I Vaio Aspis nascono nel 2008, a Vicenza, dall’incontro dei residui di un precedente gruppo, i Lash, con un nuovo batterista, prima, e con un nuovo cantante poi, in seguito all’abbandono del singer proveniente dalla precedente formazione.
Stabilizzatisi, registrano il loro debutto, Be the other. Va segnalato che la formazione ha subito un ulteriore scossone, con un avvicendamento dietro il microfono che, come annunciato dalla stessa band, darà “un volto nuovo allo stile del gruppo”, soprattutto grazie all’introduzione di testi in italiano. Limitiamoci però, almeno per il momento, a Be the other, il debutto della band vicentina. Ci troviamo davanti ad 8 brani, intro compreso, alternative rock/metal, con molti riferimenti alla musica dura degli anni ‘90/00: in vari pezzi aleggia l’ombra dei Metallica del “Black Album”, (si riconoscono alcune atmosfere alla “Wherever I may roam” e le voci cavernose che infarcivano alcuni pezzi di quello storico album), e in qualche passaggio si affacciano richiami agli Iron Maiden di inizio millennio, stile “Brave New World”, per intenderci. Ma, precisiamo, non si grida mai al plagio; in generale l’atmosfera che aleggia sui pezzi dell’album non varia di molto nello svolgersi dello stesso: si alternano momenti di metal moderno e “pestone” a passaggi acustici o comunque soffusi (a volte un po’ ripetitivi), e il tutto ha un aria vagamente malinconica, supportata anche dalle liriche intimistiche e ben fatte, ancorché non proprio originali. Però c’è da dire che non tutte le canzoni funzionano allo stesso modo: “Raising inside” è un buon pezzo metal dall’aria vagamente Maiden, breve e compatto, “Lost in Afghanistan” e “Sentence” sono due pezzi pesanti e aggressivi quanto basta, con un bel sound, ma altri brani dimostrano qualche apparente carenza a livello compositivo ; “Suffocated” non riesce a decollare, idem per “Shadows”, sebbene in entrambi i pezzi non manchino le idee. E se “Inconsistenza”, la breve strumentale, è un piccolo gioiello distante dalle sonorità che caratterizzano il resto dell’album, “Feel the rain” si perde nella ripetizione ossessiva del chorus. Al di là di questo c’è, inoltre, da dire che il suono della batteria è poco pieno, piatto, e va sicuramente migliorato in sede di produzione. Altra cosa che mi sembrava da riportare, è la presenza di qualche momento di difficoltà dal punto di vista vocale, qualche passaggio in cui la prestazione del singer non è proprio all’altezza della linea vocale del brano, ma immagino che oramai, visto il cambio di line-up, sia una segnalazione un po’ obsoleta. In definitiva, Be the other è un album riuscito a metà, praticamente nel senso fisico del termine: una metà dell’album funziona abbastanza, nonostante qualche carenza a livello vocale e di produzione, ma un’altra metà dimostra la necessità di affinare le qualità compositive del gruppo. Cosa che ci auguriamo il gruppo abbia già fatto in occasione del radicale cambio che lo ha investito, come avremo modo di scoprire, probabilmente, presto. 67/100
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Maurizio Gioli: Voce Anno: 2011 Sul web: |