti tra voce e chitarra. Compare anche un cartello con su scritto il messaggio "Police notice - No smoking - Motherfucker", mostratogli dal cantante dei Children of the Damned: si ride, mentre lui fa capire che non gli interessa nulla e che ormai la sigaretta va portata a termine, strappando il cartello per il delirio dei più ribelli.
Si prosegue ancora nella fase della carriera con i Killers, con il power-speed di "Impaler", nuovamente dal primo album, seguìto da due pezzi del secondo, precisamente "Faith Healer", cadenzato con venature doom e "A Song for You", dal suono vagamente thrash: brani che, evidentemente, risentono del periodo in cui vennero scritti, epoca post grunge, in cui il metal tradizionale era piuttosto indeciso sulla strada da prendere e, pertanto, contaminato da qualche distorsione un po' più modernista, senza per questo sfociare nel nu metal o nell'industriale. Dopo un po' di birra caduta sul Marshall, inizia, subito riconosciuta, "Phantom of the Opera" e si scatena l'inferno; i presenti, fino a quel punto partecipi, ma non certo in maniera sfrenata, si lanciano nel pogo ed è lì che Paul ci grida: "You number one people", visibilmente soddisfatto.

La successiva canzone è dedicata ad un uomo che Di'Anno odia parecchio, George W. Bush: non ci vuole molto al giorno d'oggi a parlarne male, dato che, non solo in Europa, ma addirittura negli stessi Stati Uniti, Bush può ormai contare sull'appoggio soltanto di una minima parte dell'opinione pubblica. L'applauso si alza molto timido, così Paul lo incoraggia mandando a quel paese il presidente statunitense, con il dito medio e con il gesto dell'ombrello e, soprattutto, mandando anche Silvio Berlusconi a seguire il suo amico fraterno: ecco finalmente l'attesa ovazione, anche se non capiamo tutta questa differenza, visto che entrambi hanno le medesime idee politico-economiche, nonchè gli stessi sistemi per la loro attuazione; in ogni caso, non spetta a noi decidere come debba applaudire la gente e ci limitiamo ad osservare gli eventi. La canzone dedicata alle sue due vittime illustri è naturalmente "Killers", durante la quale il frontman scherza con il pubblico della prima fila, in particolare con un ragazzo, al quale, in risposta a chissà quale frase, replica, scherzoso ma pungente, di aver trascorso delle ore piuttosto felici con sua madre. I vicini, compreso chi scrive, iniziano a sorridere; non riusciamo davvero a trattenerci quando il ragazzo manifesta il suo dissenso da tale insinuazione verso la propria madre e Di'Anno risponde imperterrito: "Twice".
Si scherza, è logico, ma la naturalezza di quest'uomo ha davvero dell'incredibile, tanto che durante l'applauditissima "Running Free" invita sul palco il ragazzo di prima per partecipare al ritornello, quasi a risarcirlo per il siparietto di prima, mentre subito dopo tocca al cantante dei Children of the Damned duettare con il suo idolo. Ci si diverte, insomma, come nella migliore tradizione heavy metal prima dell'invasione delle sonorità depressive (detto senza polemica, perchè a volte le ascoltiamo anche noi); alla fine del brano qualcuno urla: "Paul, è tuo figlio?". Mentre ancora si ride, siamo ormai senza voce: Paul si ritira, ancora accompagnato a braccia, per un po' di pausa, molto breve, visto che i musicisti, acclamati dal pubblico, rientrano quasi subito, per una pregevole versione dello strumentale "Transylvania". Di'Anno sale in seguito, per i bis conclusivi, facendoci capire, con la frase "No more football", il motivo dei suoi problemi al ginocchio. Parte la cover dei Ramones "Blitzkrieg Bop", il cui ritornello "Hey! Ho! Lets'go!" ha fatto la storia del punk rock; il movimento punk storico non è mai stato molto vicino al nostro, ma Paul ha vissuto quegli anni veramente sul campo, anni in cui le fazioni giovanili si picchiavano a sangue, quindi conosce benissimo ciò che sta cantando. Gli perdoniamo, senza ombra di dubbio, questa digressione in una scena diversa dalla nostra, anche perchè il pezzo è rivisitato, accelerato all'inverosimile, come solo i Ramones avrebbero potuto: un minuto di delirio, raffrontato con i circa tre minuti dell'originale, scatena l'headbanging e l'applauso finale.
Non è finita: il leader presenta il gruppo che lo ha egregiamente supportato e, scherzando, presenta se stesso dicendo di essere Britney Spears: è ovviamente uno sfottimento verso una ex stella di MTV, che sta concludendo in modo poco glorioso la sua carriera costellata solo di sprechi sfarzosi e non certo di qualità musicale, abbandonata da tutti, compresi i suoi fan pecoroni, che hanno già trovato altre eroine (scelte per loro, che non hanno un cervello per farlo autonomamente, dalla testa che governa MTV), il cui unico valore musicale è avere due gambe da mostrare, anzichè conoscere realmente la musica, che dovrebbe essere il requisito di base per ogni artista. Dopo aver preso in giro anche le Spice Girls e, con loro, il sistema musicale e socio-economico che gira loro attorno, si passa alla mitica "Sanctuary", in cui Paul, incurante dei dolori al ginocchio, scende in mezzo alla gente, stringendo mani e sentendo sulla sua pelle tutto il calore di chi lo sta venerando come una divinità.

