I padovani Endanger, al loro secondo demo, mostrano con chiarezza esemplare come suonare il progressive metal più puro, senza perdersi dietro ad eccessivi e noiosi tecnicismi e riuscendo, piuttosto, ad emozionare, tramite alcuni interessanti passaggi musicali.
L’autoproduzione, di circa cinquanta minuti, è intitolata “Under a Black Sun”: essendo stata registrata in periodi diversi, è stata suddivisa in tre capitoli, in caratteristico stile prog. La copertina è piuttosto fuorviante, anche se ben architettata, visto che rappresenta uno zombi che sbuca in mezzo a due alberi su una collina, circondato da un cielo nebbioso e da un paesaggio spettrale: un soggetto non certo tipico del prog, probabilmente ideato per spiazzare l’ascoltatore. Il primo capitolo, esclusa una brevissima intro vocale, si apre con “Fury”, brano d’impatto, ma nello stesso tempo melodico, con frequenti accelerazioni e ripartenze, a metà del quale ricordiamo un bel momento atmosferico creato dalle tastiere; segue “Beyond the Mirror”, più ritmata, in cui spicca un buon assolo di chitarra nel finale. Il secondo capitolo parte con la breve “Interlude”, dominata dal pianoforte, accompagnato da una batteria che scandisce il passo; si continua con la lunga e rarefatta “Fola Klöck”, cadenzata, impreziosita da un lungo assolo con tanto di wha-wha, quindi la ritmica si fa notare incalzante, mentre la conclusione è lasciata ad un raffinato pianoforte. Segue l’effettata “Black Emotion”, all’insegna dei cambi di tempo e dei riusciti effetti dark terminali; il capitolo si chiude con “Nicotomania”, lunga ed aggressiva, ancora all’insegna del dark e del solismo chitarristico. Il terzo capitolo è composto da un’unica canzone, la suite “Waiting for Life”, ricca di effetti e di cambi di tempo, tanto da presentare un’apertura alla chitarra acustica, seguita da repentine accelerazioni, ma anche da momenti più melodici dovuti a delle eccellenti tastiere: in particolare, è doveroso ricordare un ottimo passaggio al moog ed un finale ancora riservato al piano. L’album, interamente strumentale, proprio per questo motivo non è di facile assimilazione, è consigliato agli amanti del prog metal e del progressive rock, oltre che agli estimatori del metal tecnico e delle atmosfere elettroniche; al contrario, a coloro che gradiscono l’orecchiabilità del ritornello o la rabbia incontrollata raccomandiamo, com’è ovvio, di dirigersi altrove. 80/100
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Michele Bertolasi: Batteria Anno: 2008 Sul web: |