Da Roma guardando a Londra e sopratutto Los Angeles.
I Reys of Lyght sono nati nel 2008 dall'unione di 5 musicisti già esperti e con altre avventure musicali alle spalle e propongono un'hard rock cantato in inglese che come spesso accade, si ispira fortemente ai classici del genere sia inglesi che americani. Attenzione però a tirare conclusioni affrettate, Rejected, primo e autoprodotto album della band laziale pur non essendo niente di originale, si fa apprezzare per un buon songwriting e per una freschezza melodica davvero rilevante. Si parte subito forte con "Secrets" dove il suono urbano e notturno della band band si amalgama all'eclettica voce di Rey Noman, dalla timbrica più sgraziata nella successiva "Speed runner", dove emerge ancora meglio il piglio melodico del gruppo. Il lavoro delle due chitarre e armonico in alcuni frangenti e duellante in altri, molto somigliante a quello dei Thin Lizzy e dei primissimi Iron Maiden, mentre la sezione ritmica è sempre ordinata ed essenziale. I brani come detto in apertura sono tutti ben scritti e confezionati, la produzione è scarna ma funziona bene per un prodotto del genere, cosi come la pronuncia anglofona è ottima: quello che magari manca è una killer song, un brano che possa emergere sugli altri come potenziale hit single, ma è un problema veniale. Alla raccolta, piena zeppa di episodi rocciosi, non manca una pseudo ballata che rimembra quelle crepuscolari e sdolcinate dei Mr. Big di inizio anni '90 ("Falling Down") e nemmeno un omaggio all'hard rock di chiaro stampo '70s con "Icaurs" dove i Reys of Lyght tirano fuori i muscoli; sul finale di tracklist ecco arrivare a rotta di collo la ruffiana "All i need", la cavalcata carica di groove di basso che strizia l'occhiolino allo street/glam ("For your love") e un'altra ballata, questa volta acustica, dal titolo "Wind Blows", che conclude cosi in maniera rilassata un disco energico e divertente. Rejected è quindi semplicemente un buon album rock, senza vette vertiginose ma sopratutto senza pezzi inutili, la formula melodica sembra essere resistente anche dopo vari ascolti e l'esperienza dei 5 elementi di questo progetto garantisce anche una tecnica strumentale buona ed un songwriting sempre ispirato. Niente male davvero. 70/100
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Oscar Capodilup: Batteria Anno: 2010 |