L'ultimo album di Allan Holdsworth viene oggi ristampato per la prima volta in vinile dalla Manifesto - label sorta nel 1993 dalle ceneri delle Bizarre Records e Straight Records (da non confondere con le omonime etichette britannica e italiana) - già nota ai fan più integerrimi per la pubblicazione del monumentale cofanetto intitolato "Solo Album Collection", che raccoglie 12 vinili del chitarrista (si tratta del live "Then!" del 2003 e di tutti gli album in studio fatta esclusione per l'esordio "Velvet Darkness" e il recente "Tales from the Vault"), alcuni dei quali mai pubblicati in precedenza nel formato 33 giri. L'album di cui qui ci occupiamo, pure incluso in quel cofanetto, è l'undicesimo e penultimo in studio, pubblicato in cd dalla Megazoidal Records nel dicembre 2001, poi ristampato 12 anni più tardi, sempre in digitale, dalla MoonJune Records. L'opera è ardita e controversa: mai come in questo disco il chitarrista esplode le potenzialità del SynthAxe (utilizzato per la prima volta nel 1986, nell'album "Atavachron"), a cui egli affida l'intero potenziale comunicativo del suo incredibile talento visionario, qui magnificato dalle estese possibilità della musica che accompagna un ipotetico lungometraggio a vocazione intimistica e riflessiva (i prodromi di questo album vanno ricercati proprio nel desiderio irrealizzato del chitarrista di sonorizzare un film, qui soltanto ipotizzato); dall'altro, il titolo accusa l'assenza di una vera band di supporto, sostituita, pur egregiamente, da ritmiche e strumenti programmati/suonati dallo stesso Holdsworth (fanno eccezione i brani "Eeny Meeny" e "Don't You Know", ove compare il bassista Dave Carpenter, già al suo fianco nel precedente "The Sixteen Men Of Tain"). Il risultato è quello di far percepire all'ascoltatore il limite imposto dalla one-man band, che si traduce in una generale staticità sonora: il SynthAxe è certamente sublimato in termini di valore assoluto, ma non da un punto di vista generale, con la conseguenza che l'economia del suono generale appare penalizzata dall'onnipresente strumento, talvolta invadente. Per questi motivi, l'opera è caldamente consigliata ai completisti e non ai neofiti, che sono invitati, invece, ad indirizzarsi verso più rappresentativi titoli, come il citato "Atavachron" o i successivi "Sand", "Secrets" e "Wardenclyffe Tower" |
Allan Holdsworth: chitarra, SynthAxe, drum programming, produzione Anno: 2001 |