Spettrale e terrificante questo lavoro dei russi Flegethon, il disco in questione è una riedizione del loro album del 2005 uscito per l'etichetta personale della band (Satanarsa Records) e riedito dalla Marche Funebre in questo 2008.
Il sound scorre lento e desolante pieno di dolore e memorie di echi lontani, l'album in questione è dedicato e basato sugli scritti di H.P. Lovecraft e il gruppo incarna bene le atmosfere torbide e fantastiche del concept tuffandosi a capofitto su uno stile che spazia dall'ambient dark lineare e ripetitivo (quasi psicologico) come base, al doom funereo che costituisce un filone a se, e che da anni imperversa dopo Thergothon, Funeral ed i maestri Skepticism. Non c'è molto da dire perché ciò che si dirama dalle lunghe 4 suites del disco è la ovvia predilezione per questo genere che alla lunga piace solo a chi si è fatto le orecchie e riesce a farsi piacere un ostico sound morboso e dilaniante dove gli spiragli di luce sono del tutto inesistenti e la malignità ha lasciato spazio solo all'immobilità del trionfo della morte su tutto e tutti, è da sottolineare che questa è musica per pochi e che i mezzi squisitamente tecnici passano in secondo piano a favore di semplicità negli arrangiamenti (se di arrangiamenti si può parlare) ed un gusto per il macabro fine a se stesso ma non per questo da non considerare a priori. Il bello di questo genere è proprio questo o lo ami o lo detesti, ed è lampante che sia una dimensione per veri fan maniaci al di fuori da etichette e mode del momento. Passando al concreto abbiamo 4 tracce, della durata media di ben 19 minuti, con un corrosivo e macilento riverbero, un eco catacombale che si snoda su una base ambient dettata dai suoni di tastiera e synth a tappeto più distorsioni vomitate e sofferti grugniti intraducibili come criptici codici antichi ed esoterici, i ritmi marziali del drumming agiscono da detonazione per gli acuti accenti delle chitarre monocorde suonate sugli armonici e spezzate da un sibilare che svuota dal di dentro creando un senso di torpore e perdizione e poi con un tocco di sinfonia sparsa qua e la e sparute note singole di chitarra classica (senti l'apertura di "Shadow of Other Reason Which Has Subordinated Time" per esempio) appena accennate come se fossero un optional, un valore aggiunto nel vortex di infinita malinconia e disperata rassegnazione, un sound come dicevo più vicino alla soluzione finale piuttosto che a velleità di espiazione da un male fisiologico e patologico che niente e nessuno può sconfiggere. I tempi sono lenti, anzi ‘pachidermici’, la batteria solenne e ben marcata con la sua disarmante semplicità, spesso organi e tastiere sembrano dettare dei momenti morbidi e delicati ma ciò che traspare è sempre un funereo presagio, per usare una similitudine è come la vibrazione ed il ronzio di una mosca attorno ad un essere prossimo alla morte dopo lunga malattia, ed il rintocco di una campana a morto sottolinea l'atmosfera che si può respirare durante l'ascolto di questo cd, un orrido talmente profondo che non se ne vede il fondo e né una via di uscita per chi avrà in coraggio di avvicinarsi a questa release fondamentale nella collezione di tutti gli amanti di questo genere, impreziosita anche da una edizione molto ben curata con tanto di sovra-copertina in cartone, nonostante si denunci l'assenza dei testi che credo avrebbero aiutato molto chi vuole avvicinarsi a questo immondo stile di concepire musica. 70/100
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Oden: Voce, tutti gli strumenti Anno: 2008 |