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Doogie White & La Paz
Shut Up and Rawk

Da noi intervistato recentemente , Doogie White ci aveva effettivamente anticipato in termini lodevoli qualcosa della sua nuova prova con i La Paz.
Doogie è uno che non si ferma mai: dopo aver suonato con gente del calibro di Yngwie Malmsteen, Michael Schenker e, soprattutto, Ritchie Blackmore (nella penultima incarnazione dei Rainbow, dei quali abbiamo recensito l'ultimo live della band, con lui alla voce), dopo aver pubblicato un ottimo album a suo nome (qui la recensione), regala al pubblico la terza fatica a nome La Paz (qui la recensione di uno dei album che l'hanno preceduto), band nata negli anni '80, nel corso dei quali aveva pubblicato due demo, resuscitata negli anni 2000 e proiettata sul mercato discografico grazie anche all'opera di valorizzazione riservatale dalla valida label polacca Metal Mind.

Pur avendo raggiunto un'età che normalmente prelude ad una certa involuzione dell'ugola, Doogie stupisce per la sua longeva potenza vocale, sempre incredibilmente viva, perfettamente in grado di raggiungere i toni alti ricalcando stili e caratteristiche di grandi singer del passato. Ma sarebbe un vero peccato convogliare i pregi di questa prova unicamente verso la voce del leader, giacchè la band tutta offre una prestazione che lascia il segno, ancora una volta, e per la terza volta consecutiva. Del resto, non meraviglia che, in tal senso, lo scozzese abbia recentemente rilasciato positive dichiarazioni tese a valorizzare la coesione del quintetto: “La cosa bella di suonare nei La Paz è che siamo stati insieme talmente tanto tempo in questi 30 anni che ci conosciamo tutti benissimo. Questo aiuta molto nel momento di scrivere nuovi brani: sappiamo cosa fare. Per questo album ci è voluto un bel po’ di tempo, soprattutto a causa degli impegni live di Doogie  e Paul. I demo erano già conclusi nel 2013, poche settimane dopo l’uscita di The Dark And The Light. Siamo partiti da 17 idee e poi le abbiamo ridotte a 11 brani su cui lavorare.”.Detto questo, percorso il range che separa i Whitesnake dei primi anni '80 dall'hard rock tipico degli Uriah Heep fine '70 e dei Deep Purple Mark II (ma post "Perfect Strangers"), il gruppo manifesta doti apprezzabilissime anche in fase compositiva, talchè brani come "Retribution Blues" e "The Prize" (che, parlando di influenze e stili, si rifanno chiaramente alle prima e all'ultima delle band sopra citate), rappresentano un marchio di fabbrica quanto mai avvincente.  

E per brani come "Heart Of Stone" e "A Certain Song" - che, seppur gradevolissimi, sembrano plagiare pericolosamente altre cose del passato, sempre a firma dei La Paz - ci sono perle dal sapore bluesy come "Faith Hope And Love" e "Miss Dynamite", che conservano il potenziale del classico d'annata, per non parlare di "Daughter Of Time", perfetta commistione tra heavy e influenze orientali. In chiusura l'ennesimo omaggio alla band di Coverdale (praticamente rincorsa con efficacia in quasi tutto l'album), con la ballata "Book Of Shadows", gentile prima, energica e cadenzata successivamente. Oltremodo Convincenti!

82/100



Doogie White: voce
Chic McSherry: chitarra
Alex Carmichael: basso
Andy Mason: tastiere
Paul McManus: batteria

Anno: 2016
Label: Metal Mind
Genere: Rock

Tracklist:
01. Light The Fire
02. Heart Of Stone
03. No Place In Heaven
04. The Revenge Of El Guapo
05. A Certain Song
06. Retribution Blues
07. Daughter Of Time
08. The Prize
09. Faith Hope And Love
10. Throw Me To The Wolves
11. Miss Dynamite
12. Book Of Shadows

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