Ad una prima superficiale analisi, il nuovo progetto di Neil Young potrebbe effettivamente sembrare superfluo, sostanziandosi in una raccolta di suoi vecchi brani re-intrepretati in veste acustica, modus interpretativo comune a tanti dei suoi concerti eseguiti in solitaria.
Da un punto di vista squisitamente filologico, inoltre, il progetto sembra avere poco senso, accorpando brani attinti dagli album “After the Gold Rush” (1970), “Comes A Time” (1978), “Ragged Glory” (1990), “Sleeps with Angels” (1994), “Mirror Ball” (1995), “Are You Passionate?” (2002) e “Barn” (2021) nonché da ben tre titoli dei Buffalo Spingfield (l'omonimo del 1966, “Again” e “Last Time Around”, pubblicati nei due anni successivi). Se si considera che un'ulteriore traccia è pescata dalle sessioni di "Trans", si può senz'altro affermare che questa fatica discografica attinge da opere diversissime tra loro, in origine genuina testimonianza di uno spettro sonoro assai esteso e stratificato, oggi omologato in un unico contesto, quello acustico, assai familiare al singer nord americano. L'opera è suonata dall'artista in solitaria, accompagnato soltanto in una manciata di brani dal vibrafono e dal piano di Lou Adler, nonché dalla "electric guitar & amplifier tech" (!) di Jeff Tweedy della band Wilco. Confessiamo che i progetti unplugged, quando afferenti a brani rock originariamente concepiti al preciso scopo di iniettare adrenalina nell'ascoltatore, sono assai poco accattivanti: Kiss, Def Leppard, Pearl Jam, Nirvana solo chitarra e voce? Ma anche no, grazie! Con Neil Young il discorso è ben diverso, avendo egli nel tempo reso familiare al suo pubblico un dualismo espressivo equamente diviso tra rock e acustico: basti guardare al suo consistente repertorio, da lui spesso reinterpretato dal vivo con incursioni ripetute nell'uno e nell'altro genere; per non parlare di album come "Rust Never Sleeps", "Freedom" e "Harvest", che offrivano questo splendido dualismo sonoro in una formula che ancora oggi risulta attuale (i primi due, peraltro, erano connotati dalla presenza dello stesso brano suonato in versioni distinte). E quindi, ben vengano le soppressioni dei ruggiti che connotavano in origine “I’m The Ocean” (da “Mirror Ball”) e “Mother Earth” (da “Ragged Glory”, già ripreso anche in "Earth", pur in termini meno graffianti) o il restyling di “A Dream That Can Last” (da “Sleeps with Angels”), finalmente privo di quell'odioso e invasivo proto-clavicembalo. Per non parlare di “When I Hold You In My Arms” (da “Are You Passionate?”), un blues ordinario nella sua versione originale, oggi definitivamente elevato a nuova vita. E che dire dei brani dei Buffalo Springfiled, che adesso non suonano più datati, e di “Comes A Time”, non più una canzone country ma una "lost song" che sembra attinta direttamente dalle session del citato Harvest? Non tutto è perfetto: tralasciando considerazioni sulla pessima copertina (tra le più brutte dell'intera discografia), e concentrando lo scritto sui singoli brani, “Birds” (da “After the Gold Rush”), “Don’t Forget Love” (da “Barn”) e “My Heart” (da “Sleeps with Angels”), intimi erano in origine ed intimi sono adesso, per cui non si capisce quale sia la ratio sottesa alla scelta della loro inclusione; "If You Got Love", inoltre, viene largamente spacciata quale traccia inedita ma inedita non è, essendo all'epoca inserita nelle edizioni sudafricana, argentina e sudcoreana di "Trans", nonché nella Limited Edition Quiex II del medesimo album (una audiophile pressing stampata negli Stati Uniti del tutto parallela alla versione normale. In forma di demo, inoltre, la traccia era presente anche in una tiratura non ufficiale di "Reactor". Senza contare che il brano fu largamente suonato nel 1982 proprio nel tour di supporto al controverso album, e quindi risulta presente in diversi bootleg). Al riguardo, più "inedito" appare certamente “Homefires” che, contrariamente a quanto asserito da taluni recensori certamente estranei all'esteso universo discografico del canadese (il brano, ha sostenuto qualcuno nella rete, non è affatto attinto dall'omonimo album, asseritamente pubblicato nel 1993, giacché quest'ultimo, semplicemente, non è mai esistito), è comparso per la prima volta soltanto nel 2012, all'interno del box set di 16 cd intitolato "Decades" (sorta di extended version della raccolta "Decade", pubblicata nel 1977), poi incluso anche in "Neil Young Archives Vol. II (1972-1976)" di tre anni fa (oltre che nei consueti ed innumerevoli supporti pirata). In generale, comunque, quanto profuso dall'artista con la chitarra acustica ha il potere di incantare, mentre i pezzi accompagnati dall'organo annoiano un po' (nel primo lato, si riducono soltanto a "If You Got Love”, "A Dream That Can Last” e "Birds”, mentre nel secondo lato sono tutti tranne "Comes A Time"). In chiusura, e si torna a parlare di aspetti positivi, c'è anche la novità rappresentata dai 13 brani che si sviluppano senza alcuna soluzione di continuità, dando vita ad un unicum espressivo di ben 48 minuti di durata (talvolta, tuttavia, il trait d'union tra alcuni appare non perfettamente lineare). "Le canzoni della mia vita registrate per questo album", ha dichiarato il cantante alla stampa, "creano un montaggio musicale senza inizio o fine. La sensazione viene catturata non in pezzi ma nel suo insieme. Presto alle vostre orecchie, al vostro cuore e alla vostra anima: la musica sfida la mescolanza, l’organizzazione digitale, la separazione. Solo per ascoltare". Non un concept, questo deve essere chiaro, ma quantomeno un accorpamento che sostanzialmente delimita chiaramente i confini di una compagine sonora precisa che, in quanto tale, è perfettamente in grado di sublimare in toto l'ascolto fornendo un quadro generale organico e ordinato. |
Neil Young: guitars, piano, pump organ, harmonica Anno: 2023 |