Questo nuovo live dei King Crimson è di fatto il secondo documento finora pubblicato che raccoglie brani suonati dalla nuova inedita formazione a sette elementi, ancorché dal vivo (il primo è The Elements Tour Box - anch'esso recensito su queste stesse pagine - un doppio cd che raccoglie brani in studio e live dal ‘69 ad oggi, di cui 5 brevissimi estratti dal nuovo lavoro in studio, al momento ancora inedito).
Questa uscita, c'era da aspettarselo, lascia piuttosto interdetti. A fronte di una qualità altissima della musica proposta, rimane incomprensibile la scelta di limitare il set a soli 41 minuti (e non basta che vi siano inclusi diversi classici del passato) e cassare ben due terzi dell'intero live set.
Ne consegue che la manciata di brani proposta non riesce a coprire l'intera carriera del gruppo, cosa che invece è riuscita a quest'ultimo nel corso dell'intero concerto da cui il predetto disco è stato estratto. Tuttavia, compito nostro non è di criticare quello che manca, ma analizzare ciò che viene proposto. L'apertura è rappresentata da uno strano collage che alterna musica pre-registrata (vi è incluso anche un estratto da Island) a brevi improvvisazioni di gruppo. La successiva "One More Red Nightmare", estratta da Red, viene qui suonata dal vivo per la prima volta da che esiste la band. Giova al gruppo la presenza di due chitarre che consentono un efficace intreccio tra gli arpeggi di Fripp e le distorsioni di Jakszyk. La formazione a sette elementi sembra esaltare le caratteristiche di questo storico pezzo: è subito chiaro che questa nuova incarnazione suona potente e versatile, non certo caotica, come era ipotizzabile, non fosse altro per la presenza di tre batteristi (di cui uno, Mastellotto, mai apprezzato completamente da chi scrive, stante il suo stile piuttosto assordante e decisamente poco raffinato). "Banshee Legs Bell Hassle", una tumultuosa introduzione ritmica, precede "The ConstruKction of Light", unico brano estratto dalla recente produzione: macchinoso e irregolare, ma non per questo meno affascinante, il brano viene certamente valorizzato dagli inediti interventi ai fiati di Collins, del tutto inesistenti nella versione originale. E' la volta di tre classici: "The Letters", "Sailors Tale" e "Starless". Anche in questo caso, non possiamo che elogiare questa formazione che, segnalandosi quale la più estesa ed eclettica dell'intera carriera discografica della band, non celebra il passato, ma lo sublima e lo valorizza. Preme qui esaltare il mix operato sulla ritmica (che vede Mastelotto a sinistra, Harrison a destra e Rieflin al centro), che permette un ascolto interessante e accattivante che omaggia l'interazione tra i batteristi. Alla luce di quanto sopra, appare chiaro che c'è da aspettarsi grandi cose da questa incarnazione e, anche se rimane l'amaro in bocca per l'esclusione ingiustificata di Adrian Belew, c'è la consapevolezza che le incursioni sonnolente e appassite dell'album "A Scarcity of Miracles" (proposto da una formazione prodromica di quella attuale, ma decisamente poco avvincente), saranno completamente abbandonate con il prossimo lavoro in studio. Il voto sarebbero molto più elevato, se non fosse per la scelta di limitare pesantemente la durata del set Voto: 85/100 |
Robert Fripp: guitar, keyboards Tracklist: |