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Weather Report
Mr. Gone

“Mr. Gone” è uno dei lavori più sottovalutati di tutti gli anni ‘70 e ancora oggi è spesso relegato fra le produzioni minori del gruppo di Zawinul e Shorter pur essendo, invece, uno degli apici toccati dal jazz-rock a livello di ricerca lessicale.
Probabilmente questa incomprensione deriva dall’essere l’album immediatamente successivo a “Heavy Weather” che, oltre ad essere il disco di maggior successo commerciale del gruppo, racchiude alcuni dei loro brani più eseguiti ed emblematici.
La direzione presa dai Weather Report, in pieno spirito Davisiano, è, invece di crogiolarsi nel successo del disco precedente, quella di esplorare nuovi territori, emulando l’approccio sperimentale di “Mysterious Traveller” (1974) considerato da Zawinul il miglior album del gruppo fino a quel momento.
Il tastierista è difronte alle nuove potenzialità offerte dall’elettronica di cui ha sfruttato le possibilità con l’uso dell’ARP2600 solo in minima parte su “Heavy Weather” mentre il mercato dell’epoca sta offrendo nuovi straordinari strumenti come il Prophet V della Sequential Circuits, che risulterà strategico nella definizione dei suoni di questo disco, e le tastiere polifoniche di Tom Oberheim.
La lungimiranza di Zawinul e la sua capacità di esplorare le possibilità dei nuovi strumenti per elaborare nuovi lessici si dimostrerà sorprendente e troverà impreparata la critica, che ancora oggi, in alcuni casi, non ha compreso la direzione intrapresa su “Mr. Gone”.
Zawinul ha invece chiaro, nel 1978, anche alla luce dell’esperienza del “krautrock”, che l’elettronica trasferisce la ricerca musicale dal livello armonico-melodico complesso perseguito dal jazz a quello timbrico e sonoro, sfruttando al massimo le possibilità date dalle tecnologie dello studio di registrazione.
Il disco nel suo complesso è un vero e proprio campionario di possibili interazioni fra le diverse declinazioni del jazz-rock e i sintetizzatori anticipando di decenni sonorità e direzioni che la “popular music” intraprenderà dopo gli anni ’90.
La line-up rispetto a “Heavy Weather” vede dei cambiamenti, oltre ai due fondatori, Joe Zawinul e Wayne Shorter, alla batteria c’è il grande Peter Erskine al posto di Alex Acuna, Manolo Badrena alle percussioni, ovviamente Jaco Pastorius al basso, elemento chiave nel sound del gruppo e punto di riferimento nella ridefinizione del linguaggio del basso elettrico ancora oggi.
Inoltre sono presenti numerosi ospiti Steve Gadd e Tony Williams alla batteria, Jon Lucien, Deniece Williams e Maurice White alle voci.
Il lato A si apre con “The Pursuit of the Woman with the Feathered Hat”, un brano che anticipa il percorso che il tastierista percorrerà anche con “Zawinul Syndicate”, una sorta di etno-afro jazz elettronico modale.
Il brano è sorretto da una serie di linee di sequencer e loop minimalisti di marimba; le linee melodiche di sapore di etnico sono tutte eseguite dalle tastiere in un intreccio elettronico sul quale emergono voci afro-caraibiche del vocalist Jon Lucien.
Il brano decolla ritmicamente con un groove afro e Jaco Pastorius che esegue un tema armonizzato con due bassi elettrici a cui segue un tema corale contrappuntato dai sintetizzatori e da linee di basso fretless e basso synth. Un’operazione di contaminazione che nel 1978 è senza precedenti.
Il finale riporta il mood del brano in una dimensione tropicaleggiante e cantabile.

