Gli alessandrini Secret Sphere possono essere ormai considerati veterani, visto che suonano da anni sui palchi di tutto il mondo.
Il loro quinto album “Sweet Blood Theory” è un concept basato sul breve romanzo “Il vampiro”, scritto da John William Polidori nel 1814: questo libro è considerato una delle primissime opere letterarie in cui il protagonista è il vampiro, che viene rappresentato come un misterioso gentiluomo e non come un mostro, cioè la veste in cui i benpensanti lo considerano. Il CD dura circa cinquanta minuti e presenta in copertina due ragazze, presumibilmente prostitute, almeno a giudicare dal vestiario, vicino ad un lampione, mentre come sfondo sono state scelte una via e delle case. Il disco si apre con l'intelligente intro “Evil or Divine”, dove un ticchettio ed un carillon creano un'atmosfera appropriata per ciò che ci attende, cioè la veloce “Stranger in Black”, che in seguito si fa melodico-maideniana, quindi sinfonica. Si continua con “From a Dream to a Nightmare”, all'insegna di tastiere dark, che crescono solenni e dominanti mentre il brano prende velocità, arricchito da voci effettate; “Bring on” è un continuo alternarsi, originale ed a tratti “delirante”, di parti melodiche e veloci. Si prosegue con “The Shadows of the Room of Pleasure”, aperta da tastiere iperdigitali e soffuse, seguite da un mid-tempo in cui spiccano le doppie voci ed un riuscito momento solistico. “Welcome to the Circus” è un pezzo cadenzato, a nostro avviso troppo commerciale, specialmente nel ritornello, mentre “The Butterfly Dance” è una lenta di ampio respiro, caratterizzata da ben due assoli e dalla chiusura al piano. Un bel lavoro di tastiere apre “Sweet Blood Theory” che nasce cadenzata, per poi lanciarsi in un'improvvisa accelerazione, alternando particolari effetti vocali a elementi prog metal; scorre veloce “Feed My Fire”, dal sapore lievemente anni '80, seguita dalla melodica, a tratti ipnotica, “All These Words”, che lascia presto il posto all'aggressiva “Vampire's Kiss” per la conclusione. Grazie ad una registrazione professionale, tutti gli strumenti sono messi in evidenza: in particolare, ci piace far risaltare il fatto che la batteria non è impegnata semplicemente in una corsa forsennata alla doppia cassa, come spesso capita quando si ha a che fare con i gruppi power, bensì è netta e precisa, visto che riusciamo a distinguere ogni singolo colpo; anche i cori sono molto curati ed arricchiscono quasi tutti i pezzi. La tecnica, quindi, com'è evidente, non manca di certo, ma ciò non va a limitare l'energia, che si fa sentire pulsante ogni volta che occorre, visto che è compressa tra atmosfere e passaggi tecnici piuttosto delicati, tra cui serve farsi spazio con una certa discrezione e notevole esperienza. Consigliamo questo lavoro di indiscutibile valore, oltre che agli appassionati del power metal, sia tradizionale che sinfonico, anche ai metallari tradizionali ed ai seguaci dell'hard rock che amino particolarmente i virtuosismi vocali e strumentali. 85/100
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Ramon Messina: Voce Anno: 2008 |