Album davvero molto complesso questo dell'artista nostrano Gabriele Bellini, almeno da un punto di vista della pura analisi considerando la sua durata e per la fisionomia difforme della proposta.
In effetti queste sono le releases che mettono non poco in soggezione un recensore, il musicista in questione merita tutto il rispetto del caso per i suoi 20 anni di carriera (HYAENA, Ammagamma, Ritmenia Zoo, Dynamo, Shining Fury, G.B. BAND PROJECT, ALMASFERA, etc.), è un vero virtuoso della chitarra ed è ben chiaro che l'intero disco sia incentrato sulla sua preparazione tecnico-compositiva dietro la 6 corde anche se molti aspetti del disco si riducono alla sola accademia lasciandone da parte altri che rendono un disco completo o una proposta musicale interessante in tutto e per tutto, qui invece siamo di fronte forse al tentativo di creare un sound più da colonna sonora dato che il sound è descrittivo ed evocativo ma mai personale a tutto tondo, forse anche per la quasi mancanza totale di vocals, refrains d'impatto, cori e riffing strutturato in modo originale, quest'ultimo invece è costernato da alternative riduttive anche a causa dell'utilizzo della strumentazione e del feeling che si sposta un poco sugli schemi dell'elettronica sincopata per la maggior parte del disco con un sound molto moderno e alternativo. Il sound è a tratti sincopato come dicevo e sul filo del nevroticismo, per poi passare a spazi di relax con chitarra acustica, classica, ampi ed intricati giri che si rincorrono e strutture che si diramano in orizzontale piuttosto che piramidalmente quasi che questo cd funga più da archivio di strampalate idee da musicista istrionico piuttosto che da contenitore di un unico concept sottotitolato in musica. Diciotto tracce si rincorrono, si susseguono e poco o nulla rientra sotto la denominazione di 'orecchiabile', si, le tracce riempiono il cuore degli appassionati della tecnica pura, e qui ce n'é da vendere anche nel settore basso e batteria dato che Gabriele si affida alla collaborazione con vari strumentisti che lo hanno accompagnato in questi anni di carriera, ma l'intero lavoro suona come un poco disconnesso, difficile da apprezzare appieno se non dopo ripetuti ascolti, dopo le tracce "Phenomenon" (che a dire il vero non presenta niente di fenomenale se non nella parte conclusiva con il suo assolo a pioggia) ed "Evolution" (l'unico momento di normalità forse anche troppo comune, con pianoforte e vocals) è proprio la successiva "Lumi" che si delinea come il brano più etereo e particolare rispetto agli altri del set, scorrevole e delicata, dal tocco soave e per una volta sperimentale al limite con la fusion. Anche "Hyperman" suona epica ed onirica, con un mood del tutto particolare e colate laviche di solos con un accattivante riecheggiare ritmico ma si dissolve quasi subito nei suoi 4 minuti e ventuno secondi che bene si riallaccia alle successive song. Il tutto poi si frantuma in mille schegge impazzite nelle quali il buon Gabriele da sfogo a tutte le sue idee, in un atto di forza coraggioso ma scevro di compattezza in un riassunto di tutto il suo background e delle sue preferenze a livello tecnico. Un jukebox dove trovano spazio in una commistione ben suonata rock sperimentale, elettronica, qualche barlume di classica, fusion, flamenco, pop sintetico, jazz, qualche accenno metal, progressive ed industrial. La track 15, "Fadin'Away" è senz'altro la mia preferita, la più aggressiva e preponderante con il suo mood ruvido e industriale al medesimo tempo. Il cd si alterna con battiti repentini e nevrotici ed altri di ampio relax in cui Gabriele si destreggia con disinvoltura ma tentando troppo spesso di fare lo Steve Vai della situazione mette insieme un puzzle spesso dissonante che non rende al fine dell'armonizzazione di ogni singolo brano, un tentativo mal riuscito di esaltare l'ascoltatore, con l'unico risultato di perdere in omegeneità durante il cd per poi riprendere certi temi, lasciarne di altri e riprenderli in fase conclusiva. Il giudizio non può che essere di certo positivo, la produzione è ottima, l'esecuzione pure, resta comunque l'amaro in bocca perché una quadratura più personale e 'normale' forse avrebbero reso l'ascolto obbligato per tutti e non solo per una audience di nicchia, “De Revolutionibus Orbium Celstium” è forse il trampolino di lancio per qualcosa di meglio che si prospetta per il futuro, intanto consiglio il disco a tutti coloro che amano questo genere di musicisti poliedrici e privi di limiti stilistici ... 65/100
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Gabriele Bellini: Chitarre, basso Anno: 2008 |