Il brano successivo “River People” è uno dei capolavori di Jaco Pastorius sia sotto il profilo della scrittura che dell’esecuzione strumentale. Arrangiato in modo geniale su tappeti di sintetizzatori Prophet con sonorità che a distanza di 40 anni risultano perfettamente attuali. Il brano si apre su un riff di basso elettrico e bassline sintetica su un’armonia alterata sulla quale si snoda un tema di sax soprano. Nella seconda parte il pezzo si apre su un groove funk, con un assolo di synth Prophet su una struttura modale.
“River People” resta dopo decenni uno dei brani più intelligenti e ricercati del jazz elettrico, Jaco esegue in sovraincisione varie parti comprese percussioni, batteria e voce. Nella lunga coda sulla quale si estendono le improvvisazioni gli assoli sono essenziali, discreti e non vi è alcuna disgressione tecnicistica.
Il terzo brano, “Young and Fine” è uno dei capolavori assoluti della storia del jazz contaminato, sotto il profilo armonico e melodico manifesta una scrittura complessa e presenta un Zawinul compositore di grandissima maturità capace sfornare brani di valore assoluto.
La struttura della scrittura tematica è complessa, l’arrangiamento prevede interazioni fra le parti elettroniche e acustiche senza precedenti, Wayne Shorter al sax tenore duetta con il sintetizzatore di Zawinul nella parte improvvisata.
Alla batteria un grande Steve Gadd, che rieseguirà il brano in versione completamente acustica nell’album dal vivo “Smokin' in the Pit” due anni dopo con gli Steps (prima formazione degli Steps Ahead).
“Young and Fine” resta uno dei massimi esempi della scrittura zawinuliana insieme a “Birdland” e a “In A Silent Way”.
“The Elders” è realizzato invece in trio, dal tastierista con Jaco e Wayne Shorter.
Brano surreale, dissonante, basato sviluppando linee melodiche indipendenti proposte dalle tastiere e dal sax e sorrette ritmicamente e timbricamente dalle raschiate sulle corde del basso di Jaco.
Una composizione di disarmante attualità e che mostra i Weather Report in piena sperimentazione. La suggestione sonora, l’uso atipico degli strumenti, i suoni di synth stranianti non lasciano spazio a nessuna mediazione, la melodia è al limite della dissonanza un esempio superlativo della scrittura di Wayne Shorter, uno dei compositori più rilevanti di tutta la storia del jazz.
La seconda si apre con la title track, un brano azzardatissimo, dove l’idea di Zawinul di reinterpretare il “mood” delle “big band” storiche del jazz si sublima in una vera orchestra elettronica di synth.
“Mr. Gone” è un brano avveniristico che potrebbe essere uscito oggi in un album di Flying Lotus, si apre su dei suoni dissonanti e “scordati” di synth, che mostrano una padronanza della programmazione sonora che ha pochi rivali.
Una linea di “bassline” sintetica fatta con il sequencer dell’Oberheim esegue una parte in quattro come un contrabasso su una progressione armonica alterata sulla quale parte il tema di synth e sassofono.
La batteria è affidata a Tony Williams, dopo vari tentativi di farla eseguire ad altri da parte di Zawinul, mentre il tema rievoca l’immaginario sonoro delle big-band traferite in un futurismo tecnologico.
Il contrappunto fra tema e linea di basso sfrutta al massimo intervalli e armonizzazioni alterate in un brano al limite della dissonanza. L’esatto contrario di quanto Zawinul aveva realizzato in “Birdland”.
“Punk Jazz” è un capolavoro assoluto, un brano finito nella storia del basso elettrico.
Jaco affida la ritmica a Tony Williams e apre il brano con un assolo di fretless memorabile che appartiene ormai all’immaginario di questo strumento.
L’introduzione improvvisata e jazzata si ferma su un break della batteria e parte la scrittura tematica, esposta da sassofono tenore e basso su un tappeto di synth.
Il brano riparte su un groove sorretto da tastiere e basso sul quale Wayne Shorter esegue un assolo di sassofono soprano, un finale straordinario. Il pezzo verrà riproposto da Pastorius in un arrangiamento per Big Band nell’album “The Birthday Concert”, una registrazione dal vivo realizzata in occasione del suo 30esimo compleanno, il 1 ° dicembre 1981.
“Nefertiti” è un brano di Wayne Shorter originariamente registrato nel 1967 dal Miles Davis Quintet per l’album “Nefertiti”, uno dei massimi capolavori del jazz-modale.
La versione dei Weather Report rilegge il brano completamente, con una interpretazione più dura ed elettronica in cui la struttura tipica dello standard jazz è stravolta. “Nefertiti” si apre in modo “free” con una improvvisazione collettiva. Il brano doveva essere una specie di soundcheck per il fonico ed è la prima registrazione effettuata da Peter Erskine con il gruppo.
Il tema è eseguito da tutti all’unisono compreso Jaco, e l’esposizione melodica non è seguita da alcun assolo, la cascata cromatica delle note della melodia è il fulcro sul quale si regge il groove torrenziale di Erskine.
L’album si chiude su un altro gioiello sconosciuto di Joe Zawinul: “And Then”.
Zawinul ha spiegato la creazione di questo brano a Bill Henderson di Black Music & Jazz Review: "Sono stato ispirato da Gertrude Stein. Gertrude Stein era sul suo letto di morte. Le è stato chiesto, "Voglio dire, dopo tutto, qual è la risposta?" E lei ha detto "e poi ..." "Così, quando ho suonato questa melodia, ho improvvisato - tutta la mia musica è improvvisata - ho pensato che sarebbe stato bello avere qualcuno che dicesse 'E poi ... che cosa?" Voglio dire, cosa succederà, amico ?!
"E poi questo ragazzo - che è un genio - ho avuto questa melodia, gli ho dato le idee. Era il cantante Sam Guest, è un ottimo cantante. L'ho chiamato a casa mia dalla Virginia e gli ho detto che testo volevo. È un paroliere. Non sono un paroliere ma ho le idee." dal sito www.weatherreportdiscography.org
Zawinul affidò le parti vocali a Deniece Williams e al leader degli Earth Wind and Fire, Maurice White.
La ballad si apre con un tema esposto da basso elettrico e sax tenore all’unisono su un sequencer e un tappeto di synth, nella seconda parte una prima melodia vocale sospesa è esposta da Deniece Williams, poi subentra Maurice White con il suo tipico timbro vocale soul, la chiusura riprende il tema iniziale.
La scrittura è atipica rispetto alle strutture di song rock o jazz, un brano di una originalità notevole.
Il disco ottenne una sola stella su Downbeat e fu oggetto di dure critiche, lo stesso apporto della sezione ritmica Pastorius-Erskine dal vivo non venne particolarmente apprezzato avendo spostando le intenzioni ritmiche dei Weather Report verso il rock e il funk.
La critica jazz era infastidita in quell’epoca già dalla svolta elettrica di Davis e nel corso degli anni ’70 e ’80 i suoi lavori vennero sistematicamente denigrati.
Le influenze lessicali del rock nella musica di artisti di provenienza jazz erano poco apprezzate ed era percepito come un tradimento e una commercializzazione, non dimentichiamoci che in quegli anni nei primi posti in classifica vi erano dischi di autori come i Pink Floyd o gli Emerson Lake and Palmer.
Nel ventennio 60-70 il rock costituiva una vera e propria “controcultura” nella quale si riconoscevano i valori e le aspirazioni delle masse giovanili e dei protagonisti della contestazione ai modelli sociali dominanti, alla guerra del Vietnam e alle discriminazioni razziali e di genere.
La presenza del rock come modello musicale dominante era quindi collegata a un contesto sociale e culturale particolare, che non si è più ripetuto successivamente, e la “musica commerciale” dell’epoca non necessariamente conteneva delle semplificazioni formali.
“Mr. Gone” difatto trovò maggiori consensi fra il pubblico del rock, al quale sostanzialmente gli artisti jazz-rock si rivolgevano, maggiormente interessato ai nuovi suoni e alle contaminazioni che abitualmente erano utilizzate nel rock progressive.
Lo stesso massiccio uso dell’elettronica era una consuetudine e costituiva il fulcro di interi sotto-generi come il “rock cosmico”, il “krautrock” e altri filoni legati alla psichedelia.
La forza di “Mr.Gone” è proprio nell’intelligenza dimostrata da Zawinul-Shorter-Pastorius di saper contestualizzare un modello complesso di scrittura di matrice jazzistica all’interno di una cornice in cui l’elettronica assumeva un ruolo centrale.
L’impiego di un determinato set di strumenti (come il Prophet V) risulta vincente all’ascolto odierno in quanto le timbriche di questi sintetizzatori è utilizzata ancora oggi nelle nuove forme di “popular music” elettronica.
La filosofia applicata da Zawinul ai timbri utilizzati su “Mr. Gone” è quella di evitare di emulare i suoni “naturali” ma di sfruttare lo strumento elettronico per esplorare nuove direzioni che a distanza di 40 anni rendono il disco ancora credibile, anzi lo valorizzano rendendolo contemporaneo.
“Mr. Gone” è un disco da recuperare anche alla luce di un presente invaso dall’uso massivo dei sintetizzatori e dell’elettronica, che permette oggi, meglio di ieri, di apprezzarne il valore.


