Disco gemello del contemporaneo "From The Setting Sun… In Wacken" che, pur attestandosi su analoghi livelli poco dignitosi, merita maggiore attenzione per l'esecuzione, certamente migliore, e per la scaletta, un tantino più ricca: a fronte dell'assenza di "Highway Star" vi sono sette brani della recente produzione, che è quella che vorremmo effettivamente sentir suonare da Morse e Airey. Inoltre, un Paice ancora in gran forma ci regala un ottimo assolo di batteria.
Per il resto, richiamo pari pari i commenti espressi per l'altro titolo, recensito su queste stesse pagine (qui), da intendersi integralmente condivisi e di seguito sintetizzati. Che senso ha sentire pezzi come "Space Truckin'" o "Into The Fire" in assenza del dualismo Lord/Blackmore? Valgano qui le pertinenti parole espresse a metà tra il laconico e l'annoiato da un sagace Ritchie Blackmore: tempo fa gli fu chiesto cosa pensasse dei Deep Purple post 1993 (cioè quelli successivi al suo definitivo abbandono). Rispose egli con una domanda che conteneva non una, ma mille risposte: "Stai parlando di quella cover band?". La penso come lui. Questa band si ostina a proporre un repertorio che vede relegare ad una manciata i brani odierni a fronte di un numero esagerato ed inappropriato di classici. Se volessi ascoltare i Deep Purple di "Lazy", "Strange King Of Woman" e "Black Night" sfilerei dallo scaffale il doppio "Made In Japan" e ricorrerei a "Nobody's Perfect" per brani come "Bad Attitude" o "Knocking at Your Back Door". Da questo organico, invece, mi aspetto di sentire il chitarrismo esuberante di Morse (e non quello barocco di Blackmore) in brani come "Ted the Mechanic" e "Hey Cisco" (da "Purpendicular"), "Any Fule Kno That" e "Fingers to the Bone" (da "Abandon") o le tastiere futuriste di Airey (e non l'organo distorto di Lord) in "House of Pain" e "Picture of Innocence" (da "Bananas"), se non entrambi in "Money Talks" e "Wrong Man" (da "Rapture of the Deep"), "A Simple Song" e "Out of Hand" (da "Now What?!"). Va inoltre detto che Gillan è estremamente imbarazzante nel suo stridente starnazzare. Il cantante si ostina ad incedere sulle note alte o altissime, nonostante la sua voce sia ormai lontana dagli antichi fasti. Apprezzeremmo molto di più un suo più intelligente ricorso alle ottave più basse, atteggiamento che, oltre ad apparire quale (encomiabile) dichiarazione di modestia, permetterebbe al combo di riarrangiare i brani in chiave più attuale, in base alle odierne capacità esecutive del singer. Tuttavia, rispetto all'altro titolo, quello qui recensito è certamente migliore: l'esecuzione della band appare un tantino più vivace e la voce di Gillan, pur non raggiungendo livelli discreti, si palesa comunque in termini di risicata sufficienza (che è un gran successo, se si pensa alla palese mediocrità dell'altra performance). Consigliato soltanto ai completisti (che è un altro grande successo, considerato che l'altro titolo andrebbe da questi ultimi cestinato).
Voto: 59,99/100
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Ian Gillan: Voce Steve Morse: Chitarra Don Airey: Tastiere Roger Glover: Basso Ian Paice: Batteria
Anno: 2015 Label: earMUSIC Genere: Hard Rock
Tracklist:
CD1:
01. Après Vous 02. Into The Fire 03. Hard Lovin' Man 04. Strange Kind Of Woman 05. Vincent Price 06. Contact Lost 07. Uncommon Man 08. The Well-Dressed Guitar 09. The Mule 10. Above And Beyond
CD2:
01. Lazy 02. Hell To Pay 03. Don Airey's Solo 04. Perfect Strangers 05. Space Truckin' 06. Smoke On The Water 07. Green Onions / Hush 08. Black Night
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