Eric Quach, chitarrista canadese dei Destroyalldreamers, si fa notare anche per il suo progetto Thisquietarmy, dove il suo arsenale di pedali, effetti e filtri trasforma ancora più pesantemente la chitarra in una fornace di atmosfere.
Ma prima ancora che gli scultori di suono come Fennesz i colleghi (e magri anche punti di riferimento) del Quach versione ambient sembrano essere il Jestin Broadrick dei Jesu e, specialmente, Aidan Baker dei Nadja, qui in veste di ospite dopo l'avventura a parti invertite di Orange. A valersi della collaborazione è proprio la traccia iniziale, "Immobilization", determinante nel settare il mood dell'ascoltatore, aggredito prima e quasi cullato dopo da una traccia che inabissa e scatena scuri droni, possenti e vibranti, lasciando intravedere e emergere spiragli lucenti che poi danno il via a "Battlefield Arkestrah". La carica cinematica di questa traccia a processo additivo viene costruita dal sapiente intreccio di strumming acustico, colpi a rullante e grancassa, su uno sfondo pacifico di loop che nel corso dei nove minuti impenna sempre più il dosaggio di volume sino ad approcciare le ben poco accoglienti dell'industrial-noise. Il tocco di Eric Quach sta nel non “accontentarsi” che la musica divenga da sé (come spesso accade dalle parti della musica ambient o minimalista) ma intervenire con una specie di “turn-over” continuo di textures che si abbina alla scelta di variare formato e mood da canzone a canzone (sì si ha come la sensazione che si tratti di canzoni, emotive e strutturate). Qui i droni non sono lasciati soli ad eseguire monologhi infiniti e ciclici. Persa la qualità “trascendentale”, puramente estatica che magari ci si aspetterebbe (quantomeno in maggior copia) a guadagnarne è nettamente il senso di minaccia, la tensione e, persino, in certi momenti, il pathos. Raramente succede il contrario ("Death of Sailor", il momento più noioso del disco, ed il maestoso crescendo splendidamente irrisolto di "The Sun Destroyes"). Inoltre Quach prova ad arricchire la sua proposta con vocals femminili (nella nenia psichedelica "The Great Escapist", quasi una b-side dei Cocteau Twins aggiornata all'era digitale a livello tecnico quanto umorale) e drum machine, che in tale scenario a tratti acquistano un forza devastante (come il beat disco che apre "Warchitects" o il ritmo incessante che accompagna la processione shoegaze di "Mercenary Flags"). Suoni pieni ma non soffocanti o claustofobici, melodie accennate, buona esecuzione, sensibilità post-psichedelica, eccellente “flow” fra un pezzo, varietà di mezzi impiegati, strutture mood fanno di Thisquietarmy un nome da tenere d'occhio per gli appassionati del genere e forse da consigliare anche ai novizi. |
Eric Quach: chitarra, effetti, pedali, programming Anno: 2008 |