Si dice in giro che Kurt Cobain morì ascoltando questo album. In tal caso non lo biasimo: testi dolorosi, melodie delicate. Un anima che ricerca la cosa più ovvia, più “automatica”: la pace.
Automatic For The People è un album difficile sia per il fatto che all’epoca doveva portare con sé l’eredità del precedente album, Out Of Time, sia per il fatto che di per se è un album riflessivo dai tratti funerei, un album che ti può accompagnare in una transizione emotiva, e quindi rischioso. La fortuna dei R.E.M è stata quella di incontrare lungo il loro cammino il leggendario John Paul Jones, bassista del Led Zeppelin che si è occupato delle sovraincisioni orchestrali del disco nonché la decisione di evitare un tour mondiale andò a facilitare l’uscita di Automatic For The People. Il resto lo hanno fatto le comunità di ventenni sentiti presi in causa grazie ai testi di Stipe che hanno richiamato disagi emotivi tipici di quell’età, conditi da melodie ovattate donate da chitarre acustiche, archi e bassi profondi. Su questo album aleggia un dolore abissale, un vaso di Pandora fatto su misura, ma c’è un contrasto ben udibile. Le melodie, le note, i passaggi racchiudono una certa forma di tenerezza e calma non indifferente e allora ci si chiede cosa in realtà rappresenta Automatic For The People: i peggiori pensieri umani o il miracolo della vita? “Drive” defluisce su un tic tac incalzante, scandisce il tempo che scorre inesorabile, ti porta davanti alle tue domande senza risposta e tu imputato, continui a sentire solo quel tic tac senza sosta. Inizi a camminare insieme a quella chitarra acustica, provando ad accelerare il passo man mano che gli strumenti fanno capolino per poi ritrovarti con i piedi sanguinanti fermo sulle corde incisive di una chitarra elettrica che altro non fa che farti fermare e ripartire. Il tema si sposta sulla morte di un vecchio che lascia ricordi e saggezze preoccupandosi del solo fatto che non vuole essere di peso a nessuno. “Try Not To Breathe” è condita dai cori di Mike Mills e da un ritmo al limite della felicità e spensieratezza, forse ad indicare una vita vissuta a pieno accentuata dalla consapevolezza di non aver rimorsi. Si arriva così a “The Sidewinder Sleeps Tonite” che risulta da un punto di vista melodico il proseguo del brano precedente, ma con tratti più briosi e in qualche modo ironici che vanno a raccontare la storia di un senzatetto che si fa chiamare ad una cabina telefonica. Alla fine di questo brano la scena cambia completamente e da vita ad una culla, a colori pastello, ad una nenia sul dolore. “Everybody Hurts” è un vero e proprio capolavoro che va a rappresentare in modo tenue e pacato il lato oscuro di ognuno di noi, quel lato che molto spesso teniamo nascosto per paura di essere feriti, ed è proprio in questo brano che sono maggiormente impresse le discordanze precedentemente citate. Un testo triste che invita a non mollare davanti alle difficoltà accentuato da una melodiosità da carrillon. “New Orleans Instrumental No.1” è il momento di riflessione dell’album. Messa li non a caso forse per dar tempo all’ascoltatore di capire da che parte sta, permette di assimilare i pensieri e le emozioni, anche se di per se questo brano strumentale racchiude chicche emotive non indifferenti. Stipe riprende i suoi dialoghi nella successiva “Sweetness Follows” cui dolcezza viene incentivata dalla acustica del brano che si protrae per certi versi in “Monty Got A Raw Deal”. Potrebbe essere considerata un “ pezzo da otto” dell’album. Un ritmo perfetto con venature orientali che fanno capolino dal nulla ma che non vanno a nascondere la macabricità del testo che cita l’attore statunitense Montgomery Cliff. “Ignoreland” è forse il brano che più stona nell’album sia per la troppa incisività della melodia, sia per il testo politico e polemico che Stipe ha voluto lasciare in memoria della presidenza di Bush senior, ma i toni vengono ripresi senza troppi fronzoli in “Star Me Kitten”. La triade finale è praticamente perfetta e sembra essere stata scritta per formare una famiglia. Fra dediche ad attori (“Man On The Moon” è riferita al comico americano Andy Kaufman e tema portante dell'omonimo film con Jim Carrey), pura poesia contenuta in “Nightswimming” e la ballata sublime di “Find The River” l’album si conclude con una sola consapevolezza: quella di aver creato il perfetto connubio fra riflessione e terrore. |
Michael Stipe: Voce Anno: 1992 Sul web: |