Che il punk sia vivo o morto, annosa questione irrisolta e irrisolvibile (e chissene ...), quello che oggi chiamiamo “punk” ha perso gran parte dello spirito di protesta-ribellione che aveva agli albori, sostituendolo, spesso, con quell’anima festaiola e scanzonata che tanto successo ha avuto a cavallo fra i’90 e i primi del 2000.
I Dull, terzetto emiliano, si riconoscono appieno nello spirito descritto, e lo dimostrano in questo Dinamite, secondo Lp della band: 14 pezzi con una media di due minuti, tranne “Kety”, dieci minuti fatti di due pezzi e un delirante coro finale, intervallati da vari minuti di silenzio, che ricordano un po’ “Smash” dall’omonimo, storico, album degli Offspring” , tutti(o quasi) veloci e tirati, sorretti da una buona e vivace sezione ritmica. La formula è quella di un punk rock grintoso e melodico, con profonde venature pop, rese interessanti dalla voce roca del cantante (vedi il ruffiano ma divertente refrain della title-track). Alcuni pezzi soffrono un po’ di ripetitività, anche a livello di melodie vocali, soprattutto nella seconda parte dell’album: è il caso di “Kill 3D”,”Spok” e ”Kety”. Il gruppo dà, invece, il suo meglio, soprattutto quando declina il punk in alcune delle forme che lo hanno caratterizzato negli ultimi venti anni, viaggiando a cavallo fra i vari sottogeneri: prendete, ad esempio, lo scream della prima traccia , “Plastica”, o le atmosfere vagamente ska che ritornano in diversi pezzi (anche nella succitata ed eclettica “Plastica”, uno dei pezzi forti del disco). Particolare nota di merito, per “Velamox”, brano già ottimo di suo, arricchito anche da un divertente intro quasi rappato, e per “Digitale”, le due tracce migliori dell’album, insieme al curioso punk blueseggiante di “La lupa”. Gli altri pezzi, quale più (“M.F.S”, “Canzone per un amico”, “Così”), quale meno (“Avvoltoi”, “Talk-Show”), si attestano su un buon livello, e fanno bene il loro mestiere. Rimane però una questione: quando ho parlato della discreta ecletticità dei Dull (sempre rimanendo in ambito punk), pensavo un po’ ai Punkreas, storica formazione nostrana che nella sua carriera ha esplorato il genere in lungo e in largo. Questo “richiamo” è, per me, un grosso punto a favore dei Dull. Dove, però, i due gruppi differiscono di molto, è per quanto riguarda i testi; non che questo sia di per sé un difetto, per carità, nessuno vuole che tutti i gruppi punk sparino solo testi politici, o “contro” però credo che la voglia di testi divertenti e leggeri, in Dinamite, in qualche caso abbia preso un po’ troppo la mano al gruppo; probabilmente questa è solo una considerazione di tipo personale, ma come quelli di “Kety”, “Spok”, “Sobrio e stanco”, mi sono sembrati un po’ vuoti, senza traccia di un argomento di fondo, di un umorismo valido, o comunque di qualcosa di divertente. Ho trovato un po’ inutile anche l’esplicitezza di “M.F.S.”, preferisco che il tema sessuale sia trattato più allusivamente, ma, al di là, di questo, il testo è divertente. Discorso diverso per “Digitale” e “Velamox”, che si confermano ottimi pezzi anche nelle lirycs: il primo, uno sfogo verso l’odiato (almeno da me) digitale terrestre, il secondo verso le “droghe legali”, con tanto di paragone con l’erba( tema classico del reggae/rap nostrano); sentendo questi due pezzi, posizionati all’inizio dell’album, capirete perché mi era venuto in mente il paragone con i Punkreas. Anche “Plastica” e “Canzone per un amico”, nella loro surrealità ai limiti del geniale, meritano sotto questo punto di vista. Per concludere si può dire tranquillamente che Dinamite è un album perfetto per chi apprezza il genere, e vuole concedersi un po’ di musica tosta e poco impegnativa, con delle melodie che dopo qualche ascolto entreranno sicuramente in testa, e qualche tratto distintivo interessante 73/100
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Marco Reverberi Anno: 2009 |