Roma, 1 Giugno 20151 - Teatro Olimpico
La nuova formazione degli Yes non procede per inerzia ma, piuttosto, avanza ostinata, palesando caparbia determinazione. Bellissima e toccante l'apertura del concerto, lasciata al basso Rickenbacker 4001 del compianto Chris Squire, magnificamente eretto in solitaria sul palco, sulle note della suggestiva introduzione, e molto apprezzato anche l'omaggio della band a Peter Banks, primo chitarrista, scomparso tre anni fa. Tuttavia, la band non è convincente in quanto a mezzi e ad obiettivi. I primi sono quelli che sono: Alan White arranca, in palese difficoltà, offrendo una prestazione ridotta al minimo sindacale; Geoff Downes lotta con il perenne incubo del confronto con predecessori certamente più dotati tecnicamente e sopperisce talvolta ricorrendo a basi pre-registrate; la voce di Jon Davison non perde un colpo ma risulta un tantino stucchevole e fa rimpiangere quella del suo predecessore, Benoit David, un pelo meno dotato di lui, ma più fedele allo storico Jon Anderson. Rimangono Billy Sherwood e Steve Howe: il primo convince, cosa piuttosto ardua, parlando di una sostituzione, anche se le sue doti vocali non sono sempre all'altezza di quelle del colosso Chris Squire (e anche su di lui grava il sospetto di aiuti registrati); il secondo, nonostante l'aspetto emaciato, è di fatto la colonna portante di questa ultima incarnazione: la sua tecnica pare rimasta intatta (sebbene risulti impeccabile all'acustica, meno preciso all'elettrica) ma il suo comportamento sul palco lascia alquanto a desiderare: a metà tra il perplesso e l'indignato, guarda chi tra il pubblico "osa" filmare lui o la band tutta, gesticolando durante l'esecuzione dei pezzi (pur non pregiudicandoli), indicando con fare inquisitorio l'uno o l'altro fans, per poi dimenticare il suo risentimento a fine brano, omettendo di sensibilizzare il pubblico, godendosi invece compiaciuto gli applausi di un pubblico sempre estasiato e fedele, per poi ricominciare il teatrino a musiche ripartite. Piuttosto ondivago, direi. Non è finita, perchè lo stesso soggetto si indispone quando altri strumenti, segnatamente le tastiere, prevalgono di volume (in "Don'tKill The Whale" la cosa è risultata più evidente che in altri pezzi): si gira di scatto, guarda in direzione del mixer, scuote la testa ripetutamente (lo ricordo al concerto degli Asia, a Roma, allo Stadio Dei Marmi, quando, a causa di analoghi problemi tecnici, arrivò ad incrociare le braccia ostentando, se non uno sciopero bovino, quantomeno una risolutezza di stampo assai uterino), omettendo, sempre a fine brano, di sensibilizzare in tal senso qualcuno del suo entourage e tenendo nuovamente il broncio al brano successivo. Piuttosto criticabile, direi. Quanto agli obiettivi, bisogna ancora capirli. Ok per l'esecuzione integrale di "Drama", album peraltro magnifico e largamente sottovalutato, oggi riproposto in maniera piuttosto credibile (per buona pace di Geoff Downes, che apparve in quel solo album, tra quelli storici), ma che senso ha ripercorre integralmente i fasti di un masterpiece come "Fragile" (lo abbiamo recensito qui), che esprimeva l'estro e le capacità soliste di musicisti oggi assenti per 4/5 della formazione? Per i più distratti, si ricorda che in cinque brani, la composizione o gli arrangiamenti furono lasciati esclusivamente alla creatività di ogni singolo membro: Rick Wakeman per "Cans and Brahms", Jon Anderson per "We Have Heaven", Bill Bruford per "Five Per Cent for Nothing", Chris Squire per "The Fish-Schindleria Praematurus" e Steve Howe per "Mood for a Day". Passi per "Cans and Brahms", che è una composizione di Johannes Brahms e non di Wakeman (il quale all'epoca, per vincoli presi con la sua pregressa casa discografica, non poté firmare alcun brano), ma proprio non si può accettare che un pezzo composto da Bruford per Bruford venga eseguito da Alan White, batterista meno dotato tecnicamente di lui fin da giovanissimo, figuriamoci da vecchio. Insomma, limitatamente ai citati brani, possiamo certamente parlare di cover band e neanche tanto blasonata. Quale sia poi la ratio che si cela dietro all'esecuzione di un pezzo come "Owner of a Lonely Heart", non è dato ancora saperlo. Già recensendo la data del 4 novembre 2009, sempre a Roma (si trova qui), ebbi modo di mostrare un certo scetticismo, per via del fatto che il brano è completamente estraneo al background musicale di Howe (giacchè nel 1983, il chitarrista della band era Trevor Rabin), figuriamoci cosa posso pensare e dire oggi, quando il brano è suonato in assenza di Squire! Tenendo presente che nessuno dei musicisti presenti sul palco aveva effettivamente co-firmato quel brano (gli autori erano Trevor Rabin, Jon Anderson, Chris Squire, Trevor Horn), siamo nuovamente forzati a tirare in ballo il concetto di cover band. Infine, nonostante Howe abbia introdotto un repertorio che, asseritamente, avrebbe omaggiato varie epoche, la formazione non è andata oltre al 1983, escludendo, così facendo, la bellezza di dieci album in studio (undici, se consideriamo lo split "Anderson Bruford Wakeman Howe"). Non si auspicava di certo l'esecuzione di brani attinti da "Heaven & Earth", l'ultima "fatica" discografica della band (l'abbiamo recensita qui), indubbiamente il punto più basso della carriera di questa gloriosa band (ringraziamo sentitamente gli Yes per averci risparmiato la pena di farcene ascoltare alcuni estratti), ma qualcosa dagli ottimi "Keystudio", "The Ladder", "Magnification" o il citato "Anderson Bruford Wakeman Howe" forse andava proposta. Non più curiosi, attendiamo lo strazio del prossimo album in studio, riservando maggiori aspettative nel gruppo parallelo composto da Anderson Rabin Wakeman, a breve in tour negli States.
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Jon Davison: voce, chitarra, percussioni Steve Howe: chitarre elettriche e acustiche, cori Geoff Downes: tastiere Billy Sherwood: basso, cori Alan White: batteria, percussioni, cori
Data: 01/06/2016 Luogo: Roma - Teatro Olimpico Genere: Progressive Rock
Setlist First set: 01. Machine Messiah 02. White Car 03. Does It Really Happen? 04. Into the Lens 05. Run Through the Light 06. Tempus Fugit 07. Time and a Word 08. Siberian Khatru
Second set 01. Don'tKill The Whale 02. Owner of a Lonely Heart 03. Roundabout 04. Cans and Brahms 05. We Have Heaven 06. South Side of the Sky 07. Five Per Cent for Nothing 08. Long Distance Runaround 09. The Fish (Schindleria Praematurus) 10. Mood for a Day 11. Heart of the Sunrise 12. Starship Trooper
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