I padovani Hyra sono autori di un debutto caratterizzato dallo sperimentalismo: “Seek for Salvation”, infatti, non nasce per rappresentare il tradizionale death metal, ma, come vedremo, contiene molto di più.
In copertina spicca l'immagine, piuttosto forte, di un volto di donna segnato dal sangue, per via di profondi tagli e di un fil di ferro legato attorno al collo, mentre nel retro si scopre che i tagli sono graffi provocati dalle unghie di due mani, naturalmente insanguinate; il resto del libretto, privo di testi, contiene le foto dei musicisti. Il CD dura circa un'ora ed inizia con una tipica “Intro”, basata su immagini in musica, tra le quali, in mezzo agli effetti, citiamo il vento, le campane, il rumore di passi seguiti da urla, da un allarme e dalla ritmata “Last Breath”, tanto breve da potersi praticamente considerare la continuazione dell'intro; si passa alla feroce “Depression/Regression” ed alla breve e macinante “Let the Dead Bury the Dead”. La lunga “No Mercy” si apre con il suono di un carillon, seguito da un mid-tempo arricchito da alcuni sperimentalismi. Su “Coward” trovano il giusto spazio un po' tutti gli strumenti: dapprima l'alternanza iniziale tra le chitarre e la sezione ritmica, quindi le sovrapposizioni vocali dei due cantanti, infine l'accoppiata tra basso e percussioni, che lasciano presto il posto alla melodia finale. Su “Lord Belial” spicca un effetto orientaleggiante, simile al suono di un sitar, quindi il brano continua massiccio, con vari cambi di tempo; anche la martellante “Life in Pain” poggia su alcune variazioni di ritmo: le chitarre prima offrono respiro solistico al pezzo, poi si lanciano in altri sperimentalismi effettati, per un finale cadenzato adatto all'headbanging. All'insegna delle percussioni scorrono la compatta “Burning Mind” e “Can't Believe”, ricca di effetti lenti, dapprima quasi pinkfloydiani, in seguito nuovamente orientali; si conclude con la furiosa “Seed of Brutality” e con la rabbiosa “I Hate”, caratterizzata da voci campionate in avvio, dalle percussioni e dal solismo melodico. In definitiva, un disco complesso, che ricorda il suono dei Sepultura di “Roots” con l'aggiunta di alcuni elementi musicali degli Amorphis; il risultato, a lungo andare, si rivela un po' cerebrale e claustrofobico, specie nelle sovrapposizioni vocali, anche se probabilmente è un effetto voluto. Consigliamo l'album agli amanti dei settori estremi, purchè vi si avvicinino con la mente abbastanza aperta e sgombra da preconcetti. 70/100
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Dario Menegatti: Voce Anno: 2009 |