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Elettrocirco
Elettrocirco

Elettrocirco è un gruppo (uhm,forse sarebbe corretto dire “gli Elettrocirco sono”, ma al singolare rende l’idea di un’entità quasi a se stante, una sorgente musicale autonoma, non solo il prodotto di un gruppo di musicisti) italiano, nato nel 2008 e originario della Val d’Aosta, di alternative rock; la definizione, come spesso accade, è un po’ limitante: il sentiero che l’Elettrocirco cerca di tracciare all’interno del panorama rock non è tanto teso a creare un linguaggio rock “alternativo”(è qui che il termine può ingannare), destabilizzando o demolendo quello preesistente, ma quanto a creare qualcosa di nuovo attingendo a piene mani dalla tradizione, anzi da più tradizioni di diversi linguaggi musicali, e reinterpretando il tutto attraverso il proprio gusto. Pertanto, credo, che sia necessario tracciare, almeno approssimativamente, le coordinate stilistiche del gruppo, prima di procedere con una descrizione più accurata degli 8 brani che compongono questo debutto, descrizione che, ad ogni modo, non sarà troppo particolareggiata: si tratta di uno stile originale e di una formazione nuova, meglio non svelare la “sorpresa”. In breve, si tratta di un rock venato tanto di noise, quanto di blues e di prog, caratterizzato da un cantato melodico e fortemente debitore verso la tradizione della canzone italiana e il soul e dalla presenza di spunti elettronici, che non prevaricano mai l’anima fortemente rock dei brani, ma impreziosiscono le trame della sezione ritmica e della chitarra, che già si rende protagonista grazie ad un ottimo uso del wah e di altri effetti. Qualche riferimento più preciso è difficile da dare, sicuramente è forte l’influenza dei maggiori nomi del rock italiano, a cominciare da quelli dell’ondata prog dei ’70 (Balletto di Bronzo, Area), ma, soprattutto per quanto riguarda i testi, ho notato anche alcuni punti di contatto con i Litfiba, ad esempio la bellissima e particolare ballad “Elementale” (che anche musicalmente non è molto distante da alcuni delle strade percorse da Renzulli e soci) e “Maledizione”; in alcuni dei passaggi più irruentemente noise, mi è venuto in mente il Teatro degli Orrori, anche se ovviamente, trattandosi di due gruppi contemporanei, possiamo al massimo parlare di similitudini. Queste influenze, come già accennavo prima, non sono amalgamate in modo da creare “sensazione”, da stupire e rivoluzionare, ma sono incastonate fra di loro armoniosamente, in una forma nota, che è quella della canzone rock. Le 8 tracce dell’album spaziano, quindi, su un territorio musicale vasto, presentando una gamma abbastanza ampia delle possibili declinazioni dello stile del gruppo: si va da pezzi tirati al 100%, come “Meglio Smettere” o “Biancaneve”, a brani tosti che alternano passaggi pesanti a momenti dalle atmosfere rilassate, acide, o smaccatamente pop; è qui che, secondo il sottoscritto, il gruppo da il suo meglio, dimostrando di saper coniugare riff “duri” e momenti strumentali avvincenti (“Maledizione”, un brano potente davvero ottimo) a ritornelli che non sfigurerebbero in radio, come quelli di “Autostrade perdute” o “Laido Maggio”, grazie anche alla particolare voce di Diego Tuscano, che alterna un cantato prettamente rock a registri più “poppeggianti” e che strizzano l’occhio, come già accennavo prima, al soul e alla canzone italiana (Diego cita fra i suoi ispiratori Ivan Graziani). Non mancano, poi, momenti che ricordano più da vicino il rock settantiano, in primis il prog (ascoltate la tastiera di “Sirio 2222”, brano che è un chiaro omaggio ai già citati Balletto di Bronzo), ma che danno sempre segno di una grande sensibilità melodica. Menzione particolare per “Elementale”, riuscitissima ballad dal testo e dalle atmosfere particolarissime. Momenti deboli, davvero pochi: “Il Blues del posacenere”, che è comunque un buon brano, con un bel testo, è forse, musicalmente, il pezzo meno coinvolgente; per il resto, a parte qualche raro passaggio che non mi ha convinto per quanto riguarda la linea vocale, che poteva essere, a mio parere, più coinvolgente e meno ammiccante, ho apprezzato il lavoro nella sua interezza. In definitiva, penso sia chiaro, ho apprezzato davvero questo debutto: quello dell’Elettrocirco è un modo di fare rock ricercato, ma di facile approccio, soprattutto considerando la complessità di quasi tutti i pezzi, che penso sia proprio quello di cui il panorama rock “alternativo”italiano, e forse non solo quello alternativo-ho già parlato delle potenzialità radiofoniche di alcuni pezzi- ha bisogno. Spero che la formazione si guadagni, nel suddetto panorama, un posto adatto alle sue qualità, le qualità di gruppo capace di deliziare tanto gli irriducibili del rock, quanto, almeno a momenti, le orecchie di chi è abituato ad una musica più mainstream; a condizione, però, che non si sacrifichi il primo aspetto al secondo, cosa che, però, non credo proprio che i 5 dell’Elettrocirco, fondamentalmente rockers, siano capaci di fare.

89/100


Daniele Iacomini: Basso, voce
Jean Fontain: Tastiere, skretching, voce
Giancarlo Ventrice: Chitarra
Gianluca Chamonal: Batteria, percussioni
Diego Tuscano: Voce

Anno: 2009
Label: Autoprodotto
Genere: Rock

Tracklist:
01. Autostrade perdute
02. BiancaNeve
03. LaidoMaggio
04. Elementale
05. Maledizione
06. Meglio smettere
07. Blues del posacenere
08. Sirio 2222

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