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Yes
Fragile (Definitive Edition)

“Fragile” è la quarta rilettura dal catalogo-Yes da parte di Steven Wilson, un appuntamento ormai consueto per i fans del gruppo e del prog in generale.

La linea editoriale resta naturalmente la medesima seguita con le altre uscite (“The Yes Album”, “Close to the Edge” e “Relayer”) e col catalogo di altri artisti (Gentle Giant, XTC, Tears for Fears, King Crimson, Jethro Tull…): minuziosa, filologica fedeltà all’originale, sia dal punto di vista delle sonorità e della timbrica, che da quella del discorso artistico. L’intento non è cioè quello di dare all’opera una nuova veste, proponendo nuovi e diversi missaggi, ma di rendere al meglio l’idea musicale originale, da una parte eliminando le imperfezioni tecniche, i limiti e i difetti del missaggio originale; dall’altra esaltando e mettendo in luce ogni singolo passaggio, ogni singolo strumento, per ottenere una perfetta leggibilità dell’opera così come conosciuta.

Giova ricordare le differenze che intercorrono tra una operazione di remaster e una di remixing; nel primo caso, il missaggio finale originale viene trasferito in digitale, operando delle scelte di riduzione del suono (stante i limiti matematici della digitalizzazione), di conseguenza esaltando o riducendo gamme di frequenza e volumi, al fine di ottenere un suono di volta in volta più impressivo, più adatto agli attuali strumenti di riproduzione o ai gusti attuali del pubblico. Il rimissaggio è invece una operazione di “ricostruzione”, di rifacimento dell’assemblaggio finale, nella quale le singole piste vengono unite nei due canali (nel caso del missaggio stereo); questo comporta un riallineamento dei volumi delle singole piste e del loro riposizionamento spaziale (ossia l’effetto stereo). La rimasterizzazione permette di conseguenza solo di intervenire sull’effetto finale e complessivo dell’impasto sonoro originale, migliorandone (o peggiorandone, a seconda dei casi e dei gusti) la resa. Il rimissaggio è una operazione assai più lunga, laboriosa e delicata, ma anche fruttuosa, in quanto permette di intervenire sui limiti dei nastri originali, recuperando sonorità, echi, sfumature soppresse, soffocate o semplicemente sparite in sede di missaggio originale. Il difetto più tipico dei dischi prog degli anni ’70 è proprio questo: il suono tendenzialmente confuso, chiuso, impastato del missaggio finale; un difetto dovuto ai continui riversamenti di nastro su nastro, necessari per contenere la gran mole di strumenti impiegati nelle registrazioni. L’avvento del digitale – e delle tecnologie di campionamento del suono – ha permesso di ovviare ai limiti originali delle incisioni; d’altra parte, operazioni di restauro (di questo si tratta in sostanza) di opere che a buon diritto vanno considerate storiche non possono prescindere dal rispetto di quelle che restano le sonorità dell’epoca.

È su questo sottile, difficile ma imprescindibile equilibrio che si muove il lavoro di Steven Wilson: chi acquistasse le sue riedizioni pensando di ascoltare gli Yes con i suoni dei Coldplay, resterebbe sonoramente deluso; la timbrica, la dinamica, le sonorità delle sue riletture sono quanto di più fedele a quelle originali. Se a qualcuno quel suono non piace, meglio lasci perdere queste riedizioni, tanto per esser chiari. D’altra parte, se certe frequenze non erano presenti nei nastri originali, si ha poco da pretendere di ricrearle digitalmente: il risultato non potrà esser altro che le inascoltabili rimasterizzazioni che hanno funestato il mercato negli ultimi vent’anni, e se si può capire che su impianti basic (o in mp3) queste suonino più “brillanti” e impressive, bisognerà anche capire che le incisioni storiche erano pensate con ben altra filosofia di ascolto, quella per l’appunto cui strettamente (e correttamente) si attiene Wilson…

In altre parole, si tratta di un lavoro dedicato ai fans di lunghissima data e/o dai gusti nell’ascolto più raffinati e attenti. In particolare il lavoro fatto su “Fragile” è probabilmente la prova più riuscita di questa serie, vuoi perché i nastri originali meglio si prestavano ad una rilettura, vuoi per altre ragioni. Certo occorre aver praticato l’opera da lunga pezza, e averla ascoltata nei più diversi formati (dal vinile d’epoca, alle varie rimasterizzazioni proposte nell’ultimo quarto di secolo, passando per le riedizioni in vinile per audiofili) per apprezzare il lavoro ora proposto. Ad un ascolto superficiale, di differenze con quanto conosciuto se ne notano davvero poche; ma ad un ascolto invece più attento, puntuale e partecipato, risaltano in ogni dove maggiore chiarezza e leggibilità degli strumenti, una profondità spaziale ed una plasticità più spiccate. In sostanza una pulizia sonora migliore di quella ottenuta con le releases precedenti. Certo, qualche affollamento sonoro resta, qualche residua traccia di distorsione rimane (si ascoltino ad esempio le parti corali di “Roundabout”), ma si tratta con tutta evidenza di difetti connaturati ai nastri originali, frutto – come ricordavo – di sovraincisioni e riversamenti ripetuti, con quanto ne consegue. Per dirla tutta, nemmeno questa versione eguaglia la meraviglia e la spettacolarità ottenute da Wilson con i lavori dei Jethro Tull e dei King Crimson, ma il difetto, come suol dirsi, sta nel manico. Al momento, miracoli non se ne fanno.

E dunque, anche in questo caso, se non si può parlare di “edizione definitiva” (figuriamoci se la casa discografica mollerà l’osso…, e comunque la tecnologia avanza), di certo questa di Wilson ha senza meno lo status di edizione di riferimento. Peccato (e incomprensibile) che di questa serie non vengano pubblicate le versioni in vinile: il valore aggiunto sarebbe davvero considerevole. Non essenziali le bonus tracks, peraltro inedite, con la sola eccezione della full version di “We Have Heaven” e forse dell’alternate take del solo di Howe, non all’altezza di quella conosciuta peraltro.

Infine, una nota sull’artwork. La versione in “mini lp”, con la riproduzione in formato ridotto della copertina in cartone, riservata alla versione cd+bluray, per una volta è quasi all’altezza delle analoghe stampe giapponesi. Notevole.


Jon Anderson: voce
Steve Howe: chitarre, voci
Chris Squire: basso, voci
Rick Wakeman: tastiere
Bill Bruford: batteria

Anno: 2015 (1971)
Label:  DGM/Panegyric
Genere: Progressive Rock

Tracklist:
01. Roundabout
02. Cans and Brahms
03. We Have Heaven
04. South Side of the Sky
05. Five per cent for Nothing
06. Long Distance Runaround
07. The Fish
08. Mood for a day
09. Heart of the Sunrise
Additional tracks:
10. Roundabout (rehersal take, early mix)
11. We Have Heaven (full version)
12. South Side of the Sky (early version)
13. All Fighters Past
14. Mood for Another Day
15. We Have Heaven (acapella version)

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