Josef Zawinul: Rhodes 88 electric piano (modified by Alan Howarth), two ARP 2600 synthesizers, Oberheim polyphonic synthesizer, Sequential Circuits Prophet 5 synthesizer (programmed by Alan Howarth and Josef Zawinul), Mu-Tron Bi-Phase and Mu-Tron Volume Wah effects, kalimbas, thumbeki drums, sleigh bells, melodica, high hat, voice, acoustic piano
Wayne Shorter: Tenor and soprano saxophone, voice (track 1)
Jaco Pastorius: Bass, drums (tracks 1 and 2), voice (tracks 1, 2 and 5), timpani (track 2)
Peter Erskine: Drums (tracks 1 and 7), hi hat (track 3)
Tony Williams: Drums (tracks 5 and 6)
Steve Gadd: Drums (tracks 3 and 8)
Manolo Badrena: Voice (track 1 only)
Jon Lucien: Voice (track 1 only)
Deniece Williams: Voice (track 8 only)
Maurice White: Vocal (track 8 only)

Anno: 1978
Label: Columbia
Genere: Jazz/Fusion


Tracklist:
Side One
1. The Pursuit Of The Woman With The Feathered Hat (Zawinul) 5:01
2. River People (Pastorius) 4:47
3. Young And Fine (Zawinul) 6:50
4. The Elders (Shorter) 4:18
Side Two
5. Mr. Gone (Zawinul) 5:19
6. Punk Jazz (Pastorius) 5:06
7. Pinocchio (Shorter) 2:25
8. And Then (Zawinul/Guest) 3:19

 

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