Il sesto album di questo particolarissimo e apprezzato quartetto canadese viene pubblicato all’indomani dell’avvicendamento del batterista originario, Jean-Paul Perron, sostituito da Andy Rudolph, un artista eclettico e poliedrico capace di muoversi anche negli scenari asettici ed algidi propri della compagine digitale. Questa sua versatilità consente agli altri musicisti di percorrere, con apparente congenita attitudine, anche strade del tutto inedite che, sposate amabilmente alle già edite tinte psichedeliche, lisergiche e progressive che contraddistinguevano le precedenti fatiche discografiche, permettono al complesso di generare un quadro sonoro del tutto inusuale ove viene rappresentato abilmente un coacervo di molteplici influenze musicali. Fatta eccezione per la rassicurante compostezza di “Saffron Myst”, tutte le tracce del disco sono infatti specchio di quel particolare gusto eclettico e folle che è tipico delle commistioni musicali improbabili, perfettamente in grado, in quanto tali, di suscitare emozioni ed evocare sensazioni che paiono tra loro incompatibili. Si respira aria di «fermento ordinato» in “Expo ‘67” e addirittura di «caos disciplinato» in “Houndstooth Part 2”, brani in cui sembra che i King Crimson più schizofrenici (fermento/caos) suonino alla maniera dei Genesis magniloquenti di “Los Endos”, “Dance On A Vulcano”, “Unquiet Slumbers for the Sleepers”, “In that Quiet Earth” (ordine/disciplina). Ma non è finita: un crescendo inconsulto ma oltremodo epico caratterizza “Aqua Love Ice Cream Delivery Service”, evocazioni lisergiche di floydiana memoria si uniscono ad efficaci sonorizzazioni ritmiche di stampo digitale in “Houndstooth Part 1”, mentre nei due movimenti che caratterizzano “Message from Uncle Stan”, la rusticità accattivante dell’indimenticato Krautrock prende il testimone da efficacissimi echi di jazz canterburiano, ove sono perfettamente riscontrabili le influenze tanto dei primi Soft Machine, quanto degli altrettanto validi Matching Mole. In un tale contesto, è un vero peccato che l’art-work (orribile la copertina, povero il packaging) si attesti agli antipodi artistici rispetto ad una proposta sonora che, invece, collocandosi su livelli di altissimo spessore, saprà certamente esercitare enorme ascendente nei confronti tanto dei nostalgici del prog settantiano, quanto dei cultori del post-prog tipico di gruppi attuali come i Muse, i Porcupine Tree e, soprattutto (senza dubbio), i Mars Volta. 92/100
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Graham Epp: Chitarra, MicroMoog, Farfisa Organ, Farf Muff, ARP String Ensemble, Korg MS2000, piano elettrico e acustico Anno: 2012 |