I Kraftwerk sono un progetto anomalo e originale per gli anni '70.
Nati nel perimetro del rock tedesco di fine anni ’60, poi denominato dalla stampa inglese “krautrock”, il gruppo si distingue per aver intrapreso un percorso distinto e radicalmente diverso da quello ispirato al pop-rock angloamericano basato su basso-chitarra-batteria. Una scelta dovuta alla volontà di voler definire un percorso estetico marcatamente europeo ispirandosi alla cultura della Bauhaus, del futurismo e dell’arte russa post-rivoluzionaria. Questa esigenza di inserirsi in una cultura di marca prevalentemente mittel-europea derivava anche dal disagio derivante dall’occupazione angloamericana, conseguenza della sconfitta della guerra, dilagante nelle nuove generazioni pre-sessantottine. Questa esigenza di originalità caratterizzò parte delle band tedesche dell’epoca andando a definire una serie di aree stilistiche che pur partendo dalla psichedelia astratta dei primi Pink Floyd, si lasciò influenzare dalle austere sperimentazioni delle avanguardie che in Germania avevano uno dei loro epicentri nella città di Darmstadt e uno dei loro massimi esponenti in Karlheinz Stockhausen. In questo quadro Ralph Hutter e Florian Schneider nel loro percorso artistico smontano la struttura classica delle band rock immediatamente, il chitarrista Michael Rother e il batterista Klaus Dinger andranno a costituire il gruppo minimalista dei Neu! (altra esperienza innovativa e particolare) mentre con l’ingresso di Wolfgang Flur e poi di Karl Bartos si definisce un nuovo modello di formazione con due percussionisti elettronici e due tastieristi.
Il successo di “Autobahn” del 1975 apre le porte a nuove direzioni nella popular music introducendo un’elettronica distante dai tappetoni cosmici dei Tangerine Dream in cui il ritmo, seppur di ispirazione afroamericana, diviene perno di una nuova concezione di pop. I Kraftwerk abbandonano le lunghe improvvisazioni verso una forma più strutturata di scrittura, in bilico fra song ed esplorazione ritmico-timbrica Nel 1977, dopo il pregevole “Radioactivity” (1976), i Kraftwerk hanno consolidato sia l’approccio tecnico-strumentale che il proprio bagaglio estetico ed è in questo contesto che va ad inscriversi “Trans Europe Express”. Il concept dei Kraftwerk non è casuale o episodico, la simbiosi uomo-macchina e il paradigma del suono tecnologico si accompagnano a un’estetica futurista del quale il treno e la sua velocità sono un emblema. La musica di “Trans Europe Express” è essenziale e minimalista, propone scarne melodie mittel-europee che si incardinano a voci deformate dal vocoder capaci di pronunciare anche poche emblematiche parole su ritmi meccanici ipnotici e circolari. Il treno e la velocità vengono esplosi con visionarietà futurista quasi una trasposizione sonora del movimento di “Forme uniche della continuità nello spazio” di Umberto Boccioni. La musica dei Kraftwerk rappresenta un percorso musicalmente autoctono, è il suono dell’uomo europeo che dell’era della tecnologia post-bellica con un occhio verso il ritmo del funk riportato a una dimensione meccanica. I Kraftwerk si sganciano dalle visioni siderali del rock cosmico ed esplorano la ciclicità ritmica delle macchine. “Europe Endless” già si presenta come un prototipo di pop macchinico, un tema essenziale e dal sapore mittel-europeo sul quale si incastra una linea cantata semplice e rinforzata dal vocoder su un ritmo ciclico e ripetitivo. “The Hall of Mirrors” è una song ipnotica dal tempo dilatato e “Showroom Dummies” è invece un brano ritmicamente incalzante, con un tema sintetico circolare. La title track emula con il suo groove il senso del movimento del treno su una ferrovia immaginaria che percorre l’Europa centrale, il brano si estende, come un moderno mixset, verso “Metal on Metal” e “Abzug”. È una suite ritmico-sintetica che termina sulla ballad surreale dedicata a “Franz Schubert”.
“Trans Europe Express” diventa un mantra macchinico che ispirerà gli sviluppi della popular music dei decenni successivi, una profezia sonora di un futuro basato sulla musica tecnologica eleggendo i Kraftwerk a profeti visionari del paradigma uomo-tecnologia.
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Florian Schneider: sintetizzatori, voce Ralph Hutter: sintetizzatori, voce Karl Bartos: batteria elettronica, sintetizzatori Wolfgang Flur: percussioni elettroniche
Anno: 1977 Label: Kling Klang Genere: Elettronica
Tracklist: 01.Europe Endless 02. The Hall Of Mirrors 03. Showroom Dummies 04. Trans-Europe Express 05. Metal On Metal 06. Franz Schubert 07. Endless Endless
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