E' ciò che Di'Anno aspettava, specie alla luce della freddezza con cui, a quanto sembra, è stato accolto a Codevilla e tale bagno di folla può solo dar fiducia ad un uomo di grande spessore umano, di enorme sensibilità e passione non comune, specie in un'età in cui potrebbe tranquillamente eseguire il compitino con sufficienza e tornarsene a casa. Evidentemente l'attitudine ce l'hai dentro o non ce l'hai affatto e, a differenza di certi ventenni che conosciamo e che non guardiamo certo favorevolmente, quest'uomo è una macchina da guerra, un vero animale da palcoscenico. Il vederlo così da vicino, grondante il sudore della gloria, non può che farci apprezzare come, sul palco, abbia dato tutto sè stesso, con la professionalità del musicista navigato e la tenacia di chi non nuota nell'oro ed è arrivato fino ad oggi con coerenza, senza piegarsi a logiche di mercato. Lo leggiamo in quegli occhi che ci fissano per un istante prima di rivolgersi altrove, vivi, lucenti di una fierezza e di un'onestà ormai in disuso per molti (musicisti e non), che incontrano nei nostri la stessa rabbia e lo stesso fuoco, dato che - credeteci, perchè è vero - in chi scrive attualmente ne brucia parecchio.

Sono le tre di notte e Paul Di'Anno, non ancora sazio, si concede con estrema disponibilità per foto ed autografi nel backstage: mentre attendiamo, notiamo con disprezzo che gli alternativi e modaioli di cui scrivevamo all'inizio si lanciano nel ballo a suon di ska, come se stessero aspettando che togliessimo il disturbo creato nell'aver fatto attendere così a lungo l'inizio delle (per loro) sacre danze. La cosa più disgustosa è vedere una ragazza, che fino a poco prima aveva pogato con gli altri, che balla a ritmo di "God Save the Queen": non possiamo che definire ignoranza tutto ciò, dato che il brano nacque come rivolta contro la società inglese (Regina Elisabetta compresa) ed i Sex Pistols, quando lo scrissero, avevano tutt'altra idea rispetto a quella della ragazza di cui sopra, che invece gradisce perfettamente quel tipo di società, lanciandosi in movenze da cubista, che nulla dovrebbero avere a che fare nè col punk, nè tantomeno con noi metallari. Ecco spiegato, con la descrizione di fatti realmente accaduti e non con le filosofie evasive che molti usano per acculturare il prossimo dal pulpito della loro mediocrità, il motivo della nostra benevola ossessione per l'attitudine metallara e per il vestiario: la cattiva impressione iniziale, purtroppo, non è stata affatto smentita e la nostra convinzione in merito esce consolidata alla vista di scene così pietose.
Ci distraiamo un po' pensando ad una potenziale intervista, ma quando giunge il nostro turno di entrare nel camerino e - dopo i complimenti per l'eccellente prestazione, dato che l'ugola ha retto degnamente e non ha risentito minimamente del tempo che scorre inesorabile - proviamo a chiedere a Paul una piccola intervista (leggermente bloccati da naturale emozione nel trovarci faccia a faccia con chi ci ha fatto sognare nei momenti belli e reagire in quelli brutti della nostra vita), egli ci risponde gentilmente di averle già concesse la sera prima. Non contenti, però, trasportati dal fuoco di cui abbiamo scritto, pensiamo: "Ma quando capiterà di averlo nuovamente davanti?". Così, insistendo, giocando sulla nostra origine siciliana, chiediamo di poter fare almeno un'unica domanda, precisamente su quali siano le sue radici paterne e lui, ancora con quegli occhi brillanti, si illumina ancora di più e, sorridendoci, ci dice: "Oh, wonderful! Sicilia! My father is from Taormina!". Un abbraccio ed una foto diventano d'obbligo, a questo punto, dato che non siamo mai stati tanto orgogliosi delle nostre origini quanto lo siamo stati in questi pochi minuti.
Si ritorna a casa a notte fonda, ringraziando il "Chi cerca trova" per l'ospitalità, seppur con pesanti critiche per la gestione della segnaletica e degli orari, ma con soddisfazione enorme, per avere visto all'opera un gigante dell'heavy metal, oggi, purtroppo, ridotto a recitare la parte del Little Tony della situazione: sia chiaro che ciò è scritto con il massimo rispetto anche per il musicista italiano, che però, è innegabile, vive di rendita con i vecchi successi e da decenni non entra più in classifica con brani nuovi. E' all'incirca, se vogliamo, la vita di Paul Di'Anno, dato che i fasti del periodo maideniano sono passati, tanto che il biglietto dello spettacolo è costato solo dodici euro, prezzo addirittura comprensivo di consumazione a scelta: soldi veramente ben spesi, dato che il concerto è stato, grazie anche ad una buona acustica, di notevole spessore tecnico, di grande intensità e furore elettrico, di passione, vitalità ed energia, per dirla con una sola parola, di "anima", non nel senso religioso del termine, ma con il significato che possono attribuire solo i pochi che ne hanno ancora una e che non la svendono per denaro, ma, se proprio non la vogliono più, ne fanno un uso migliore vendendola al diavolo.

 


Data: 10/11/2007
Luogo: Alfiano Natta (AL) - Chi cerca trova Club
Genere: Heavy Metal

 

 

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