Questa one man band Bielorussa oscura e misconosciuta con il debutto "Zorny Maroz" (creato nel 2002 ma registrato solo a cavallo tra il 2006 e 2007) ed unica release della sua breve carriera si dimostra come una buona fautrice di black metal di stampo scandinavo (Burzum) con un tocco di leggiero soundscape middle europeo di stampo depressive per intenderci (Vinterriket) e dedito alla ‘osannazione’ della natura, musica tetra che descrive le grigie distese naturali della madre terra ispirata dalla solitudine più totale; sognanti tastiere la fanno da padrona e i ritmi blandi delle chitarre distorte, più epici e sofferti che assatanati, cadono a pennello sulla gran parte del cd se non per alcuni momenti in cui lo spirito selvaggio riaffiora con scorribande sempre su toni blandi ma esacerbanti ed aspri più sul versante Immortal se vogliamo fare un esempio calzante.
La lunga track di apertura ci dimostra subito di cosa si parla: "Starfrost In The Winterfog Valley" si apre all'ascoltatore come un'aria sinuosa e malinconica in cui brevi spiragli di sound stratificato e di spessore maggiore fanno capolino per poi lasciare spazio ad una bella e ispirata song in pieno Burzum style di ‘Hvis Lyset Tar Oss’, che mi pare la maggiore influenza della band, senza però dimenticare una buona scorrevolezza del pezzo che nei suoi 12 minuti e più non annoia e tiene sull'attenti con una buona struttura e delle vocals abbastanza soddisfacenti. Il guitar riffing nella seconda traccia "Tliennie (Smoldering)" è più guerresco e trionfale, prende da subito nonostante anche qui le tastiere a tappeto facciano il buono e il cattivo tempo, il ritmo decadente e ‘claustrofobico’ quasi di perdizione fa da ottima cornice ad immagini di inquietudine ed essenza di magnificenza suprema, l'unione del cosmo e la fine imminente. Abbiamo poi 2 tracce più corte, rispettivamente 3 e 7 minuti, "Old Moon & Solitary Star" e "To The Space Beyond", la loro connotazione maggiore è qui quella dell'atmosfera, si passa però dalla cadenza semplice della terza track, una strumentale 'distorted guitar orineted' alla magistrale quarta in cui la precedente ha come fatto come da apripista, qui si ricade su ritmi più sostenuti ed in quella malignità e aggressione tutta nordica che credo piaccia a tutti gli adoratori del black metal scandinavo anni '90. Mi vorrei soffermare anche sulle vocals, in alcuni frangenti ricordano molto lo stile di Burzum in altri si avvicinato ad uno più vicino a cose come Absurd e Graveland ad un 'rasping' style od oserei dire 'gracchiante' più che stridulo. Il cd si chiude con una quieta melodia di synth: "Estrangement" è dolcemente ammorbante e si dimostra un degno omaggio all'alienazione che le lande desolate ed immense foreste racchiudono, tutto il mistero e l'ispirazione negativa delle bands dedite a questo stile. Il fautore del cd, Antarctis, sta gia lavorando sul prossimo cd, di cui gia si conosce il titolo "Smaljany Zah", anche qui lo stile sarà saturo di atmosfere spettrali e fosche delle foreste notturne, con un suono freddo e oscuro così come appare la natura illuminata dalla sola luce stellare, spero di ascoltare un progressivo miglioramento comunque dato che come prima opera si può essere di manica larga anche di incoraggiamento ma sulla seconda non si potrà che attendere un notevole passo avanti verso la solidità e concretezza. 60/100
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Antarctis: Voce e tutti gli strumenti Anno: 2008 Sul web:
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