Interessante e credibile rivisitazione de "La casa di Bernarda Alba", opera teatrale scritta da Federico García Lorca poco prima della sua morte. E' piaciuta la scenografia a vocazione mesta, finanche cupa, particolarmente adatta ad una rappresentazione nella quale risulta centrale il ruolo rigido della protagonista, una madre che, a seguito della morte del marito, imprime una direzione claustrofobica alla vita delle cinque figlie, richiamando gli stilemi del lutto più rigoroso. Appare sensata anche la scelta del regista Giuseppe Venetucci di non far mai abbandonare il palco alle otto attrici, semplicemente facendole girare in direzione opposta alla quarta parete allorquando la sceneggiatura imponga loro di uscire di scena: ciò forza il pubblico a poggiare sine die lo sguardo su un alveo volutamente oscuro, quasi opprimente, reso tale anche grazie all'utilizzo di abiti neri, come impone il severo protocollo luttuoso, e ad un gioco delle luci che sublima la tecnica del chiaro/scuro. La recitazione è esemplare: queste donne, che siano giovani (le figlie) o adulte (la serva e la nonna, rispettivamente interpretate da Nunzia Greco e Maria Cristina Maccà), percorrono un range espressivo piuttosto esteso che va dall'atteggiamento di mesta sudditanza nei confronti della matriarca, alla ribellione pura, testimonianza, più che di un'atteggiamento di rifiuto, di un auspicato desiderio di emancipazione, purtroppo lontana dall'essere raggiunta. Dorotea Aslanidis, infine, riesce così abilmente a tratteggiare la durezza di Bernarda, la madre dispotica, da fare quasi apparire quest'ultima virtualmente nascosta da un granitico muro di inespressività, quasi fosse priva di un minimo substrato morale. Rispetto all'opera originale, infine, si segnala la variazione riguardante il finale: in questa trasposizione, Bernarda spara al promesso sposo della figlia maggiore Angustia, mancandolo e uccidendo per errore Adele, altra figlia con cui aveva intrattenuto una relazione clandestina (nella stesura ad opera dell'autore, invece, la madre finge di uccidere l'uomo portando l'innamorata al suicidio). Ciò è comunque ininfluente, ai fini del senso della storia, il cui scopo è quello di tratteggiare una società arcaica ove la rigida suddivisione delle classi sociali e una morale severa, a tratti bigotta, condiziona giocoforza l'agire quotidiano fino alle più drammatiche conseguenze. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 27 maggio 2023. |
dal 23 al 28 maggio 2023 |