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Slow Motion Genocide
Slow Motion Genocide

Slow Motion Genocide è un progetto nato per caso, come accade un po’ sempre, nel 2008, e partito come side-project all’insegna della sperimentazione; in effetti, la produzione dei tre avellinesi si presenta da subito particolare, in quanto la voglia di discostarsi un po’ da sentieri affollati del rock li ha portati a lavorare semplicemente con chitarra, basso e batteria. Navigare senza l’aiuto delle liriche, affidandosi solo alle note e alle suggestioni di un titolo, è una scommessa grossa, soprattutto se ci si propone di dare, e già dal nome pare evidente sia questa l’intenzione del trio, una rappresentazione della società umana, con le sue brutture, le sue cicatrici, con le nubi che si addensano sul suo futuro. Proponendo come possibile valore-guida la contaminazione, la bastardaggine, che qui è coniugata in musica, ma può essere estesa ad ogni ambito. Scommessa riuscita? Certo, al sottoscritto ci è voluta un po’ di immaginazione a leggere certe cose nei brani che compongono il debutto dei SMG -e in fondo che c’è di male? Sono stato un po’ a rimuginare sul siginificato della sin dal titolo bellissima “Your strenght, my weakness”, e non mi è affatto dispiaciuto- ma sarebbe, a mio parere, ben difficile non considerare suggestiva la proposta del trio. Tanto è vero che in RAI hanno deciso di utilizzare alcuni brani come colonna sonora di un reportage del TG2.

Ulteriore indizio che probabilmente questi ragazzi, puntando su un atmosfera un po’ da soundtrack.hanno dribblato quelli che spesso e volentieri sono i difetti di album strumentali: eccessiva lunghezza, abuso di virtuosismi, a volte un po’ di freddezza. La formula addottata, cinque pezzi di cui tre medio-brevi e due attorno agli otto minuti, rende più immediata la fruizione delle proposta del gruppo avellinese.
In questi 5 pezzi i tre sfoggiano il loro arsenale fatto di chitarre sature e grondanti fuzz, fra atmosfere dilatate e spigolose e passaggi rapidi a energici e grintosi. Un altalena di sonorità cupe e distorte, psichedeliche e a volte malate ma a loro modo melodiche, nelle quali riecheggia il meglio dell’alternative rock (Tool, Queens of the Stone Age, Nine Inch Nails, ecc), il tutto impreziosita da un non diffuso ma piacevole uso di effetti elettronici(sarebbe bello ascoltare ulteriori sviluppi in questo senso), e sotto la direzione marziale di un’imponente sezione ritmica, in primis la batteria che spesso la fa da protagonista; nel bene –l’ottima “Pinball” guadagna punti su punti grazie alle percussioni), e nel male –(“Make or Break” paga un po’ la preponderanza del giro di basso e batteria). In realtà, proprio nell’eccessiva ripetizione di alcuni pattern, che occupano sezioni consistenti di alcuni pezzi presentando poche o nessuna variazione, l’album mostra un po’ la corda, facendo sentire la mancanza del cantato in alcuni passaggi.

E’ un vero peccato, perché per il resto la dinamicità, per dilatata che sia, e le suggestioni un po’ tragiche e distopiche da futuro imperfetto, riescono a sopperire alla mancanza di uno degli elementi principe di rock e derivati. Anzi, io credo che sia bello, una volta tanto, prestare attenzione agli elementi che possono finire in secondo piano se coperti da una strofa o da un refrain.

79/100


Federico Preziosi: Basso
Pasquale Tomasetta: Batteria
Raffaello Pisacreta: Chitarre

Anno: 2011
Label: New Model Label
Genere: Alternative Rock/Strumentale

Tracklist:
01. Deep Needles
02. Make or Break
03. Gamino
04. Pinball
05. Your Strenght, My Weakness

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