Ho i miei dubbi che il disco dei The Way of Purity possa in qualche modo risultare interessante nel marasma di uscite discografiche odierne, il problema cruciale è che i 5 componenti della band stanno ancora lavorando su un cantiere aperto a livello di stilistica, solo che a differenza dei gruppi 'normali' i nostri stanno facendo una gavetta underground a suon di dischi ufficiali (questo è già il secondo) anziché di demo ed ep come una regola non scritta comanda...
Il vero problema della band è proprio quello di volere a tutti costi impressionare quando, a mio parere, si centra meglio il bersaglio concentrandosi su uno stile ben delineato e scevro di amorfismi, infatti come nel precedente disco ci troviamo di fronte ad un connubio abbastanza caotico dove le linee principali di death e black metal si inglobano ad una essenza che quasi sfiora l'hardcore melodico e poi stride sulle stratificazioni 'effettate' dove si cerca di innestare in alcuni episodi del dark gotico ed elettronica con un risultato finale che sa di crossover alternative estremo, ma scialbo e confuso dove si rovinano anche quei pochi momenti estremi di valore vanificati da improbabili vocals pulite femminili e intermezzi da 'soundtrack easy listening' lontani dalla musica metal estrema di nicchia pur sempre votata all'innovazione. Se poi aggiungiamo un concept che cerca in ogni modo di risultare originale a tutti i costi, sopra ogni logica di coerenza diventando fastidioso come il populismo puerile e adolescenziale di chi vuole andare sempre contro pur di differenziarsi ( ghettizzarsi) ostinatamente ed apparire più 'pseudo artista' possibile, allora abbiamo raggiunto la sommatoria di ciò che (almeno per il sottoscritto) non si dovrebbe presentare su di un disco metal. I TWOP si presentano invece con questo secondo disco a distanza breve dall'uscita del loro ep Biteback con una nuova cantante dal nome Marja Panic che dimostra di avere un bel growl senza invidiare in toto i vocalizzi maschili, ma come dicevo la ricetta non cambia, siamo di fronte ad un disco per la maggior parte tirato, con uso di blastbeats e di riffing possente, scorribande nel semi-tecnicismo (vedi batteria) e notevoli impostazioni metal core, specialmente nell'uso delle ritmiche serrate dalle linee semplici. Subito chiaro il sound del gruppo sin dalla prima song "Artwork Of Nature" che si divide su una sospensione tra musica evocativa al limite del fraseggio black melodico e martellate core. Già dalla seconda "Death Abound Everywhere" si capisce che la musica non cambia, sempre la solita tensione nei brani, un crocevia che nonostante la voce pur sempre death ma riconoscibilmente femminile (a la old Cadaveria per intenderci) si arricchisce di tastiere in sottofondo ed accelerazioni death core con una particolare attenzione e cura sulla batteria che fa la sua porca figura (grazie anche alla registrazione e missaggio) ma che non colpisce nel suo insieme, che dire poi di "Eleven" dove si cambia proprio per spezzare la monotonia ma si scade nel female fronted alternative melodic metal a la Lacuna Coil e simili dove non basta la voce pulita di Giulia Stefani per sollevare le sorti del brano, anzi forse si ottiene proprio il contrario. Si presegue con "Eternal Damnation To René Descartes" più ipnotica ed ancora più radente con il death core al metronomo a me non troppo congeniale poiché ultra inflazionato e già sentito, il pezzo inizia e finisce senza sensazionalismi. Un pò meglio "Keep Dreaming" che inizia con un travolgente black/death metal melodico in pieno stile nordico ma non basta a sollevare le sorti del disco, è comunque un pezzo più trascinante pur sempre nella sua semplicità, forse per i suoni e il sound avvolgente, anche qua però le vocals non sprigionano la giusta dose di potenza cavernosa. La sesta track "For All..." mi ricorda qualcosa che non riesco a focalizzare in questo momento ma non brilla per originalità. "The Last Darkest Night" si ripropone con le vocals femminee alquanto gothicheggianti e lacrimevoli che ripropongono il mood imperante della prima parte degli anni 2000, ma a me non piaceva allora e oggi sa anche di trito e ritrito, non basta la parte spezzata dove incombe un tech metal cadenzato, un sound già completamente espresso e sintetizzato dai mostri sacri, anche la parte finale con le basi elettro dark non impressionano più di tanto. "A Time To Be Small" poi si tuffa su uno stile iniziale a la Katatonia con ampi respiri aulici ed evocativi, la track promette bene ma poi si addolcisce di più e la trama diventa noiosa e con poche sorprese in fase di arrangiamento, premio solo il batterista per le scelte esecutive ma nulla di più...che si tratti della ballata del disco? No, in realtà è una irriconoscibile cover degli Interpol gruppo post dark wave americano che non ha lasciato un grande segno nella storia della musica. Certamente questa è la track che meglio si addice al moniker della band anche se il finale doom death non è malaccio con finalmente un bel gutturale a far capolino. La decima "Lijty Crjsty" è la classica song fatta ed eseguita di getto come di riempimento di un disco stanco e privo di innovazione ma del solito mix frullattutto, un fluire verticale senza filo musicale ma semplice decostruzione in una escalation di riffing assassini e vocals al vetriolo e un refrain simil math core ipnotizzante... Se devo dare mezzo voto in più lo darò alla veste grafica del disco, un digipack bianco con scritte e disegni (simbologia rivista dalla band) in nero, davvero degno di una uscita importante, peccato davvero perché secondo me il gruppo c'è a livello di tecnica di base e anche di approccio alla musica, basterebbe solo tenere i piedi ben saldi a terra ed usare la testa per creare musica davvero originale non per accomunare più fan possibili (gli eterni 'indecisi' per usare un termine tanto in voga in periodo elettorale...). Questo gruppo ha tutto quello che dovrebbe avere una band con manager, bella vocalist, concept disuguale dagli altri, alone di mistero, buona tecnica di base, varie influenze che ammiccano anche a generi opposti ma pecca di originalità. 55/100
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Marja Panic: Voce Anno: 2012 |