Home Recensioni Live Orchestra del Teatro Comunale - Bologna, Auditorium Manzoni, 6 giugno 2024

Orchestra del Teatro Comunale
Bologna, Auditorium Manzoni, 6 giugno 2024

Programma non troppo consueto, ma estremamente interessante, per la stagione sinfonica del Teatro Comunale di Bologna con un omaggio a Josef Suk e a Ferruccio Busoni nel centenario della morte.

Sebbene influenzato da Richard Strauss, Suk intraprese una strada diversa. Le sue orchestrazioni sono altrettanto brillanti ed esotiche, ma prive di talune sfrontatezze e opulenze di quest'ultimo. La suite Fairy Tale è un arrangiamento ed espansione della musica di scena che scrisse per il racconto drammatico Raduzand Mahulena di Julius Zeyer nel 1889 e traccia il destino amoroso dei due personaggi del titolo. Dendievel e l’Orchestra del Comunale sono riusciti a valorizzarne i passaggi morbidi e quelli drammatici ed autorevoli senza risultare ampollosi esaltando i cambiamenti di atmosfera e colore attraverso un'interpretazione espressiva e sensibile; buoni anche i cambi di tempo gestiti con precisione dal direttore preservando la coerenza del flusso musicale. Menzione speciale per il primo violino Emanuele Benfenati che nei soli è risultato caldo, teneramente struggente, avvolgente nel suono e sempre solido anche in posizioni particolarmente alte.


Il Concerto per pianoforte, che Busoni completò nel 1904, è per certi versi un unicum della sua produzione. ma anche una composizione totale. Nei suoi ultimi due decenni prediligeva colori tenui e forme oscure, la sua musica si marca in senso metafisico, sempre sul punto di dissolversi oltre l'orizzonte. Il concerto mutua solo in parte queste nuove traiettorie: è una composizione deliberatamente maestosa, esagerata, colma di riferimenti agli stili romantici del diciannovesimo secolo. Esordisce con un pastiche alla Brahms per poi dirottare su fantasie corali beethoveniane, arpeggi lisztiani, meditabondi incantesimi di orchestrazione wagneriana, delicati intermezzi chopiniani, depressive deviazioni schumanniane e folli crescendo rossiniani. Nel movimento finale, il coro maschile intona versi tratti dall’opera teatrale di Adam Oehlenschläger del 1805, Aladdin, addirittura un inno ad Allah. Busoni getta un ponte in sostanza: guarda indietro, al XIX secolo, per trarne ispirazione e alla promessa modernista del XX. Il suo sguardo uditivo si estende oltre l'Europa, verso l'Oriente e l'estremo Occidente, e trova ovunque prospettive di sostanza e spiritualità universali. Vincenzo Maltempo comprende nel profondo lo spirito del concerto regalando linee liriche dal respiro prolungato in una composizione affascinante, ma avara di temi. Fornisce il peso di potenti ottave e la leggerezza del tocco come richiesto, creando un arco unificato dal lungo movimento centrale. Non è semplice per il solista, anche concettualmente, suonare un concerto nel quale gli arpeggi infiniti, le sequenze di doppie ottave e altri effetti spettacolari sono spesso marcati a volume relativamente basso o sono parzialmente coperti dall’intenso fragore orchestrale per un precisa volontà del compositore nella scrittura. Abile quindi la direzione nel ridurre e risolvere costantemente la dinamica evitando il rischio che il pianoforte venga sommerso. Sia Maltempo che Dendievel apportano poi incisività ed energia nervosa al motivo ritmico puntato che prevale in tutto il movimento conclusivo. C’è molto lavoro ben gestito da entrambi; lo stile musicale è estremamente eclettico, dai passaggi puramente diatonici al cromatismo strisciante, attraverso una vasta gamma di dinamiche e un quarto movimento che presenta una frequente alternanza tra metro triplo e doppio. Bravo ancora il solista durante la tarantella del quarto movimento, “All’italiana”, appena dopo la cadenza, nella gestione degli enormi accordi asimmetrici che da destra e da sinistra corrono l’uno verso l’altro e in generale nella esecuzione di salti particolarmente complessi. Il coro maschile, ben preparato da Gea Garatti Ansini, ha denotato un tono pieno e dolce, una buona dizione tedesca e, con solennità e profondità, ha reso il testo finale di Oehlenschläger quasi ultraterreno, voce veicolata e dettame di un antico oracolo.


Martijn Dendievel direttore

Vincenzo Maltempo pianoforte

Gea Garatti Ansini maestro del coro

Josef Suk: “Pohádka – Una fiaba”, op. 16

Ferruccio Busoni: Concerto in do maggiore per pianoforte, coro maschile e orchestra, op. 39 K. 247

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