La Chimera del compositore romano Vincenzo Ramaglia è una curiosa creatura che si coagula in immagine astratta tramite architetture loop-based e suggestioni di paesaggi ambient dalle timbriche sciarriniane; contrappuntata dalle trame subdole e disorientanti del contrabbasso di Massimo Ceccarelli ed infine fatta deragliare da inserti improvvisati di free-jazz cubista via sax e batteria.
Ma prima ancora è l'esplorazione maniacale di un'idea, rappresentata attraverso sette angolature/escursioni diverse. Le sottili cartilagini del precedente Formaldeide (di cui 3 potrebbe benissimo essere un outtake) qui si ritrovano a fronteggiare semmai un sottobosco sfuggente di suoni dispersi e accennati (2) via via sempre più frastagliato e minaccioso sino a raggiungere quasi livelli da baccanale (6). 7 è esemplificativa dell'intero programma, nel suo divagare senza meta, trascinandosi per addizioni sonore di piccoli gesti, nel suo accumulare reperti proto-musicali che sembrano provenire da un sound-check di alieni appassionati di Anthony Braxton o Eric Dolphy. E ad un tratto tutto tace. La sensazione sgradevole e al tempo stesso affascinante di essersi persi qualcosa per strada. Questa seconda, prova di Ramaglia tiene fede al suo nome soprattutto nel suo modo porsi alle orecchie altrui forzando la messa a punto di una strategia d'ascolto particolare (per inciso: una delle linee guida del Varese-pensiero) che sappia far apprezzare, sposare e far collidere la trance preziosa della musica d'ambiente, la modularità infinita di quella minimale e il fascino estemporaneo l'alea dell'evo post-jazz. Ci sono musiche che si limitano a carezzare le orecchie e basta (molto spesso si comporta così la musica pop). Altre sono così emotive – anche semplicissime – che sembrano parlare direttamente al cuore dell'uomo (come le gimnopedie di Satie); in certi casi – penso a certo death metal – pare che i musicisti vogliano addirittura stimolarne/esaltarne solo gli istinti più bassi (che gli antichi credevano avessero la loro base nel fegato). Moltissime composizioni si meritano (e ricercano, spesso) l'appellativo di cervellotiche. In maniera opposta troviamo canzoni che sono solo un pretesto per scatenare le danze. Sono stereotipi. Appunto. Che i dischi “colti” di ricerca sono (sarebbero) chiamati a far vacillare con onestà e intelletto. Il problema (e la bellezza) con questa Chimera è che non sai mai quale sia l'organo “giusto” da usare. Il disco è ordinabile tramite un link sul myspace dell'artista. |
Vincenzo Ramaglia: Compositore Anno: 2008 Sul web: |