Quando nel 1974, il tastierista Roberto Bacchiocchi, il sassofonista Ovidio Urbani, il bassista Paolo Colafrancesco, il batterista Mauro Mencaroni e il loro eccezionale chitarrista Renato Gasparini, all’epoca ancora minorenne, si riunirono in una chiesa sconsacrata situata nel centro storico di Serra San Quirico, in provincia di Ancona, nessuno poteva immaginare che, di lì ad appena un anno, sarebbero sorti gli Agorà, una realtà jazz-rock talmente considerevole, da esordire dal vivo direttamente al Montreux Jazz Festival, pubblicare due dischi nel biennio 1975-76 per una major del calibro della Atlantic, essere nominata dalla critica discografica quale migliore band italiana del 1976: per dirla in breve, nella estesa compagine jazz-rock nazionale degli anni ’70, questo gruppo era ritenuto l’erede naturale del Perigeo, il cui inaspettato dirottamento verso sonorità pop pareva alludere ad un virtuale passaggio di testimone. Nonostante queste premesse, il gruppo continuerà la sua attività per soli tre anni, per poi sciogliersi prematuramente nel 1980. I singoli musicisti si dedicheranno quindi ad altri progetti: al riguardo, vale la pena citare almeno Ovidio Urbani e Massimo Manzi (batterista della band in occasione del mai realizzato terzo album), diventati in seguito apprezzati turnisti in ambito jazz, e il chitarrista Renato Gasparini, futuro collaboratore del noto produttore Claudio Fabi (già direttore artistico della PolyGram Italia nonché dell'etichetta Numero Uno di Lucio Battisti), che si metterà al servizio di artisti quali Paolo Conte, Massimo Bubola, Edoardo Bennato, David Riondino (per quest’ultimo artista registrerà le chitarre insieme a Franz Di Cioccio e Patrick Djvas, praticamente due terzi dell’attuale PFM). Degli Agorà, quindi, si parlerà soltanto in qualche rara retrospettiva monografica o, ancor di più, in occasione delle sempre più numerose fiere del disco usato e da collezione, allorquando incalliti appassionati avrebbero mercanteggiato per vendere/acquistare i loro due album, divenuti introvabili e carissimi (soprattutto il primo, difficilissimo da trovare in ottime condizioni giacché caratterizzato da un art-work tanto affascinante quanto delicato). Orbene, in questa sede vi parliamo del terzo lavoro della band, uscito proprio in questi giorni, documentante un arco temporale che va dal 1977 e giunge ai giorni nostri. L’opera può essere analizzata effettuando una virtuale tripartizione cronologica, come di seguito espresso: 2003: agli inizi degli anni 2000, il progetto Agorà viene rilanciato in chiave completamente acustica: quattro dei membri storici (Gasparini, Urbani, Mencaroni e il bassista del secondo album, Lucio Cesari), decidono di comporre una formazione estesa, facendosi affiancare da ben cinque nuovi musicisti, tra i quali preme citare almeno il chitarrista Maurizio Mercuri (cui spetta il merito di aver stimolato il citato Gasparini a riformare la band) e, soprattutto, Carl Potter, straordinario percussionista statunitense in possesso di un curriculum stellare (collaboratore, tra gli altri, di Herbie Hancock, Alphonso Johnson, Charles Mingus, Dizzy Gillespie, ma anche degli italiani Napoli Centrale, Pino Daniele, Lucio Battisti, PFM e Banco del Mutuo Soccorso). Il risultato si concretizza in 6 brani di grande spessore interiore, come peraltro da tradizione ormai consolidata. Una voce femminile di particolare raffinatezza, un piano quanto mai aggraziato ed una complessa ma mai invasiva intelaiatura percussiva, tinteggiano brani di stampo surreale e fantasioso (Work in progress, Ichinen), marcatamente orientati verso atmosfere jazz (Oceano), di taglio squisitamente malinconico (Sensei), perfettamente in bilico tra canto popolare e nenia fanciullesca (Tre maggio). Infine, l’intreccio di chitarre acustiche che contraddistingue Istante per istante, catapulta il gruppo addirittura verso lidi marcatamente folkeggianti. 2012: a distanza di 10 anni, viva e vegeta, la band rinnova il proprio organico e proietta definitivamente il proprio sound nella già percorsa compagine acustica: il trio “storico” Gasparini/Urbani/Cesari è ora affiancato dal chitarrista Gabriele Possenti e addirittura da un violoncellista, il blasonato Gianni Pieri, che vanta trascorsi negli etnici NU Indaco e nella prog band Solar Orchestra (il chitarrista Mercuri rimarrà legato alla band, ma in veste di mero produttore). Ne scaturiscono due inediti e tre rivisitazioni di brani storici. La nuova compagine sonora risulta decisamente tipizzata dalla presenza del violoncello, strumento del tutto inedito nella discografia del gruppo che permette di rivestire ex novo Serra San Quirico, Piramide di domani e Cavalcata solare (gli ultimi due in forma medley): in totale assenza di batteria e tastiere, incastonati in una cornice ritmica cesellata da basso e chitarre, due strumenti così distanti, eppure cosi conformi tra loro, quale il violoncello e il sax, rifiniscono in chiave minimalista sprazzi sonori surreali, spesso fantasiosi, talvolta bizzarri. Si tratta dell’apoteosi dell’intimismo, ove la melanconia, l’immaginario chimerico, il fantastico utopistico, esercitano ascendente e magnetismo. E se in Wood of guitar un solo musicista si palesa in vesti così limpidamente methenyane, l’elegante raffinatezza di un duo di chitarristi perfettamente osmotico crea nel brano Work in progress scenari acustici tanto avvincenti da ricordare l’inarrivabile trio McLaughlin/Di Meola/De Lucia. PS: il disco in argomento non è veicolato nei canali tradizionali, ma è distribuito esclusivamente dalla band. Può essere richiesto scrivendo a questa e-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
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Anno: 2013 |