Con il loro primo album, i messinesi Denied esprimono in modo netto la loro appartenenza al settore del metallo tradizionale, ma senza sembrare eccessivamente ancorati al passato.
Anche se in materia di classic metal, probabilmente, è stato già scritto tutto, “…When the Slate Becomes Diamonds” è abbastanza originale fin dalla copertina, primordiale e particolare allo stesso tempo, visto che raffigura una scena di blackmoriana memoria, in cui un guerriero dai capelli lunghi colpisce violentemente con la chitarra il terreno, da cui, incredibilmente, spuntano diamanti. La copia promozionale in nostro possesso dura quasi cinquanta minuti ed è aperta dalla breve e solenne intro “The Dawn”, che crea serenità grazie ad un uso appropriato delle tastiere, seguita dalla veloce “When the Slate Becomes Diamonds”, impreziosita da un pregevole assolo. Intelligenti effetti stereofonici introducono “Denied”, un hard rock derivante dalla fine degli anni '70, in particolare nei passaggi vocali e nel ritornello; ci colpisce anche una parte lenta e recitata, interrotta dall'assolo di chitarra. L'effettata “The Waste Remains and Kills” porta con sè alcuni fraseggi di chitarra in duetto di evidente ispirazione maideniana; più diretta, ma, nello stesso tempo, maggiormente elaborata è “Ride to the Land of the Machine Guns”, per via dei cori epicheggianti e di un finale con un campionamento di mitragliatrici. “Before Then After Later”, oltre al coro d'apertura, incede con vari cori di stampo epic che accompagnano spesso il cantante, seguendo lo stile degli ultimi Blind Guardian o, se si preferisce, dei Queen di “A Night at the Opera”. La veloce “Horrorama” è introdotta da un recitato in rima, da cui risulta evidente che non abbiamo alcuna possibilità di salvezza; la cadenzata e fin troppo maideniana “Quest for Deliverance” è presto seguita dalla compatta “Circle of Fire”, che presenta un buon lavoro di chitarra sia in avvio che in conclusione. “Bearers of the Slate” è molto complessa, dato che dura ben nove minuti: l'epic iniziale viene interrotto dalla velocità, a sua volta spezzata - ma solo per un po' - da una parte atmosferica, seguita da risate malefiche e da un altro recitato ricco di effetti. In definitiva, il CD ha l'unica pecca (se di “pecca” si può parlare in questo caso) di essere poco personale, visto che è eccessivamente legato alla casa madre maideniana, però è ben suonato, arrangiato altrettanto ottimamente, oltre che ricco di spunti, visto che vengono spesso sfruttati cori e campionamenti, interessanti sovrastrutture che arricchiscono le fondamenta classic metal. Il disco, inoltre, cresce di brano in brano, migliorando durante l'ascolto dei pezzi, perciò ne consigliamo l'acquisto ai metallari legati ai settori più tradizionali, come pure agli amanti dell'hard rock più tecnico. 85/100
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Stefano Bottari: Voce Anno: 2008 Sul web: |